Non solo fascino e stravaganza, ma anche una grande cultura figurativa, tra passato classico e avanguardie: è la Tamara de Lempicka, icona del periodo Deco, in mostra dall’11 marzo al 3 luglio a Roma, al Complesso del Vittoriano, con oltre 120 opere, tra disegni e dipinti, molti dei quali esposti per la prima volta in Italia, fra cui quelli provenienti dalla collezione di Jack Nicholson.
Intitolata ‘Tamara de Lempicka. La regina del moderno’, la rassegna è tra le più complete mai realizzate sulla produzione dell’artista di origini polacche, cresciuta negli ambienti aristocratici della Russia degli zar e riparata a Parigi dopo la Rivoluzione d’Ottobre.
L’importante esposizione punta non solo alla riproposizione dei suoi celebri quadri, liberi e trasgressivi, ma soprattutto a suggerire una nuova lettura dell’intera opera della Lempicka grazie a ricerche sulle fonti documentarie, che hanno permesso di ricostruire la storia di molti dipinti, approfondire i legami con il Futurismo, presentare opere mai esposte prima e il Portrait de Madame P., che addirittura era considerata perduta.
Abituata a conversare in lingue diverse, la Lempicka parla con la stessa disinvoltura un esperanto artistico, mischiando linguaggi figurativi di varie correnti e radici: cubo-futurismo russo e francese, ‘ritorno all’ordine’ italiano, ‘realismo magico’ tedesco, ‘realismo’ polacco. Una babele di elementi rielaborati in modo geniale fino a creare una ‘lingua’ nuova, autonoma e individuale, dai caratteri accattivanti.
La mostra ospitata al Complesso del Vittoriano esplora il percorso della Lempicka dagli esordi al 1957, l’anno in cui venne ospitata a Roma una sua personale nella galleria Sagittarius, e diventerà imprescindibile per una considerazione corretta del percorso artistico della Lempicka: questo, grazie soprattutto al ritrovamento di alcune importanti opere degli anni Venti finora considerate perdute, al reperimento di importanti fonti documentarie che permettono di ricostruire esattamente le presenze espositive della Lempicka tra il 1922 e il 1957 e la risposta della critica dell’epoca, di capire la sua strategia di comunicazione in Europa e negli Stati Uniti”.
Tamara de Lempicka è una personalita’ complessa, mai leggibile in un solo senso: la sua cifra stilistica è unica perchè è anche un continuo ossimoro. “Cultrice della contemporaneità, in un’intervista del 1932 ribadisce la propria scelta di “vivere e creare in modo tale da imprimere sia alla mia vita che alle mie opere il marchio dei tempi moderni”, ma poi dichiara di amare “l’antica pittura italiana” e che il suo pittore preferito è Carpaccio.
Un “gusto innato dei contrasti”, che Magdeleine Dayot indica in un articolo del 1935 come punto di forza dell’arte della Lempicka: “Questo curioso melange di estremo modernismo e purezza classica attira e sorprende, e provoca, forse, prima di conquistare completamente, una sorta di lotta cerebrale, dove queste tendenze così diverse lottano una contro l’altra, fino al momento in cui lo sguardo avrà afferrato la grande armonia che regna in queste opposizioni”.
La rassegna è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia. L’esposizione vanta la collaborazione e il supporto di grandi istituzioni museali europee e americane, come il Museo Nazionale di Varsavia, il Museo Malraux di Le Havre, il Muse’e des Beaux-Arts di Nantes, il Muse’e d’Art Moderne di Saint-Etienne Me’tropole, il Blanton Museum of Art di Austin. Oltre cinquanta i prestatori privati (Europa, Stati Uniti e Asia), tra i quali la Fondazione Victor Manuel Contreras di Cuernavaca e il Lempicka Estate di New York.