Viviana Scarinci ha una scrittura forte che si pronuncia nel suo farsi parola, che ha la necessità di essere parola scritta, e, in quanto parola scritta, parola dicibile. La sua poesia si snoda da lei innalzandosi come una “voce sopra altre voci”. Viviana avverte la poesia come un regime colmo di imposizioni, regole, che si rispecchiano direttamente sulle sue scelte e sui suoi comportamenti. Riconosce alla sua poesia una “strana forma di normalità” di cui ha dovuto, a un certo punto nella vita, dare spiegazioni. E’ accaduto, ad esempio, quando ha raccontato ai suoi due figli che cosa fosse questa “cosa” che riempie gran parte della sua giornata.
Per Viviana la poesia è “un linguaggio a sé, o addirittura, una sorta di idioma alternativo per comunicare un’esperienza immateriale come quella dell’essere nel suo profondo.” Anche lei, come molti altri poeti che hanno scritto a questo blog, ha iniziato un percorso di scrittura in età giovanile, ancor prima di capire che c’era già allora, il germe di ciò che oggi chiamiamo ‘poesia’. Viviana da allora non ha fatto altro che guardare dal lato in ombra le stesse cose che guardano tutti e con l’ombra di quelle, fare all’infinito ciò che fece la Wendy di Peter Pan la volta che Peter perse l’ombra: “conservarla in un cassetto per poi, al momento giusto, provvedere laboriosamente a ricucirla.”
“La poesia che amo di più non fa che tentare con l’ombra tessiture visibili.”
di Viviana Scarinci
Il padre
1.
sto nelle cose come
un’estensione tua
le proseguo e ti combatto
e non sembra in questo
buco che un dilagare
passando ristrettezze
aggrumate a un centro
così puro che non esiste
come non esiste parola
per cui si cerchi più
di un bisogno ammutolito
l’impronta più fonda
di un claudicare, il passo
che non sostiene e sottrae
protraendo nient’altro
che questo scambio iniquo
di pesi e venti che
la terra solleva
2.
tu lo sapevi l’abitato
la distorsione refrattaria
a darsi conto o pace
ed eri come quelle notti
meridionali che acquetano
le mura in una sola ombra
a segnarti dove
mandare a memoria
dove smettere
la somma delle stagioni
e sui giorni a venire
operati dall’ansia
di sapersi, come
un vago esorcismo
cominciavi a eclissarti
3.
è tutto lì, rintracciabile
attorno a una coerenza perduta
e manifesta che ci attende
non è che passare da un varco
il darsi a questo ricorso
mettendo a dimora ogni sentenza
adesso che una forza
continua a dimenticarci
come fossimo sempre
stati in fuga da quell’animale puro
spaventoso e ora lo si veda
per intero nei nostri occhi
e senza più fretta
di concludergli un assetto
il gigantesco edificio
di ciò che non abbiamo saputo
toccare barrisce la sua mole
enorme, miserabile
Dalla raccolta inedita “Atti del farsi“, di Viviana Scarinci
Biobibliografia
Viviana Scarinci, ex responsabile della segreteria di presidenza dell’Università Popolare di Roma, Upter, e della segreteria generale della Fipec, Federazione Nazionale per l’Educazione Continua, è stata segretaria di redazione di Open, Rivista Italiana di Educazione Continua edita dalla EdUP, Edizioni dell’Università Popolare. Ha lavorato come responsabile amministrativa per Apeiron Edizioni & Distribuzioni. Ha curato per Apeiron Editori, il libro di memorie collettive L’isola di Kesselring. Ha vinto diversi premi letterari tra cui la sezione Scrivere i Colori del Premio Grinzane Cavour.
Le sue poesie sono state pubblicate su Nuovi Argomenti, Atelier, Gradiva, Capoverso, il Segnale, Tratti. Nel Gennaio 2009 è uscito il libro Le intenzioni del baro, poesie 1995-2007 (edito in proprio da ilmiolibro.it del gruppo l’Espresso). Fa parte della redazione del blog collettivo Viadellebelledonne.
Gestisce il blog http://vivianascarinci.wordpress.com/
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Hww5XrSG8UE[/youtube]
Un’ombra non sentimentale,la tua, (e per me è un grande merito) che si pone drammaticamente ma sobriamente tra esorcismo e accettazione, e il bisogno di fare chiarezza prima di tutto in te stessa, attraverso la mediazione poetica.
A quando il resto?
A differenza di chi pubblica troppo, lasci nel lettore la curiosità di leggerti ancora
lucetta
guardare le ombre delle cose e ricucirle non è facile, è quasi un’impresa impossibile ma Viviana ci riesce a quanto leggo. il tritico qui presentato non è di facile lettura, il linguaggio apparentemente semplice invece è complesso e credo ci sia dietro un gran lavoro “di cucito” – è come quelle trine leggere che sembrano facili ed eleganti ma sono costate sangue e dolore. la poesia di Viviana è sapientemente articolata, mai fuori luogo, mai stonata, mai stridente. è una voce forte ed energica, una voce che “barrisce” ma con estrema eleganza e misura. Insomma è un bel leggere. un caro saluto da antonella
“E’ accaduto, ad esempio, quando ha raccontato ai suoi due figli che cosa fosse questa “cosa” che riempie gran parte della sua giornata.”
Che bella cosa. Io quando racconterò alla mia nipotina cosa è la poesia, certamente mi ricorderò di te!
a segnarti dove
mandare a memoria
dove smettere
la somma delle stagioni
e sui giorni a venire
operati dall’ansia
di sapersi, come
un vago esorcismo
cominciavi a eclissarti
Il Padre, meglio di così non avesti potuto parlarne.
Che meravigliosa immagine questo uomo che “somma le stagioni” e sente avvicinarsi un lento tramonto in lentezza.
Sara
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Lucetta, Sara, Antonella le vostre parole mi riempiono di stupore e ve ne ringrazio.
Ringrazio poi Luigia dell’attenzione genuina che ha prestato al mio lavoro e delle parole che ha speso. Davvero grazie. Inoltre le rinnovo i complimenti per la qualità dei contenuti del blog che gestisce e le faccio mille auguri per il proseguimento della sua generosa iniziativa.
Viviana
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Cara Viviana,
la poesia disegna una mappa dove tutto ciò che è detto, scritto, è rintracciabile, e ci attende, attende ognuno di noi. E’ questa la ragione di Opere Inedite: ritrovarci, dentro questa mappa.
è stato immaginifico leggere di enormi strutture ignote che barriscono…sono solo parole che però riescono a disegnare…
Complimenti Viviana, versi intensi e vibranti i tuoi.
La poesia “Il padre” mi ha colpito per la sua compostezza e al tempo stesso cogenza. Una dichiarazione esistenziale ma anche di poetica forte e determinata. Mi farebbe piacere leggere altre tue poesie.
ciao monica
La mediazione poetica.
E’ il tema centrale di questi commenti postati alle poesie di Viviana Scarinci. Mi piacerebbe capire insieme a voi che cosa porta la poesia, intendo dire che cosa avvicina, o che cosa allontana.
complimenti a Viviana, anche a me farebbe molto piacere leggere altre sue poesie.
E per rispondere a Luigia osservo che la poesia più riuscita per me é quella che per la sua intensità apre frane e movimenti silenti nella realtà.O lo sguardo fermo ma stratificato che illumina sapientemente,che capta pulsazioni e respiri profondi che, per la loro forza penetrativa, ci conducono sempre e magnificamente un po’oltre. E come osserva Seamus Heaney :” perché il buio riecheggi, faccio versi “.
ciao a tutti
Donatella Nardin
Donatella, la poesia apre frane, movimenti che spesso il reale – ciò che definiamo reale – ignora. In una giornata d’ottobre, una come tante, di traffico e asfalto, di corsa, andando al lavoro, l’incontro inaspettato con una creatura sconosciuta, una particolare specie vegetale, eccola, fuoriuscire da un muro sbrecciato, in una fioritura fuori stagione. Stabilire una seppur minima relazione con quell’essere infinitamente piccolo mai visto prima, significa entrare in una forza invisibile che sfugge al reale.
Interventi interessanti, mi fa piacere soffermarmi sulla questione della mediazione poetica che coglie Luigia. La prima parola che mi viene pensata al riguardo è irregolarità, questa visione ulteriore del reale (che Luigia fa capire bene tracciandola a sua volta) a cui molti commenti sembrano riferirsi parlando della natura peculiare della poesia in genere, mi sembra la somma di un ambito irregolare. Cioè fuori dalla regola evidente. O da una legge apparentemente condivisa, quella che legiferata ciò che è immediatamente visibile. Ecco l’irregolarità della poesia per me sta nel “cosa” sia immediatamente visibile, se qualcosa di arbitrario, che proviene da tutte le contingenze vissute dalla nascita in poi o un’altra visione. Questa irregolarità per me è un’anomalia prospettica che cresce nella normalità più normale. Con ciò la poesia può diventare anche nel disagio delle persone o nel dolore che talvolta esprime, di quell’utilità che la bellezza fa a chi (spero ancora molti) non la sente merce ma qualità non interessata, né volgare. Ciao.
Certo Viviana, in poesia non esiste l’ ‘ordinariamente visibile’. Intendo dire, che non tutti vedono le stesse cose, quindi anche il concetto di realtà è davvero ampio. Se ci mettessimo tutti, ad esempio, in uno stesso ambiente, interno o esterno, ognuno vedrebbe e descriverebbe, molto probabilmente, qualcosa di completamente diverso. La mediazione poetica crea quindi, un ponte – come altre forme d’arte – tra il visibile e l’invisibile.
La poesia riesce a esprimere con parole scritte le perturbazioni dell’anima che sono ovviamente soggettive per ciascuno, ma che poi è come se si riflettessero in un unico grande specchio fatto di colori e sfumature
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