Annamaria Ferramosca: “Ho sempre sentito, nei miei tentativi di scrittura poetica, di star cantando una voglia forte di prossimità. Nel senso largo dello stare accanto, della spinta incandescente a voler accogliere e restituire ogni voce, dunque, dello scrivere per avvicinarsi e poi far avvicinare, come in una catena calda e gioiosa e fertile di altri incontri. Assomigliare a chi mi si accosta, in un cerchio di reciproco ascolto-condivisione, cercando di innescare poi l’osmosi tra ciò che cola sulla carta e ciò che il lettore cattura e diventa tessera di un suo percorso, sua anima. Sento che sia a me che scrivo sia a chi legge/ascolta può accadere così di allontanarsi un po’ dal proprio buio e di nuovo avvertire desiderio. Quello, transitivo, di sentirsi vivi, vitali, rivolgendosi all’altro che è accanto. Una prossimità che mi auguro possa divenire contagio.”
di Annamaria Ferramosca …
Da Canti della prossimità
la lingua che s’ammutina
sto per spegnere la televisione
lo speaker mi precede ammutolisce
immobile inespressiva maschera
si consacra al silenzio
la lingua che s’ammutina
sa
del respiro forte degli alberi
di cui parlano i sordi
una nuvola scivola tra i rami
e maturano allo stesso tempo i frutti
segretamente
alla password soffiata del contagio
la lingua che s’ammutina
sa
del mormorio animale
dei passi infiniti sulla pianura
tagli nell’orizzonte invisibili
la terra ne risuona e i miei polsi
al passo muto del tempo
nella stanza
un dente di latte cade
senza rumore né sangue
***
il lato tragico di questo ticchettio quotidiano
è che suona operoso quasi musicale
mentre cadono sullo schermo le costellazioni
si è verificato un problema di connessione
singhiozzano i link a monconi
m’incatenano a una terra evanescente
zolle informi dove non distinguo
né radici né solchi nemmeno un lombrico
da far contorcere soffiandogli
il mio terrore sul dorso
di fronte ho interfacce
da periodo cubista sardoniche
ché ogni volta la foto mi svela
dilettante antica dei desideri
se ancora intenerisco
al miagolìo che si struscia alla caviglia
che vibra di voce più di questa battente
oscillazione di falangi
a stordire d’assenza
***
“Cammino e dietro camminano le stelle”
Adonis
e nel cammino mi guardo indietro
a cercare tracce di passi siderali
afferrare code lucenti di conversazioni
sulla nuca ho il peso del cielo
specchio d’assenza in terra
solchi fioriti d’acciaiosangue
solo un poeta a tradurre
il brusio stellare
segui le luci
luciparole al fondo degli sguardi
stringi di bende l’immane ferita
sia l’ultima emostasi sui confini
nei deserti nelle città
nella tua casa
e nel cammino vedo allontanarsi
i muri dell’enigma
file di pietre a secco disporsi
ai miei fianchi – nessun cemento imposto –
per un giardino condiviso
sulla pietra
luciparole incise
rispondere alla notte
Annamaria Ferramosca vive e lavora a Roma.
Ha pubblicato in poesia: Other Signs Other Circles, raccolta antologica di poesie 1990-2009, Chelsea Editions; NewYork, collana Poeti Italiani Contemporanei Tradotti, 2009, Introduzione e Traduzione di Anamaría Crowe Serrano; Curve di livello, Marsilio, 2006, Premio Astrolabio, Castrovillari-Pollino, finalista ai Premi Camaiore, Lerici Pea, Pascoli, San Fele, Montano; Paso Doble, Empiria, 2006, raccolta di dual poems, coautrice Anamaría Crowe Serrano, traduzione inglese di Riccardo Duranti; Porte / Doors, Edizioni del Leone, 2002, traduzione inglese di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti, Premio Internazionale Forum; Porte di terra dormo, Dialogo Libri, 2001; Il versante vero, Fermenti, 1999, Premio Opera Prima Contini-Bonacossi.
Imminente la pubblicazione del Quaderno Poiein n.5° cura di Gianmario Lucini, con la silloge dei Canti della prossimità, Puntoacapo Edizioni.
“La lingua che s’ammutina” è proprio la poesia che più mi aveva colpito tra gli inediti ora usciti nei quaderni di poiein. In mezzo al bla bla ripetitivo che ci assedia è salvifico e fruttuoso, talvolta, riuscire a sintonizzarsi sull’ ascolto delle “Infravoci”.
Un grazie a Luigia per questa sua ospitale stanza dell’incontro.
E a Fiorenza che con me condivide-e chi tra noi che scrive può non farlo?- la distanza fortemente voluta con il frastuono mediatico che ottunde le voci più vere e sottili.
un caro saluto a voi
annamaria
La parola è un dono prezioso e ancora di più lo è la parola poetica. Non va sprecata e non deve essere sovrabbondante, ma deve essere misura precisa del proprio stile, del proprio intelletto e del proprio cuore. Nel bailamme della rete globale, a volte il silenzio è necessario per raccogliersi e per condividere un sentimento puro, per intuire il vero senso del vivere e dell’umanità. Annamaria Ferramosca, con la sua poesia precisa e autentica riflette, e ci esorta a fare altrettanto, sulla necessità di recuperare quella “rete” di comunicabilità inter-umana che è sempre presente, anche se sovente sepolta sotto la polvere delle fredde e automatiche banalità quotidiane. Una poesia che ha anche un risvolto sociale, dunque, quella di Annamaria Ferramosca, e che interpreta bene l’animo sensibile del poeta, attento anche ai minimi sprazzi di “luciparole” provenienti dal creato.
I miei complimenti ad Annamaria ed un caro saluto.
Pino Vetromile
Dalla nota di Annamaria all’ultimo verso tutto scorre con una leggerezza incantevole e nello stesso tempo significante e umana. La bravura di Annamaria fa il resto e tutto “risponde alla notte”, in un cielo che è di tutti, ma che solo pochi illuminano.
Liliana
cari Liliana e Giuseppe, ascolto in silenzio la vostra voce. perchè il vostro abbraccio diventi parte solida di me. Grazie.
Volevo chiedervi proprio di questo gesto dello ‘spegnere’ che mi è tanto caro nella poesia di Annamaria Ferramosca.
Che televisione vorrebbero i poeti? Magari nessuna!
Ma questo gesto che si consacra da solo, mi incurisisce, è lo spunto di un dibattito.
Grazie a Annamaria per le poesie. Proprio il suo richiamo a Adonis mi ha spinto a riproporre nel blog, la mia intervista al poeta realizzata nel 2009, in cui escono fuori tematiche forti legate alla condizione della donna, al principio di uguaglianza tra gli esseri, alla libertà di stampa.
Ammutolirsi e ammutinarsi, lo speaker ammutolisce ma non lo fa da solo, è il gesto volitivo di chi spegne la televisione e quel blaterare elettronico, ci sono altri suoni più naturali, sono suoni che provengono dalla terra, dal nostro essere uomini, così la lingua si ammutina, la lingua si rifiuta di continuare a parlare, la lingua del poeta conosce i suoni che provengono dalla terra, dal vento, degli alberi, sa che sono sacri e che meritano rispetto, così si potrebbe anche tentare di operare uno scambio, il poeta ammutina lo speaker e poi ammutolisce davanti ai suoni della terra. Ma cambiano l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. un caro saluto antonella
Cara Antonella,
grazie per il tuo intervento, ma il dibattito su “grandi temi” non decolla. Abbiamo troppa paura di dire ciò che davvero non ci piace, non riusciamo più a sopportare. Ma è davvero solo “Quel blaterare elettronico” a darci fastidio?
E se invece lo speacker fosse un poeta, che faresti? Spegneresti il televisore? Oppure rimarresti lì ad ascoltare?
Sono d’accordo, ovviamente, con l’ascolto del poeta che come tu giustamente dici “conosce i suoni che provengono dalla terra, dal vento, degli alberi, e che sa che sono sacri…”
antonella ha saputo scavare in profondità nella mia terra di parole, descrivendo perfettamente le mie-sue sensazioni.con lei abbiamo un lungo tempo trascorso di sintonia. grazie di cuore, antonella.
e non è necessario far decollare “temi grandi”, Luigia, chè in quel rifiuto del frastuono mediatico ci puoi trovare anche “il tema massimo”, il desiderio di ascoltare e accogliere il puro lamento del mondo disastrato, spesso distorto e mutilato dalla cronaca. e di sicuro il rifiuto non potrà mai essere verso l’ascolto della parola poetica, quando essa sa essere umile e onesta. Bene sappiamo che pochissime tra queste parole oggi sono fatte “passare” attraverso i media… e tu stai qui provando a fare qualcosa, nel senso di quell’ammutinamento, mi pare. un caro saluto,
annamaria
Cara Annamaria,
cogli bene. Tuttavia non credo che la mancanza del poeta in televisione possa “spegnere” la parola del poeta, anzi.
Eppure, non dimentico quel bellissimo programma televisivo che era “Incontri” dove il giornalista intervistava un non più giovanissimo Eugenio Montale e gli chiedeva di parlargli del ‘giovane poeta’ Lucio Piccolo, (che, come si sa, giovane non era)…
Il filmato Rai a cui mi riferisco è della seconda metà degli anni Cinquanta. Ti assicuro che è un documento eccezionale. Se ripetessimo quel modello di tv, forse non sarebbe una cattiva idea.
Apprezzo molto le poesie di Annamaria Ferramosca che nello smisurato universo poetico ha trovato la sua dimensione solida e risoluta. I suoi versi ci connettono alla sua efficace esperienza di ‘fare poesia’ tesa ad andare oltre il “passo muto del tempo”, oltre la caducità. Mi piace la cura della parola, il valore e la forza espressiva presenti nei suoi versi. Mi sento trascinata da questa “lingua che s’ammutina”, e sono in sintonia col suo concetto di prossimità nella poesia come strumento di condivisione.
monica martinelli
Cara Annamaria, come parla quel silenzio dello speaker, a dispetto della lingua ammutinata. La tua poesia pulita, misurata (e graffiante al contempo) sa trovare code lucenti e luciparole per comunicare la vita, lo stupore, la tragedia, insomma l’incanto-terrore di esserci: inabbattibili antenne innalzate per catturare nuove sintonie. Non facile. Apprezzo e condivido.
A risentirci,
Annalisa
cara Monica, accolgo con gioia il tuo ascolto, così sensibile e attento.
sì,la condivisione del canto è per me essenziale. altrimenti ogni scrittura rimane sterile,ripiegata.quanto più larga è la condivisione, tanto più la parola ràdica e possiamo sentirci legittimati a continuare a scrivere.
annamaria
Bellissimo quel tuo “inabbattibili antenne”, Annalisa. e bello è costruirne insieme una selva. insieme, nell’accogliere e propagare. a te il mio abbraccio-grazie
annamaria
…luciparole che invitano a riflettere, dubitare, sperare…
Grazie Annamaria!
Rosaria
soprattutto dubitare di tutto ciò che sembra consolidato…
grazie per il tuo ascolto, Maria Rosaria
e a te, Luigia, per il dono di ospitalità alla poesia.
annamaria