In memoria di te, Dylan Thomas

In memoria di te: Dylan Thomas
a cura di Luigia Sorrentino

“La poesia può penetrare la chiara nudità della luce più di quanto non lo possano le intime cause scoperte da Freud”.
Dylan Thomas

“Spesso lascio che un’immagine si ‘si produca’ in me emozionalmente e quindi applico ad essa quanto posseggo di forza critica e intellettuale – lascio che questa immagine contraddica la prima, già sorta, e che una terza immagine generi dalle altre due insieme una quarta immagine contraddittoria, e lascio quindi che tutte restino in conflitto  entro i limiti formali da me imposti… Dall’inevitabile  conflitto delle immagini – inevitabile perchè appartenente alla natura creativa, ricreativa, distruttrice e contraddittoria del centro motivante, cioè del centro della lotta – cerco di pervenire a quella pace momentanea che è una poesia”…

Dylan Thomas

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I see the bous of summer

I

I see the boys of summer in their ruin
Lay the gold tithings barren,
Setting no store by harvest, freeze the soils;
There in their heat the winter floods
Of frozen loves they fetch their girls,
And drown the cargoed apples in their tides.

 

These boys of light are curdlers in their folly,
Sour the boiling honey;
The jacks of frost they finger in the hives;
There in the sun the frigid threads
Of doubt and dark they feed their nerves;
The signal moon is zero in their voids.

 

I see the summer children in their mothers
Split up the brawned womb’s weathers,
Divide the night and day with fairy thumbs;
There in the deep with quartered shades
Of sun and moon they paint their dams
As sunlight paints the shelling of their heads.

 

I see that from these boys shall men of nothing
Stature by seedy shifting,
Or lame the air with leaping from its heats;
There from their hearts the dogdayed pulse
Of love and light bursts in their throats.
O see the pulse of summer in the ice.

 

II

But seasons must be challenged or they totter
Into a chiming quarter
Where, punctual as death, we ring the stars;
There, in his night, the black-tongued bells
The sleepy man of winter pulls,
Nor blows back moon-and-midnight as she blows.

 

We are the dark deniers, let us summon
Death from a summer woman,
A muscling life from lovers in their cramp,
From the fair dead who flush the sea
The bright-eyed worm on Davy’s lamp,
And from the planted womb the man of straw.

 

We summer boys in this four-winded spinning,
Green of the seaweeds’ iron,
Hold up the noisy sea and drop her birds,
Pick the world’s ball of wave and froth
To choke the deserts with her tides,
And comb the county gardens for a wreath.

 

In spring we cross our foreheads with the holly,
Heigh ho the blood and berry,
And nail the merry squires to the trees;
Here love’s damp muscle dries and dies,
Here break a kiss in no love’s quarry.
O see the poles of promise in the boys.

 

III

I see you boys of summer in your ruin.
Man in his maggot’s barren.
And boys are full and foreign in the pouch.
I am the man your father was.
We are the sons of flint and pitch.
O see the poles are kissing as they cross.

Dylan Thomas
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Vedo i ragazzi dell’estate

I.
Nella loro rovina vedo i ragazzi dell’estate
desolare i campi d’oro,
non dare importanza alla messe, raggelare il suolo;
Laggiù nel loro ardore che l’inverno inonda
di gelidi amori, le loro ragazze essi prendono,
nelle proprie maree le mere cariche annegano.

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Questi ragazzi di luce nella follia coagulano,
e inacidiscono il miele bollente;
Negli alveari, col dito, le cotte di gelo essi toccano;
Laggiù nel sole con frigidi fili
di dubbio e oscurità nutrono i loro nervi;
Nei loro vuoti è nulla il quadrante della luna.

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Vedo i bambini dell’estate nelle loro madri
fendere le muscolose intemperie del grembo,
la notte e il giorno dividere con pollici fatati;
Laggiù nel fondo del con ombre inquartate
di sole e di luna le genitrici dipingono come
la luce del sole dipinge il guscio delle loro teste.

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Da questi ragazzi m’accorgo che uomini da nulla
per movimenti esausti cresceranno,
o azzopperanno l’aria dai suoi calori balzando;
Laggiù nei loro cuori il palpito canicolare
d’amore e luce esplode nelle loro gole.
Oh, vedi il palpito, nel ghiaccio, dell’estate.

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II.

Ma le stagioni hanno da essere vendicate altrimenti vacillano
in un quartiere di suoni,
dove come la morte puntuali, faremo squillare le stelle;
Laggiù , nella sua notte, l’insonnolito uomo dell’inverno scuote
le campane dal cupo linguaggio,
né le respinge la luna – e – mezzanotte quando soffia.

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Noi siamo coloro che negano oscuri, lasciateci evocare
La morte da una donna dell’estate,
Da stretti amanti una vita muscolosa,
dai morti di gentile aspetto che inondano il mare
il verme dal vivido occhio sulla lampada di Davy,
e dal grembo piantato l’uomo di paglia.

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Noi ragazzi dell’estate, in questa rotazione quadriventosa,
Verde del ferro dell’alghe marine, sosteniamo
Il mare fragoroso e facciamo gocciare i suoi uccelli,
raccogliamo la sfera del mondo di flutti e di schiuma
per soffocare deserti con le sue maree,
e pettiniamo i giardini delle contee per farne una ghirlanda.

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In primavera sulle nostre fronti un agrifoglio in croce disponiamo,
sia gloria al sangue e alla bacca,
e all’albero inchiodiamo gli allegri possidenti;
Qui l’umido muscolo amoroso si dissecca e muore,
In cava nessuna d’amore un bacio noi spezziamo.
Oh vedi i pali della promessa nei ragazzi.

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III.

Nella vostra rovina  vi vedo, ragazzi dell’estate.
L’uomo è sterile nella sua larva.
E nella sacca i ragazzi son colmi e stranieri.
Io sono l’uomo che fu vostro padre.
Noi siamo i figli della selce e della pece.
Oh, vedi i pali che si baciano incrociandosi.

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di Dylan Thomas
Traduzione di Roberto Sanesi – Guanda Editore, Collana Fenice, diretta da Attilio Bertolucci, 1962

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