Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino
“Da un mare incontenibile interno” – Giuliano Ladolfi Editore, 2011 €10.00 – è il secondo libro di poesie di Simone Zafferani (ritratto da Alberto Guglielmi). Nella raccolta, suddivisa in sette sezioni, (sentinella impossibile, la concretezza delle stelle, tempo a levare, metafisica domestica, luogo di minore resistenza, terra, il sangue versato dal cielo) il poeta osserva la realtà contemporanea ‘dall’incontenibile oceano interiore’: “[…] Ora/ impiego il corpo a confessare/ il suo reato di non collaborare,” scrive Zafferani in una poesia. L’io poetico riscontra la distanza da ciò che vede e si ritaglia uno spazio nell’impossibilità di trovare il tempo dell’azione: “di mattina posso diventare luce, sfiorare il marciapiede,/ farmi lamina sottilissima d’incertezza,/ deplorare e abiurare e nel rimbalzo evitare la processione/ dei tempi costretti a temporeggiare/[…] Così scrive ancora Simone in un’altra poesia, mentre lo sguardo si fa vela, risacca, e abbraccia il sottosuolo, cercando ‘una liturgia dello scambio’, o ‘un cardine di speranza’.
Simone Zafferani è un poeta dalla voce pacata, “forse dovrei ascoltare/tutto il rumore del mondo così a lungo/ da diventare rumore; entrare in ogni serratura/ dove la chiave gira o s’inceppa, stare su ogni piatto o coltello,/ in ogni motore che accelera i giri, in ogni sirena.” […]; la sua è una poesia ‘morbidissima’, che lascia alle spalle i freddi modelli dello sperimentalismo, per entrare in una poesia che accoglie gli uomini immersi sempre più nell’incertezza della propria storia.
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Simone Zafferani è nato a Terni 1972, ma vive a Roma. Ha pubblicato i libri di poesia ‘Questo transito d’anni’ (Casta Diva, 2004, vincitore premio Lorenzo Montano 2006) e ‘Da un mare incontenibile interno’ (Ladolfi Editore, 2011). E’ autore di alcuni saggi e recensioni sulla poesia italiana contemporanea, usciti in riviste (“Pagine”, “Kamen”, “Poeti e poesia”), in volumi collettanei e nell’annuario Poesia 98, a cura di Giorgio Manacorda, Castelvecchi, 1999.
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dicono i venti
che in quel pomeriggio d’inverno tra i due
qualcosa successe, o qualcosa
successe a qualcosa;
si sciolse un ghiacciaio e altrove,
in un altrove dell’emisfero, una minuscola luce si accese
e in un abitacolo nacque un pianeta (fu, credo, in un angolo
tra una via del quartiere e un abbraccio assente,
che era stato assente troppo a lungo). Chiesero gli astri
e chi altri abitava il cosmo se quello fosse un avvento.
Qualcuno disse accade perchè deve accadere.
Un vento d’asteroidi portò una canzone, diceva
“e quanto dura l’eternità?” Dopo un freddissimo commiato
i due si voltarono di spalle e presero
strade diverse e giunsero distanti
numeri civici dell’universo. Fu chiaro
che se si fossero rivisti non sarebbe stato in quella galassia
in quell’etere delle mortificazioni e dell’insufficienza, ma forse
in un punto non tracciabile su carta
dove avvengono meravigliose fluttuazioni.
di Simone Zafferani: “Da un mare incontenibile interno”
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