Anticipazione editoriale
di Luigia Sorrentino
Partendo da una drammatica vicenda personale Giovanna Rosadini approda al suo secondo libro di poesie, “Unità di risveglio” in corso di pubblicazione con la casa editrice Einaudi.
Si tratta di un’opera di straordinaria sintesi attorno al tema del risveglio, nel suo significato più profondo: “Il mio corpo è diventato/ un altro./ Non sa più/ chi era. / Si perde tutte/ le risposte, /mi lascia / senza scampo. / Uno scafandro ottuso/ sul fondo del mare.”
(Da: “Unità di risveglio”, Einaudi)
Il risveglio che la Rosadini rievoca fin dalla prima poesia rinvia a un’esperienza profondissima. L’autrice chiama, fin dai primissimi versi, con voce chiara e lucida e nello “scriversi” sempre piu` consapevole, costringe il lettore a percorrere lo stesso cammino, pieno di dolore, fino a una nuova dimensione esistenziale: “La notte mi scivola incontro,/ risale le membra fino a buio completo:/ ed è un conforto che allenta ogni residuo /del giorno, un pozzo che annega/ ogni tentato ritorno di questa luce/ che tutto cancella, di questa nuova/ interezza fatta di avanzi, residui/ che l’anima incolla, assenze/ che nulla controlla.// E sono fuori/ dal rintocco,/ implacabile, di tutte le lancette/ inciampate nella corsa del mondo.” (da: “Unita` di risveglio”, Einaudi).
“Unita` di risveglio” arriva subito dopo “Il sistema limbico” (Atelier, 2008) libro-esordio. Quando l’ha scritto la Rosadini era lontanissima dall’immaginare cosa le sarebbe accaduto, eppure alcune poesie risuonavano gia` allora come una premonizione, un avvertimento: “Il silenzio pullula di voci/ premono sulle membrane/ scoppieranno come piccole bolle/ disegneranno di ischemie/ la polpa del cervello, vuoti/ a mai rendere, aborti/ procurati, prossimi/ buchi neri nello spazio curvo/ che il pensiero non assolve.” (da: “Il sistema limbico”, Atelier, 2008).
In effetti la stessa Rosadini ammette: “Anche ‘Il sistema limbico’ è la storia di un risveglio, in senso emotivo-creativo, e` la storia di un ritorno di consapevolezza riguardo alla pratica della scrittura e al recupero di una dimensione vitale ed emotiva tenuta ‘sotto’ fino a quel momento. E infatti, ne “Il sistema limbico” la Rosadini ci preparava al ‘suo’ risveglio scrivendo in una delle sue piu` riuscite poesie: “Uno stallo prelude al precipizio/ niente piu` motori a sostenere l`aria/ andati i propulsori che tenevano il volo// nell’istante che precede la caduta/ lo sguardo alla foresta di parole/ che tende le braccia, da sotto.” (da: “Il sistema limbico”, Atelier, 2008).
E così nei due libri la Rosadini svela una voce poetica esemplare (e inconscia) che si abbandona a una ‘visione larghissima’ che non ha denominazione, definizione proprio perché immensa.
Intervista a Giovanna Rosadini
di Luigia Sorrentino
24 marzo 2009
“Unita` di risveglio” racconta una storia vera. Ne vuole parlare?
Ci provo, anche se, a distanza di quattro anni, ciò mi costa ancora una enorme fatica. Il 28 maggio 2005, a seguito di un banale cateterismo tubarico all’orecchio sinistro, sarebbe a dire un’ insufflazione, sono finita in coma.
Non ero mai stata sottoposta, prima, a questo tipo di pratica; ma eravamo (con la mia famiglia, Paolo e i nostri due ragazzi, Matteo e Bianca) alla vigilia della partenza per una lunga vacanza negli Usa, che avrebbe previsto diverse tappe, con punto d’arrivo nelle isole Hawaii, dall’altra parte del mondo. Dunque, siccome accusavo un risentimento fastidioso, pensai di mettermi al riparo da possibili guai più grossi recandomi allo studio del mio otorino di fiducia, un medico genovese che mi seguiva sin dall’ infanzia.
Quel sabato mattina (era una tiepida giornata primaverile) partii in auto da Milano insieme a mia figlia, che aveva allora nove anni; saremmo dovute rientrare l’indomani, dopo una serata in riviera coi nonni… Certo non potevo immaginare che avrei rivisto casa mia solo l’autunno seguente, e Paolo e Matteo dopo mesi… L’ultimo ricordo preciso è la telefonata di mio marito appena arrivate a Genova, poi tutto si sfilaccia…
Un arresto cardiorespiratorio da riflesso vasovagale dovuto all’intervento mi ha precipitato nel buio…
Mi sono risvegliata che era già estate piena, alla clinica S. Anna di Crotone, un centro d’eccellenza dove ho fatto i primi sei mesi di riabilitazione… Non riuscivo a muovere la parte sinistra del corpo, ero completamente disorientata spaziotemporalmente, e ho dovuto reimparare, come un bambino piccolo e con uno sforzo indicibile, a fare tutte quelle cose che prima erano normali automatismi quotidiani: respirare e mangiare da sola, camminare, abbottonarmi un vestito, allacciarmi le scarpe, tenere una penna o uno strumento (un bicchiere, un paio di forbici, ecc.) in mano, e, in generale, riabituarmi al mondo esterno e ai suoi ritmi, che all’inizio mi davano le vertigini.
Oggi, se posso dire di aver recuperato tutto dal punto di vista cognitivo, devo purtroppo convivere con una forma di disabilità permanente; ho perso infatti l’uso della mano sinistra, e certo non riesco e riuscirò più a svolgere le attività motorie di un tempo, come correre, andare in bicicletta, sciare, ballare o suonare il piano.
Posso dire ora di aver trovato un nuovo equilibrio, anche se ho pagato un prezzo molto alto, e insieme a me tutti i miei familiari, la cui vita è cambiata radicalmente. Unità di risveglio è il diario-racconto in versi, fra speranze e paure, del mio ritorno alla vita a seguito di quest’esperienza… Di come io abbia cercato di trasformare lo choc per quanto mi è successo, e per la mia nuova condizione, in un nuovo punto di partenza… Ribaltando la rabbia e il lutto per la perdita in punti di forza… Entrando a far parte di un mondo, quello della malattia, della sofferenza, dell’insufficienza fisica, che prima mi era totalmente sconosciuto… Un mondo sorprendentemente giovane, ricco di umanità ed empatia… Trovando finalmente il coraggio, io che scrivo da sempre, di legittimarmi compiutamente questa parte di me stessa, dopo una vita vissuta all’insegna dei ruoli di servizio (sorella maggiore, madre, editor per altri autori…).
C’e’ un filo rosso che conduce e mette in comunicazione i suoi due libri, “Il sistema limbico” e “Unità di risveglio”. Che tipo di relazione è?
Infatti, è proprio così… Anche Il sistema limbico è la cronaca di un risveglio, non in senso letterale, ma metaforico… E qui mi ricollego a quanto ho appena finito di dire: mi ci è voluto molto tempo, per arrivare a una piena consapevolezza di quello che volevo veramente da me stessa e dalla vita.
Io sono sempre stata “quella che scriveva bene”, l’appassionata di libri e letteratura, la protagonista di lunghi scambi epistolari con una rete di amici e sodali sparsa per l’Italia ed il mondo… ho ancora i cassetti pieni dei taccuini riempiti di versi e appunti e pagine diaristiche per anni e anni… Ma questa mia urgenza, o necessità (perché di questo si è sempre trattato) non ha mai trovato sbocco in una pratica riconosciuta; ho sempre avuto, rispetto a ciò, un percorso di approssimazione tangenziale, senza mai riuscire a toccare veramente il punto… Superati i trent’anni, il disagio che questo tipo di scissione mi provocava si è fatto tale da spingermi ad un percorso di analisi, e a una pausa di riflessione rispetto alle direttrici della mia vita di allora… Mi sono presa una lunga vacanza e sono volata a New York dalla mia più vecchia amica, compagna di scuola a Genova da ragazzine e poi naturalizzata americana, oggi psichiatra… Tutto questo mi ha permesso di guardare a me stessa da una distanza critica, e aiutato a mettere a fuoco le cose che da vicino non riuscivo a vedere… E a liberarmi, innanzitutto mentalmente, da una gabbia di sovrastrutture…
“Quando arrivai a New York, in poche ore New York fece ciò che fa sempre alla gente: risvegliò le possibilità”, ha scritto Philip Roth nel suo ultimo romanzo; così è stato anche per me, mi ha rimessa in moto, emotivamente e creativamente.
Credo che la mia scrittura abbia bisogno di fisicità, e questa spesso nasce da una relazione intensa con i luoghi che abito, da una sorta di scambio umorale con ciò che i sensi (dunque la mente) percepiscono del posto dove mi trovo… Così è stato anche per “Unità di risveglio”.
La natura selvaggia della Calabria, prima osservata dalle finestre della clinica e poi, nel periodo di day-hospital che ha concluso il mio soggiorno, esperita direttamente, ha avuto una enorme influenza, anche su un mio pieno recupero del senso e gusto delle cose e della vita.
Tornando, per concludere, al “Sistema limbico”, si tratta, com’è noto, della parte più ancestrale del cervello, il substrato anatomico dove si sviluppano gli istinti primordiali; per estensione, si potrebbe semplificando dire che la realtà prettamente psicanalitica dell’inconscio ha come sede la componente limbica… Una definizione perfetta, per la genesi della mia poetica e scrittura!
Il dramma entra nella sua vita e quindi, anche nella sua poesia, a pieno titolo… Allora, cos’è per lei la poesia? E qual è, per lei, il rapporto tra poesia e ispirazione?
Chiarisco subito che, per me, non esiste nessuna sovrapposizione fra dramma e poesia; è vero però che la mia scrittura nasce sempre dal vissuto, dalle mie vicende di vita: la storia familiare, le mie relazioni e i miei legami, cioè il continuo scambio e interazione e arricchimento che me ne derivano, i miei percorsi di evoluzione e di crescita, che siano quelli di studio, i viaggi fatti, le esperienze professionali… Le cose che ho scelto e costruito, deciso di portare avanti, e quelle che mi sono, semplicemente, capitate, per quella casualità imprevedibile che governa la vita; mi viene in mente la scena iniziale di Match Point di Woody Allen, la voce fuori campo che commenta le evoluzioni di una pallina da tennis di qua e di là dalla rete: “Che cosa conta di più nella vita, aver talento o aver fortuna?”. Fino a quattro anni fa non avrei esitato a rispondere: il primo.
Oggi, dopo aver oltrepassato il confine privilegiato che mi ha garantito per quarant’anni, non ne sono più così sicura: la mia visione del mondo, un tempo improntata a un determinismo moderatamente ottimistico, è cambiata. Nel senso che è mutata, profondamente, la consapevolezza che deriva dall’aver toccato con mano certe possibilità: esser passati attraverso un’esperienza di morte modifica la percezione interna della realtà, e anche quella di noi stessi…
La malattia ci restituisce, e questo vale soprattutto per noi sprovveduti occidentali, figli della cultura del benessere, il senso del limite… Con questo non voglio dire di aver ceduto a tentazioni nichiliste, o di esser diventata un’inguaribile pessimista, pur se seriamente segnata e provata.
Continuo a pensare alla vita, sia pure laicamente, come a un dono inestimabile, di cui possiamo beneficiare in piena consapevolezza, facendo tesoro della sua ricchezza e complessità; per questo, mi sento più vicina a quegli autori che, pur non sottraendosi a una visione lucida dell’esistenza umana, non rinunciano ad affrontarne con coraggio tutte le implicazioni, ne celebrano il mistero (“il solo, intimo bersaglio della poesia”, come ha scritto l’amico Marco Merlin nell’ultimo editoriale di Atelier), e sostanziano la loro scrittura degli umori e dei sapori di ciò che attraversano, o da cui sono attraversati… Penso ad esempio a un grande Maestro purtroppo scomparso, Raffaello Baldini, con cui ho avuto il piacere di lavorare e che mi ha gratificato della sua amicizia…
Ha scritto Louise Bourgeois, un’artista che amo molto: “Never depart from the truth even though it seems banal at first. In painting truth is nature. All movements painted by Picasso have been seen and felt; he is never theatrical”. Anche io, mutatis mutandis, la vedo così…
per Paolo
L’ultimo ricordo è la tua voce,
prima che tutto si confonda
e poi sbiadisca, in controluce;
dopo c’è stato un volo nella notte,
un tuffo dentro l’acqua più profonda,
lo scivolare netto dove l’ombra inghiotte
l’aria, e l’onda è un vortice che spiomba…
Mentre ogni cosa rimbomba per voi
che rimanete, a custodire il corpo inerme
chiuso nel silenzio e nell’assenza,
ormai slacciato da ogni appartenenza…
da: “Unita` di risveglio” di Giovanna Rosadini