Opere Inedite, Elio Pecora

Elio Pecora invia per Opere Inedite alcune sue poesie inedite che usciranno in un suo volume di prossima pubblicazione ‘In margine e altro’, Oedipus edizioni 2011. In una recente intervista a proposito del fare poesia, Elio Pecora rispondeva così: “Ho imparato assai presto a guardarmi da testimone. Ne è venuta una misura ironica del vedersi e del misurarsi. Ironia come distanza e come equidistanza. Ho vissuto fin dall’infanzia fra persone del tutto calate nelle proprie faccende, e dunque in perpetua ansia per se stesse. Volevo capire che mi succedeva e che succedeva nel mondo che abitavo e traversavo. Da questo forse il bisogno di consegnarmi al lettore sapendo le comuni somiglianze e urgenze e attese e tutto il resto. La poesia è insieme abbandono e controllo, ebbrezza e ragione. Rimane ancora, tra le migliori definizioni, quella di un matematico e letterato del Settecento, Tommaso Ceva:< La poesia è un sogno fatto all’ombra della ragione.> Potrei dire che Elio Pecora è un tale che ha preteso e pretende il rispetto di se stesso e che continua a interrogarsi e a provarsi. Anche uno che continua a credere nell’onestà e necessità delle parole della poesia, che vengono da un instancabile confronto con l’esistenza e s’avvolgono di musiche misteriose anche dove l’intonazione è più limpida. IL mio libro a cui sono più legato? Difficile la risposta. Potrei nominare quello che, dopo anni di scritture rinviate, fu il mio primo libro pubblicato, La chiave di vetro, apparso nelle edizioni Cappelli nel 1970. Era un libro fra prosa e poesia e accoglieva già i miei temi e le mie urgenze. Vale ricordare che il suo primo titolo era Narciso in pensiero e cambiarlo fu l’unica mia concessione all’editore. Potrei dire anche che al momento sono legato, perché lo porto con me in ogni pubblica lettura e nei miei frequenti incontri con adolescenti e bamini nelle scuole, il mio Favole dal giardino, e la ragione di questa preferenza sta nella strana allegria, in un’estate molto dolorosa, con cui l’ho scritto e, prima ancora, nell’immediata accoglienza dei lettori di età le più diverse. Ma, al dunque, l’opera a cui mi sento più legato è quella che ancora sto ‘lavorando’.”
di Elio Pecora

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Giovedì santo

Divisa in due, avvolta dai lini in un cesto,
la Vergine dell’Afflizione con il cuore d’argento
esce una volta l’anno dalla stanza in penombra.
In chiesa, ricomposta, a fianco del figlio piagato,
dietro gli ori del grano fiorito nel buio,
andrà per le vie fino alle rupi e al Calvario.
Dopo i petardi e le campane a distesa
tornerà con la veste trapunta nell’armadio di noce.

S’abbuiano i colli, fra i castagni e gli ulivi
nel gregge ammassato il pastore cerca l’agnello,
chiama, bestemmia, l’afferra – in quel belato
il pianto estremo che non conosce il morire.
Latrano i cani, poi l’usignuolo per gli orti
cede al suo canto, lo svolge, lo lancia nel vento
lieve che muove i gracili rami del melo
piantato a novembre in un mattino piovoso.

Il pero, il loto, il tiglio, l’ippocastano,
appronta ciascuno a suo modo la fioritura
( foglie si svolgono tenere come ferite
nei verdi che variano dove il gelo riarse),
cava la talpa i suoi ciechi percorsi
scansando il pruno e il velenoso oleandro,
il motore in salita segnala un ritorno
nella casa di pietra con le serrande abbassate.

Eccidi a Gaza, tregua di un giorno in Rhodesia,
sparisce la nave stracolma di schiavi bambini,
un uomo – occhi grigi e giaccone a quadri –
dice che ieri notte ha scannato sua madre,
nella galassia sfocata s’accende una stella,
lesta si slarga nel telegiornale la mappa
dove su Nord e Sud scurano nubi:
i mari intorno sono un sobbalzo di accenti.

Scende il Cristo straziato dentro gli inferni
per riapparire, sabato a mezzanotte,
biancovestito dietro il sipario viola.
…Tante e più volte anche tu sei disceso
nei luoghi stretti presieduti dall’ansia
sgomento ogni volta di non più ritornare
all’orto da coltivare, alle stanze in penombra,
sempre ogni volta tornando senza risposta.

Orfeo salì spossato i cupi viadotti
portando in petto il seme della sconfitta
– ne venne al canto un intoppo, una sprezzatura:
a cui s’accorda la voce breve e delusa
di chi s’aggira in uno spazio inconcluso
e vuole restarvi: come se quello spazio
fosse l’unico luogo dove gli è dato abitare,
dove ognuno compie il suo oscuro percorso.

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Guerra

Sempre, ogni giorno, una guerra – non quella
che sventra i cieli e le case, stermina
popoli in fuga, ragione e speranza –
questa che cede a una stolta salute,
che in petto aggomitola l’ansia
e, insidiando e sperdendo, in ogni istante
germina l’altra e la muove e l’appronta.

Sempre, ogni giorno, dovunque una guerra
( neanche in sogno entriamo disarmati):
pure ciascuno porta nella mente
un segno, un punto, una stanza segreta
– e là cercarsi, di là ripartire.

 

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a P.P. Pasolini

C’era nella tua voce quieta, querula,
anche mentre parlavi di Ninetto
o di tua madre santa smemorata,
il grido trattenuto, il dispiacere
di chi ha lasciato ( o soltanto sognato)
il giardino – recinto
dove ciascuno accoglie o dona amore.

C’era in quel grido il Cristo ed il Corsaro,
Centauro che ammaestra scalpitando,
il demone che atterrisce e invade
fin dentro la speranza e il desiderio,
ma c’era ancora il ragazzo che attende
alle porte del mondo
e accarezza la morte e la chiama
come la sola uscita sicura.

C’era in quel grido questo restare
– dopo la rabbia, dopo la tristezza –
che conosce e patisce
seguitando a cercare.

 

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per Federico Garcia Lorca

Parole gialle e vermiglie
chiamano lune e coltelli
in margine a un’acqua scura.

Neri cavalli e bandiere
dentro i recinti del sogno
dove l’ansia non strema
né annoda la paura.

Passa la morte triste
amante delusa,
il canto cresce, resiste
dietro la porta chiusa.

La voce intona:
< S’è compiuto il dolore,
chi s’è stancato a cercare
ha lasciato l’amore.>

C’era un garofano bianco
in una storia remota,
un canto nascosto in un canto
in una stanza vuota. 

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a Vanni Scheiwiller

E’ un’ansa il libro e chi legge è una vela
inarcata in un’acqua di tempesta.
Nella sosta – che accorda a un altro andare
il passo, l’ora, il sogno, il desiderio
e rende vita mentre la sottrae –
i tuoi pesci minuscoli ( i Montale,
i Penna, i Palazzeschi, gli Ungaretti )
tu porgi agli scampati come un pane :
il pane che è bastato al tuo viaggiare
lungo un paese difficile e amato.
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a Giovanna Sicari

Può questo la poesia:
durare nel desiderio,
travalicare l’assenza.
Questo hai potuto, hai cercato
dentro un’urgenza
che in fondo alla voce distesa
di un pianto lieve, segreto,
tingeva il fiato.

 

Hai preteso che il mondo
– lo stretto amato recinto –
fosse da chiare parole
interamente cinto.

Sono passati il volto,
le mani fanciulle,
l’appassionata presenza,
nelle stagioni che vanno
inverde, infoglia, fiorisce
la tua semenza.
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L’angelo dei poeti

Per anni e anni l’angelo scontroso
– che soffia nell’orecchio dei poeti
parole colme, aguzze, colorate –
fra via de’ Pettinari e del Corallo
avanti e indietro è andato infaticabile.
Lo stesso che, nel mezzo della notte,
oltre via Giulia, in via dei Fiorentini,
parlottava con Penna e, di mattina,
dietro il teatro Valle,
con Palazzeschi rideva del mondo.
Quell’angelo, sospeso
sul frastuono e le antenne,
più in alto dei gabbiani
nell’aria avvelenata,
a volte ancora guarda
quelle stanze deserte
e nell’ala serrata
chiude il bene segreto
finché un altro, da qualche stanza buia,
fra un sospiro e uno spasimo lo chiama.

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Elio Pecora
 è nato nel 1936 a Sant’Arsenio (Salerno), abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, e poesie e racconti per i bambini. Ha curato antologie di poesia italiana del ‘900. Ha collaborato a quotidiani, settimanali, programmi RAI. Dirige il quadrimestrale internazionale “Poeti e Poesia”.
I suoi libri di poesia: ‘La chiave di vetro’, Cappelli 1970; ‘Motivetto’, Spada 1978; ‘L’occhio corto’, Studio S. 1985; ‘Interludio’, Empiria 1987 e 1990; ‘Dediche e bagatelle’, Rossi & Spera 199O; ‘Poesie 1975-1995’, Empiria 1997 e 1998; ‘Per altre misure’, San Marco dei Giustiniani 2001; ‘Favole dal giardino’, Empiria 2004; ‘Nulla in questo restare’, Il ramo d’oro 2004; ‘L’albergo delle fiabe e altri versi’, L’orecchio acerbo, 2007; ‘Simmetrie’, Mondadori, 2007; ‘La perdita e la salute’, I quaderni di Orfeo, 2008; ‘Tutto da ridere?’, Empiria ,2010; ‘Nel tempo della madre’, La vita felice 2011, ‘In margine e altro’, Oedipus 2011; ‘Un cane in viaggio’, L’orecchio acerbo 2011.
I suoi libri di prosa: ‘Estate’, Bompiani 1981; ‘Sandro Penna: una biografia’, Frassinelli 1984,1990, 2006; ‘I triambuli’, Pellicano 1985; ‘La ragazza col vestito di legno e altre fiabe italiane’, Frassinelli 1992; ‘L’occhio corto’, Il Girasole 1995. ‘Queste voci, queste stanze’ (conversazioni con Paolo di Paolo), ed.Empiria 2009. ‘La scrittura immaginata’ ( cronache di lettura), ed.Guida 2008.
I suoi testi per il teatro rappresentati: ‘Alcesti’ ,1984 ; ‘Pitagora’,1987; ‘Prima di cena’, 1987, Premio IDI; ‘Nell’altra stanza’,1989; ‘Il cappello con la peonia’, 1990; ‘A metà della notte’,1992; ‘Trittico’, 1995.
Le radiocommedie trasmesse: ‘Il giardino’, Radio Tre 1996; ‘Il segreto di Lucio’, RadioTre 1997. Nel 2009 è apparso ‘Teatro’, una raccolta di testi teatrali, a Roma nelle edizioni Bulzoni.

3 pensieri su “Opere Inedite, Elio Pecora

  1. Ho trovato le prime due poesie (Giovedì santo e Guerra) davvero molto belle, a conferma del valore e dell’alto livello poetico di Elio Pecora, e a dimostrazione di quanto la sua sensibilità, sia lirica che umana, ed i suoi interrogativi riflettano appieno anche il contesto sociale attuale. “Sempre, ogni giorno, dovunque una guerra/ (neanche in sogno entriamo disarmati): pure ciascuno porta nella mente/ un segno, un punto, una stanza segreta/- e là cercarsi, di là ripartire.”
    La compostezza dei versi, secondo il giusto significato evocativo, e le delicate sequenze descrittive di luoghi, elementi e protagonisti della natura dimostrano il suo desiderio di fare della poesia vita nel suo divenire e nella sua quotidianità.
    E mi sono piaciute molto le varie poesie “dedicate”; come sono veri e assoluti i versi: “Può questo la poesia/durare nel desiderio,/travalicare l’assenza…”. Elio Pecora ci ricorda quanto la poesia possa rappresentare un luogo di incontro e di condivisione della vita stessa, sia con persone che sono state (e che ora non sono più qui), sia con quelle del presente e con quelle che verranno. E questo credo sia il fulcro della poesia stessa, che spesso nasce dall’urgenza di comunicare qualcosa e di offrirlo, donarlo ad altri, virtuali o reali essi siano, affinché “…nella galassia sfocata s’accenda una stella…”
    monica martinelli

  2. come tanti Orfei spossati portiamo in petto una sconfitta
    che neanche la Vergine dell’Afflizione con a fianco il figlio piagato riescono più a consolare, come avveniva un tempo nel vecchio rito della processione.
    Ora in questo spazio incocluso (sabbia) abbiamo costruito la nostra casa: forse senza accorgercene oppure forse lo abbiamo fatto volutamente perchè ormai non abbiamo più la forza e la certezza di trovare uno spazio di terra più solido.
    Questo è il messaggio che mi è giunto da questa bellissima poesia “Giovedì Santo” che torna con la sua forza a ritemprare questi pomeriggi estivi romani assolati e noiosi.
    Complimenti e grazie
    Andrea Lucani

  3. Ciao Elio. Complimenti vivissimi per le tue opere. E’ sempre un grande piacere per me leggerti e rileggerti. Forse non lo avevo fatto prima, neppure nei 10 anni che eri con noi al ‘Camaiore’; sempre ‘affaccendata nell’organizzazione’, lo faccio oggi con grande trasporto di fronte alle tue straordinarie pagine. Con rinnovata stima Rosanna Lupi.

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