Vi popongo oggi le poesie di Francesco Dalessandro, che vive a Roma ma è nato a Cagnano Amiterno in provincia dell’Aquila nel 1948. “L’amore ci riempie le tasche di mine, dice un poeta.” Lo scrive Dalessandro nella postfazione al suo ultimo libro Aprile degli anni (Punto a Capo Edizioni, 2010, € 11,00). Il poeta a cui fa riferimento l’autore (come lui stesso precisa nella nota) è Cristina Annino. Poi Dalessandro prosegue: “E non intende l’amore fatuo, ma quel sentimento ossessivo, assoluto che ghermisce la vita e la consegna di frequente alla sventura e alla morte. I poeti amano teneramente, tenacemente quella sventura (perché chi non muore dell’amore nemmeno ne è vissuto).”
Francesco Dalessandro (si legge in una nota della casa editrice Il Labirinto) scrive poco e ha pubblicato anche meno. Non crede al poeta invasato dal dio, perciò non porta foglietti in tasca, non scrive versi sui margini del giornale o sulla scatola dei fiammiferi. È legato di più alla bontà degli strumenti: uno scrittoio comodo, buona carta, una matita a mina morbida o un pennarello a punta fina. I versi vengono dopo. A una prima stesura a mano segue la battitura, un tempo a macchina, ora al computer, perché ritiene che il mezzo meccanico permetta di visualizzare nel modo migliore la partitura ritmica dei versi. «La mia natura è di mutare e rimutare, e ancora di rifar volentieri, come quello che non ha fretta», dice citando un autore caro. Ma la migliore sintesi della sua poetica è ancora la battuta che Grace Kelly rivolge a James Stewart in La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, già posta in epigrafe a L’osservatorio: «Raccontami quello che hai visto e che cosa potrebbe significare».
Aspettando la poesia, in una stazione della metro
Tu d’inverno te ne stai dietro fredde
finestre ben chiuse la mente confusa
coccolato da sogni (attraverso vetri
sporchi fissi il distante indaffararsi
della gente smorta espressione di volti
brutali in questa stagione come morti
ambulanti fantasmi andare in fretta
qua e là alacremente portando la loro
incredibile intensa spontanea bruttezza
per futili ragioni); solitario dietro vetri
trasparenti come un facile trucco
(separano la mente dai volti infreddoliti
e frettolosi: moriranno, pensi, come
nei viali le foglie e la vite americana
che insanguina la siepe) siedi e aspetti.
Poi vestita di un fresco sorriso ecco lei
che arriva.
*
In forma di nuvola di pioggia
Preghiera
Signora, non sono degno (ma del mio
canto tu sei la voce esile e fragile,
io in sogno prendo l’amore) che tu entri
(come inverno i primi teneri germogli
bruciando l’erba dove posa il piede)
nel mio cuore (profondo è il tuo respiro
e sangue e carne veri il mare sbatte
onde violente le sue lievi brezze
sono sospiri) ma dì una sola parola
(oh non gridare sussurra perchè il mondo
per noi fattosi estraneo non possa
udirla e fraintenderla o gente mal-
dicente la sporchi) e quest’amore (piccolo
segreto nel tuo caldo cuore) sarà salvo.
*
1.
Unico eterno dio l’amore, amore,
fece la terra così grande e lieta
le diede luce e poi misera cosa
perchè debole all’uomo diede voce
per chiamare pregare, gambe per andare
lungo i verdi sentieri del mondo
mani per cogliere fiori e per amore
farne ghirlande da portare e porgere,
come mari cantando così forti
e propondi respirano e sbattono onde
dietro onde sulla riva spumeggianti
e selvagge lunghe o brevi finché scende
la marea perfetta quiete così cieli
sospirati da amore e da misericordia
dove brillano i tuoi occhi come
stelle.
*
2.
Lascia che da questo rumoroso mondo
indolente un canto (finché il canto
dice il vero) di pioggia entri al mattino
(miracolo più grande del respiro)
e ferisca il risveglio apra germogli
nuovi nel cuore. No non chiederti
per quale merito per quale buona
azione ti è donato ma lascia la notte
svanire e disperdersi in un nuovo
giorno e mentre milioni di persone
chiedono vita riconoscente tu accetta
la benedizione di una tale bellezza
e innocenza, abbastanza per gli anni
avvenire.
*
3.
a.
Se l’infinito è un tempo senza tempo
l’amore non ha inizio e non ha fine –
dove il vuoto è respirare ardere e vagare
l’amore è l’aria il sole e la terra
(soffrono gli amanti? ogni dio
che discende s’incarna nel mortale –
son felici gli amanti? ogni minima gioia
è un universo nato dal loro desiderio)
amore è la voce dentro ogni silenzio
speranza non delusa dall’attesa
è una debole forza più forte
d’ogni sacra potenza
verità molto prima del sole
molto dopo anche l’ultima stella.
*
b.
Ti amo (amore, sei bella)
come nessuno in questo mondo e mi piaci
più d’ogni cosa in cielo d’ogni stella.
Sole e canti festeggiano il tuo arrivo.
Benché inverno sia dovunque stanotte
con tenebre di tenebre e silenzio nel silenzio
profondo e nessuno più possa indovinare
(non tu vita) la vera stagione,
se questa (che chiamiamo) terra avesse
la sorte di udire quei canti o di vedere
il sole altissimo nel cuore
di chi è lieto (e più lieto ogni volta
che tu gli sei vicina) tutti, amore
(amore mio), crederebbero all’amore.
*
4.
Se in silenzio nell’estremo inconoscibile
abisso del cuore (come sole
di un supremo universo) può levarsi
il misterioso tuo sorriso e spirali
di canti come luminosi sogni (piccola
ipotesi che è vita) debolmente
in te perdersi oltre il sonno (e voci
di sogni oltre l’oblio) una più profonda
morte è il tuo bacio e (pura gioia
del rimpianto oh tremante speranza)
tua la luce dalla quale lo spirito
promana tua la tenebra dove l’anima
ritorna, tu sei il sole la pallida
luna stanotte e le mie stelle.
*
5.
Ora che più misterioso del tuo cuore
e del mio (ma più di ogni altra verità
percepibile) trema il miracolo della
notte estiva e gli infiniti misteri
del cielo che noi (benedetti
solo da piccole cose visibili) possiamo
immaginare ma non conoscere; ora
che fuori come giorno la notte
arde (ma più arduo segreto nasconde
il tuo sorriso) può il mondo dubitare
del terribile momento in cui cadente
una stella scompare se l’intera
creazione è meno oscura di uno solo
dei tuoi baci?
*
6.
Il sangue (nei polsi nelle mani
protese verso te come venti
autunnali come voci tremanti
nell’alba appena sveglie) il mio
sangue ti cerca per crescere e donarsi
(oasi deserta o aiuola arsa è la tua
solitudine)
– in forma di nuvola
di pioggia in te accoglimi terra
consacrata all’amore accettami
(dona al mio fango il soffio
della vita alla mia carne le sante
stimmate del fuoco).
*
7.
Se per amore premurosa oh innamorata
ti sapessi (ferma e timida come
questa leggera aria e il tuo respiro
tiepido e calmo sulle labbra) se in pura
gioia e frequente ansimo le braccia
mi aprissi per donarti al desiderio
se sulle tue labbra il brevissimo
presente (dolce fiato) io potessi
bere fino a farlo passato
del futuro non avrei
nessun timore…
*
8.
La gloria cade passa (appassisce
anche l’amore?) come l’ultima mortale
foglia morta e ciò che luccica sole
e ombre del ricordo nella polvere
o nel vento violento che inverno
porta restano fragili splendori
e nuvole si levano sgualcite blanda-
mente vaganti: noi perché
non le seguiamo (oh ma senza
paura senza indugio)?
*
9.
Oh mattini fragranti di dicembre
(che aprite il cuore ravvivando
la brace del segreto e i due segni
della sua gloria oh passeri) perché
il mondo è una triste palude
e fango dove sguazzano lieti
solo miseri vizi e perdute
speranze? (verrà primavera torneranno
i teneri passeri sui prati
fioriti del mio desiderio?) perché nere
acque sempre trascorrono in crudeli
gorghi di affanno oh bei mattini
fragranti e freschi di metà dicembre?
*
10.
a.
Che ti amo (densità
dello sguardo apre mondi
e unisce distanze di anni
fatte se mi ami) è chiara-
mente noto e può il mondo
accertarsene da un solo
sguardo e se (timidamente)
ci amiamo quel che bianche
nuvole fanno nelle lunghe
sere e i fiori silenziosi
sulla terra non è certo
più bello e fresco del
nostro respiro.
b.
Come ti amo, amore, lo sa il mondo (l’aria
delle alte sfere e il vuoto dove nuotano
le galassie e languono spiriti di luce
ardenti o sbocciano stelle, una perfetta
luna giace al crepuscolo e si accorda
alla musica dei pianeti, che ragione
non conosce e solo cuore innamorato
comprende) ma non lo sa la gente…
11.
Porti con te il mio cuore (lo porti
nel tuo cuore) e non sono mai solo
(dove tu vai io vado, quel che fai
anch’io lo faccio) non temo
il fato (sei tu il fato) né m’importa
del mondo (sei tu il costante mondo:
la luna e ciò che ha sempre
significato il sole). È qui il segreto
da tutti ignorato (qui l’intima radice
bocciolo di bocciolo e cielo del cielo
a un albero cresciuto più alto
di come anima sperasse o mente nasconda)
meraviglia chiamata a sorreggere le stelle
e il tuo cuore (che porto nel mio cuore).
12.
a.
I bianchi custodi del sonno: la tua
luce può guidarli attraverso l’estremo
vuoto del tempo e dello spazio,
la segreta speranza aperta ai loro
occhi benedetti da un mondo vivo
(come verde meteora esso nuota
nell’aria che milioni di altri mondi
inconoscibili-possibili circonda)
e lasciando ogni sospiro del cuore
vestirsi d’inalterabile gioia sbocciato
oltre il respiro della notte, casa
vagabonda a un sogno.
b.
Là distesa riposi (oh, cara, la silente
positura il pieno battito del cuore,
i tuoi bianchi custodi qualche dio
li veglia) immersa nell’inesistenza
(il tempo non risponde). Ma quel
che morendo sappiamo essere vita,
amore, tu sei.
*
Risposte.
Sei tu il capriccioso fresco vento d’aprile
(che innamora quando tocca i verdi clivi
fioriti i dolci colli estivi)? Così chiesi
(sei tu il vento?) a una bella persona.
«Sì» rispose. Perché tocchi l’erba
come non fosse viva cosa ma scaglia
adamantina e i verde-vestiti rami
idee speranze? «Cose (sogni e desideri
amore e attesa d’amore) fiorite nella mente
inciampano nella terra ma capaci di
fragilità e costanza: non crederle (erba
e rami, anche pietre) senza ragione
o diverse dall’io immanente» rispose
(quando amore le chiesi) fuggendomi
da Aprile degli anni, di Francesco Dalessandro, Punto a Capo Edizioni, 2010, € 11,00
E’ poesia viva che sgorga come sorgente nell’ “Aprile deli anni” di Francesco Dalessandro. Si avvertono il profumo dei giorni, l’alternarsi dei sentimenti, l’intimità. C’è un sentire positivo di fondo che illumina i versi di gratitudine ed apre varchi di bellezza. Il lettore che la percorre ne esce ristorato, confortato da una parola poetica che si fa “salus”.
Rosaria Di Donato
La caratteristica più vistosa dei versi di Francesco è una sordina discreta sommessa avvolgente di senso e suono .
La sua pronuncia fa pensare al dialogo tra la vivida sonnolenza di una estate in declino e i sensi accesi dell’autunno che viene .