Ho conosciuto Vera D’Atri a Torre del Greco durante un incontro di poesia organizzato in un circolo culturale.
Vera ha iniziato a pubblicare poesie di recente, forse perchè era spaventata dalla vocina interiore che le chiedeva insistentemente di portare allo scoperto le cose che scriveva, chissà da quanto. Non a caso Vera mi dice: “Le prime due righe che scrivo mi danno l’impressione di provenire da un altro mondo. E’ come se stessi scrivendo sotto dettatura. Il resto è lavoro. Molto lavoro per concentrare quello che ciascun lettore poi avrà come compito di diluire per sé e di sé nell’accompagnarsi al testo”. Vera poi mi scrive che l’esperienza le ha fatto volgere lo sguardo verso l’invisibile alla ricerca di “qualcosa che non sono io, ma il simbolo di ogni mio istante”.
“La poesia è un rivolgersi alla tensione di un vissuto abitato da innumerevoli altri.
I versi scorrono così su righe ineguali, hanno l’aspetto di un diagramma molto frastagliato; puntano oltre il foglio, quasi, alla fine, ne volessero fuggire. Vorrebbero essere/avere una specie di ali.”
di Vera D’Atri
…
Io mi difendevo dalla giornata vuota
tra i fiori scarmigliati d’una festa
ch’era soltanto Aprile
giunto a rinsaldare le speranze.
E il tempo trascorreva diverso dalla penitenza
di qua dalla finestra,
quasi esultante per aver visto rivivere l’ucciso.
Così, sedando le vanità convulse della morte,
al suo partire la notte ammutoliva dentro e in altri cento recipienti,
e di me fu schianto e nascita echeggiante,
fianchi e poi prigioni infrante,
madre ombreggiante per quei pensieri arsi che il sonno
cullando aveva reso infanti
e che come quieti stavano ormai sospesi
in fissità leggere nel mondo che è vagante.
***
…le solcò la mente l’ideogramma rondine,
sfregiando la luce con un tratto nero di inaudita bellezza.
Lei cantava per ore
come una vita inesperta che si rivolge
al rimedio dei refrain
ma era un viaggio finito giù dal ponte
per non essere baciato.
***
Un cielo che sa di primavera, un cielo pieno d’accoglienza.
Una nuvola che sembra un cammeo,
figure morbide
che si disfano sulla pelle di una giovane Eva, né bionda né bruna.
Il pendio dove scende l’assorbe,
i bambini scivolano sotto ombre di castagni,
giocano, esplorano,
fuggono la solida nervatura del reale, assuefatti allo svago.
Lei dimentica custodie,
dilaga, oltrepassa l’abito a fiori e l’andatura,
cerca oltrre la stabile gelosia del corpo
somiglianza e luce,
non la prigione del tempo e dei miracoli.
Ma il luogo è la vita e l’ora il ritardo,
una stella contro la palizzata chiude il battente del giorno,
la conciliante metamorfosi è solo un fascio d’erba medica
poggiato sul petto.
***
L’alleanza tra la fiaba e la vita passa attraverso questa miopia
di fodere a fiori,
il modo di scherzare che hanno con i mobili
a ridosso della parete,
leoni marini su rive di un lontano oceano senza voce.
Sopra la tavola l’acqua ed il vino
e il pallore di dicembre, laconico tra le losanghe delle grate,
così, al riparo della casa
corolle crescono attorno ad un cespo di silenzio.
Per essere veramente al sicuro
brinderanno assieme al domani.
Ecco, due ombre ora gettano la loro vita
nell’intreccio delle mani, hanno paura e scherzano
mentre la prima stella si posa
al di là del muro, proprio sopra al cesto delle mele vizze,
anche lei bianca di freddo e solitudine
come un’Immacolata dai tratti sfuggenti.
Vera D’Atri è nata a Roma nel 1948, ma vive a Napoli dal 1972. Archivista, ha iniziato a pubblicare poesie di recente. La sua prima raccolta Il museo di vaniglia è stata fatta circolare a cura delle edizioni la Biblioteca, con commento di Giovanni Pugliese. A fine 2009 è uscito Una data segnata per partire, raccolta di poesie edita da Kolibris di Bologna. A luglio 2010 ha pubblicato il suo primo romanzo “Buona belle brava” Robin editore.
Complimenti per le poesie………molto belle. Un saluto e un abbraccio. Costantino Posa
Molto belle.
vincenzo
Mi è piaciuto molto come Vera D’Atri ha sintetizzato la sua concezione di poesia.
Le sue poesie esprimono suggestioni e prendono forma in un linguaggio a tratti lieve, indefinito che si tende o si adagia su “l’alleanza tra la fiaba e la vita…” e trovo questo già petico di per sè.
monica martinelli
Complimenti!
Entrare nel mondo poetico di Vera è prendere atto che le parole hanno “l’inaudita bellezza” di moto, spazio e meraviglia. E mi associo ai complimenti dei commentatori che mi hanno già preceduta.
Met S.