Parliamo ancora di Derek Walcott e quindi, di Iosif Brodskij, che scrisse un saggio su Walcott pubblicato in “Mappa del nuovo mondo”, Adelphi, 2008 (euro 10,00).
Ne parliamo dopo la serata del 22 marzo scorso all’Istituto Svizzero di Roma, riprendendo un breve stralcio del saggio di Brodskij (Premio Nobel nel 1981) che scriveva a proposito di Walcott (premio Nobel nel 1992): “Le vere biografie dei poeti sono come quelle degli uccelli, quasi identiche – i veri dati vanno ricercati nei suoni che emettono. La biografia di un poeta è nelle sue vocali e sibilanti, nella sua metrica, nelle rime e nelle metafore. L’opera complessiva di un poeta è una testimonianza resa al miracolo dell’esistenza ed è sempre, in un certo senso, un vangelo, i cui versetti convertono il loro stesso autore più radicalmente di quanto non convertano il suo pubblico. Nei poeti la scelta delle parole è invariabilmente più rivelatrice di qualsiasi elemento narrativo; ecco perchè i migliori tremano all’idea che qualcuno scriva la loro biografia.”
La prima domanda che pone Walcott a chiunque gli si rivolga è: “Lei è mai stata ai Caraibi”?
Quella domanda, in realtà, contiene in sè tutta la risposta, perché la poesia di Walcott assorbe dalle acque dello splendido mare dei Caraibi che lo ha cullato nell’infanzia e, nel contempo, attinge alle massime espressioni della poesia di ogni tempo e paese. Il risultato di questo viaggio nel mondo alla ricerca della autenticità della poesia è stupefacente. Walcott incanta perché descrive l’inesauribile bellezza del mondo, ma anche la perduta bellezza del mondo.
Walcott e Brodskij si incontrarono a Boston per la prima volta nel 1977 al funerale di Robert Lowell. Seduti nello stesso banco della chiesa, si guardarono senza parlare, ma ebbero lo stesso pensiero: «Se lui non piange, non piango nemmeno io». Sarebbero diventati fratelli per sempre.
Nella serata all’Istituto Svizzero di Roma Walcott ha letto dalla sua più recente raccolta “Isole” Adelphi Editore 2009, ha dialogato con il suo pubblico e con Vanni Bianconi, responsabile di Babel, il Festival di Letteratura e traduzione di Bellinzona.
Nel video qui sotto vi propongo un brevissimo stralcio della serata con la prima poesia letta da Walcott, Preludio, del 1948. Il video è stato girato da me con una videocamera non professionale.
In primo piano, la lettura di Derek Walcott e i suoi lettori, moltissimi, in tutto il mondo.
[flv]http://www.rainews24.rai.it/ran24/clips/2011/03/walcott_23032011.mp4[/flv]
PRELUDIO
Io con le gambe incrociate alla luce del giorno guardo
i pugni variegati di nuvole che si raccolgono sopra
gli sgraziati lineamenti di questa mia isola prona.
Intanto i piroscafi che dividono orizzonti dichiarano
noi perduti;
trovati solo
In opuscoli turistici dietro ardenti binocoli;
trovati nel riflesso blu di occhi
Che hanno conosciuto metropoli e ci credono felici qui.
Il tempo striscia sui pazienti che da troppo sono pazienti,
così io che ho fatto una scelta,
scopro che la mia fanciullezza se n’è andata.
E la mia vita, troppo presto, certo, per la profonda sigaretta,
la maniglia girata, il coltello che rigira
nelle viscere delle ore, non deve essere resa pubblica
finchè non ho imparato a soffrire
in accurati giambi.
Vado, certo, attraverso tutti gli atti isolati,
faccio di situazioni una vacanza,
mi aggiusto la cravatta e fisso mascelle importanti,
e noto le vive immagini
di carne che passeggiano per l’occhio.
Finchè da tutto mi allontano per pensare come,
nel mezzo del cammin della mia vita,
oh come giunsi a incontrare te, mio
riluttante leopardo dai lenti occhi.
(1948)
di Derek Walcott
Trad. di Barbara Bianchi
PRELUDE
I, with legs crossed along the daylight, watch
The variegated fists of clouds that gather over
The uncouth features of this, my prone island.
Meanwhile the steamers which divide horizons prove
Us lost;
In tourist booklets, behind ardent binoculars;
Found in the blue reflection of eyes
That have known cities and think us here happy.
Time creeps over the patient who are too long patient,
So I, who have made one choice,
Discover that my boyhood has gone over.
And my life, too early of course for the profound cigarette,
The turned doorhandle, the knife turning
In the bowels of the hours, must not be made public
Until I have learnt to suffer
In accurate iambics.
I go, of course, through all the isolated acts,
Make a holiday of situations,
Straighten my tie and fix important jaws,
And note the living images
Of flesh that saunter through the eye.
Until from all I turn to think how,
In the middle of the journey through my life,
O how I came upon you, my
Reluctant leopard of the slow eyes.
di Derek Walcott