“Oltre alla poesia Verso un’ecologia del verso che apre la mia raccolta inedita Il potere dei giocattoli, non so trovare parole migliori per parlare del mio rapporto con la poesia. Spero che basti.” (Riccardo Raimondo)
“Perché scriviamo?/ Non ne ho idea./ Ma forse noi neanche scriviamo,// siamo scritti,// subiamo/ come lo scoglio subisce la marea/ l’orgoglio la ferita.// Scriviamo come tuona il fulmine,/ scorre il fiume nel solco scavato,/ la frana crepa rubando lo spazio,/ come la vacca muta muta// fa la cacca// e lo spaventapasseri spaura/ lo stormo mai sazio di verdura.”
di Riccardo Raimondo
“Perché io scrivo? Confesso di non saperlo, di non averne la minima idea e anche che la domanda è insieme buffa e sconvolgente. Come domanda buffa, avrà certamente delle risposte buffe: ad esempio, che scrivo perché non so fare altro; o perché sono troppo disonesto per mettermi a lavorare.”
(Giorgio Manganelli, Il rumore sottile della prosa)
La mia strofa monca
Gracchia la macchia che infetta
questa disordinata memoria imperfetta.
Cornacchia! E il verso mi crepa
davanti gli occhi
come il muretto a secco
quando il bue lo zoccola forte.
E frana la fine che l’uomo
gli aveva imposta:
la triste pensosa
confinata sorte.
Questa la mia strofa corta, monca,
greve di morte.
La mia strofa
Fa, dìsfa diesis di coltri,
condense nel sole oltre la linea
d’orizzonte, la siepe e ancora
e ancora oltre.
« Oltre il verso, l’accapo,
immersa in un suono diverso,
questa la forma in cui sono discesa
come goccia d’infinito
nella carne del poeta:
sfasciata»
dalla sezione Il Potere dei giocattoli
Ciò che resta
C’è qualcosa che lega
il verso e l’istantanea, la trama dei ricordi
e la teoria dei passi nella danza del granchio,
le impronte dei salti del coniglio e l’accapo del poeta…
è la luce che s’appiccica sul fogliopellicola
nell’istante quando tutto non è ancora:
tracce di vita, ciò che resta.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Uo5TxU6KvsM[/youtube]
Biobibliografia
Riccardo Raimondo nasce nel 1987 a Siracusa. Studia, vive e lavora fra Catania e Parigi.
La sua prima raccolta di versi: Lo sfasciacarrozze, A&B 2009, postfazione di Cettina Rizzo.
La sua seconda raccolta di versi Il Potere dei giocattoli, è inedita. Il critico Francesco Pontorno ha dato la sua disponibilità per curare il volume. Il Potere dei giocattoli è anche diventato uno show: una performance teatrale con regia e voci narranti a cura della Compagnia Gesticolando e Chiara Breci, con musiche di Ludovico Pipitò e sculture animate di Ezio Scandurra.
C’è qualcosa che lega
il verso e l’istantanea, la trama dei ricordi
e la teoria dei passi nella danza del granchio,
le impronte dei salti del coniglio e l’accapo del poeta…
è la luce che s’appiccica sul fogliopellicola
nell’istante quando tutto non è ancora:
tracce di vita, ciò che resta.
Sono pienamente d’accordo,
e nn mi piace essere dalla stessa parte,
ma questa volta
qualcuno con gli occhiali per vedere bene
mi ha sconfitto!
che bello riconoscersi in parole non proprie!
leggere e dire
capperi se è vero!
Domanda ai poeti, se possibile. Quando scrivo, ho quasi sempre esigenza di un rapporto forte. Che sia ancora vicino nel tempo o che se ne senta solo la scia sulla pelle, è da lì che parto.
E c’è spesso un referente nelle poesie stesse, referente femminile più o meno reale.
Vedo che per i primi pubblicati,(sono solo mie impressioni non voglio né giudicare, né provocare, è una esigenza di ricerca sulla poesia e, di conseguenza, su me stesso) a parte Viviana e in minor misura Donatella, la figura del referente perde i contorni, sfumano, fino a giungere (sempre impressioni, modeste) all’ astrazione di Riccardo.
Allora domando?… come entrano i rapporti nella vostra poesia? Parlo di rapporti concreti, profondi con le persone intime, in particolar modo con l’eventuale compagna/o… come si manifestano nello scritto? ciao
Grazie per l’ospitalità! Mi piace anche la selezione! Un abbraccio a tutti.
r
# Caro Vincenzo, grazie mille! Mi fai sorridere!
# Caro Luca, il tuo intervento mi rende felice. Dici bene: nella poesia contemporanea spesso i contorni sfumano, si perde il legame con il referente… è un tema che mi sta molto a cuore.
Ma ciò che tento di percorrere, però, è un strada ‘ricostruttiva’.
C’è da dire che Luigia delle poesia inviatole ha scelto quelle più metafisiche, ma la raccolta non manca di “discese” per così dire. Una sezione della stessa raccolta, intitolata “Il mio Jihad” si cala nell’intimo delle mie impressioni sull’individuo sociale, e poi non mancano le poesia d’amore in “Le figlie del fuoco”.
La scelta di Luigia però rende molto l’idea del mio punto di partenza: “Verso un’ecologia del verso” è un moto che parte dall’Idea.
Idea che non significa – secondo me – pura astrazione. L’Idea stessa è reale, non può che avere un referente.
Come ricorda Compagnon l’illusione che possa esistere un linguaggio senza referente è data da una cattiva interpretazione e traduzione della mimesis aristotelica (“rappresentazione”, appunto nella corretta traduzione, e non “opera mimetica” – il senso cambia molto) e, soprattutto, da un rifiuto d’ogni idealismo. Oggi gli studi di neurolinguistica sul linguaggio e sulla negazione nel linguaggio (di Andrea Moro) aprono nuove frontiere per comprendere la realtà e per recuperare un approccio anti-strutturalista, ma generativo.
La mia astrazione cerca di essere, se mi permettete i termini, analogica e dialogica allo stesso tempo.
Mi piace pensare all’aureola del poeta che Baudelaire descrive sporca di fango e bistrattata. è ora di recuperare quell’aureola, ripulirla, ricostruirla (recuperando i frammenti… riciclandoli)…
Se mi mandi un messaggio di posta, ho piacere a inviarti altri versi.
# un abbraccio e grazie dell’attenzione e dell’affetto a tutti.
…scusami Riccardo, ma il pensiero filosofico mi lascia piuttosto frigido, come una signora borghese dell’ottocento.
E le neuroscienze mi fanno diventare un’isterica da Santa Inquisizione.
Perdona la mia schiettezza, spesso poco gradita. Non credo ci si intenda molto sulla poesia, parlo non di gusti, di forme, ma sui contenunti e sulle premesse. Mi pare di intuire che le tue siano molto…”teoriche”, con una certa costruzione dietro e che nascano da un pensiero a priori, da riflessioni per approdare ad una comunicazione.
Io , mi muovo in maniera differente, forse opposta,e cercavo nai miei vari post, qualcuno che vivesse come me la storia. Io parto da immagini, da sensazioni indefinite e spesso parto senza alcune immagine. E lascio scrivere. Penso che la poesia (sottolineo, io penso,non voglio convincere nessuno) sia un mezzo più spontaneo e che la comunicazione, arrivi molto meglio al lettore e con più forza. I sentimenti sono universali. Le immagini, probabilmente, anche. E se si ha un bel rapporto con la realtà, si può scrivere di cose concrete, tangibili, anche lasciando la mano scrivere. Sono solo considerazioni personali…
Scusarti di che? Figurati Luca.
un caro saluto ^^
Comunque sì caro, Luca. Ci hai preso in pieno:
la mia è una poesia che parte da un “a priori”.
Cerco di indagare i processi della creazione, “al di qua” della creazione: nel tutto (apparentemente) informe dove vivono gli assoluti… un abbraccio
Cari amici,
grazie! Sono commossa dalle mail che sto ricevendo con le vostre poesie. Sono felice di scoprire un mondo di emozioni.
“La mia strofa monca”, per il suo carattere di non finito mi ricorda in scultura le opere di Michelangelo. Buona serata da una tua grandissima fan e presentatrice ufficiale delle presentazioni toscane.
e l’autoreferenzialità invece per me che è l’aspetto interessante della poesia, eventi mescolati a me stesso, rumori, sensazioni, scatti di luoghi esterni che lasciano riflessi dentro di me, idee, pensieri, non dedicati a nulla se non alle idee stesse. Nuvolette sulla testa che spiegano pelle d’oca, tremore alle gambe, fame, felicità, stupore, tristezza, goffaggine, ricordi.
L’intimità, la più intima che possiedo è estremamente legata al corpo che possiedo.
Le persone sono un’aspetto a latere, se scrivo di Asperger, vuol dire che mi sento vicino alla chiusura, e se scrivo di un luogo nebbioso perché vivo a Bologna, e perché il luogo mi ha colpito, è l’esigenza di non perdere quel momento che me lo fa pensare e poi registrare.
Mi piacciono le poesie solo di parole sine sensu (ma il senso è nei suoni), tanto quanto le poesie d’amore stilnovista, mi piace ginsberg che parla della sua vekkiaia e Rodari che alita la fantasia sulle lettere! Però l’autoreferenzialità e non avere alcun interlocutore mi piace.
Mi piace se riesco a dire di me nel mondo di oggetti e luoghi in cui vivo.
La forma espressiva “canzone” (che ho sperimentato e di tanto in tanto pratico, mi lascia gettarmi nello spazio delle persone cui sono legato o ero legato.
Solo questo
e dopo che lo rileggo, posso dire che è tutto vero! hehe
Però per esempio qualche giorno fa, ho scritto della vita di mia zia, che cucina un po’ pasticci ma ne fa tanti per tutti…indi…la verità è sempre un po’ di quà
un po’ di la!
La strofa monca è ineffabile come una scultura michelangiolesca, come un non finito che apparentemente, solo apparentemente, è imperfezione.
Scusate se mi sono ripetuta ma è alta la tensione emotiva proveniente da quei versi.
ciao Riccardo dagli occhio lungo intenso e corvino…come i tuoi bellissimi versi! Anche a me qualche altra tua poesia!
A Luigia: perchè non creare una sola pagina comune per i commenti ?
ciao Donatella
ciao Riccardo dall’occhio lungo intenso e corvino…come i tuoi bellissimi versi! Anche a me qualche altra tua poesia!
A Luigia: perchè non creare una sola pagina comune per i commenti ?
ciao Donatella
Cara Donatella, mandami un messaggio di posta elettronica e t’invio con piacere dei miei versi in risposta:
raimondo.riccardo@yahoo.it
un caro saluto ^^
e grazie!
r
Cara Donatella, il tuo suggerimento – di creare una pagina unica per i commenti – è molto interessante. Vedremo più avanti se si può realizzare.
Il vigore dei sentimenti scalpita da ogni singola parola. Personalmente, “ciò che resta” mi sembra preziosa, per il fatto di ricordare l’importanza dell’ impressione, di quanto sia doveroso ascoltare il proprio bisogno di personale trascrizione dell’ esperienza, mettendo da parte ogni altro impegno o negligenza. Mi viene un po’ in mente Vecchioni, quando ne “le lettere d’amore” diceva che ciò che conta è scrivere.
Ciao Riccardo, mi piace molto “Ciò che resta” e concordo con te sul concetto che “noi forse non scriviamo ma siamo scritti, subiamo..”. Vale un pò anche per la vita: noi spesso non agiamo, ma siamo agiti…
ciao
monica
Tre momenti meta-poetici più che apprezzati, per la sinteticità del dettato e la sua musicalità: più da camera, leggera, la prima, più sinuosa la seconda, più riflessiva e prosastica la terza. La mia preferita è “Ciò che resta”, bene anche “La mia strofa monca”, trovo invece che in “La mia strofa” siano evitabili sia “carne del poeta” sia “goccia d’infinito”, luoghi poetici forse già sentiti.
Quanto all’interessante dibattito sorto: credo sia frutto di diverse impostazioni di poetica (idealista da parte di Riccardo, empirista da parte di luca e anche mia) che però non intralcia affatto l’apprezzamento e il piacere della lettura.
Ad maiora!
Davide