Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino
Anna Buoninsegni cita Keats per spiegare il suo rapporto con la poesia: E’ come l’aria, c’è ma non si vede.’ E scrive: “La poesia è ovunque si posi il respiro, ovunque ci sia vita. Forse non nell’inferno, dunque, o ai poli o nel magma della terra o nelle lontane galassie. La poesia è cosa terrestre e umana.
La poesia in forma di parola mi è venuta incontro presto, nell’infanzia solitaria quando ‘pronunciare’ era un medicamento e poi dopo, mi si è rivelata piano piano, negli incontri, nei naufragi, dove era sempre lì a tendere un filo di salvezza per uscire dai labirinti.
La lotta con lei è sempre tenace, l’angelo mostra il suo bagliore ma non il volto che potrebbe fulminare. E allora l’ ‘innamorante’ parola diventa il desiderio di poter scoprire chi è l’amore che in lei si cela. Impresa tentata ma mai raggiunta: solo senza possesso in realtà il dono si mostra e si concede …”
di Anna Buoninsegni
——
Dove vanno gli oggetti amati
(i gatti arruffano il pelo randagio)
i gatti arruffano il pelo randagio
stringono le fessure del vento
ognuno sopporta la notte in maniera diversa
qualcuno sparirà
qualcuno non tornerà
i poveri di niente
non hanno riparo
forse non vogliono
sono disposti alla perdita del talento
un baratto alla tremenda libertà
guardo fuori
le altitudini del buio diventare una sola
le coltellate delle ore
negli occhi chiusi del mondo
—–
(dove vanno gli oggetti amati)
dove vanno gli oggetti amati
abitati
i mobili dai fiati minuscoli
che odorano di tutti i giorni
tutto l’unisono del canto accudito
quando moriamo?
dove vanno le morti bianche
e quelle rapide rapite
le mani disossate dopo l’altrui
l’impazienza dei libri
ci abbandona
in fuga da un cumulo di respiri falciati
dopo di noi chi saprà
e continuerà il parlare che ci somiglia?
—-
(vengono in forza le pattuglie dei ‘no’)
vengono in forza le pattuglie dei ‘no’
nell’inferno giorno della specie condominio
le pattuglie delle passioni tristi
che gridano ‘è finita siete stanchi’
avrei voluto certi modi di candela
per stare al mondo
ondeggiante dormiente
per fare poco e meglio
avrei voluto i ‘si’ a moltiplicare le forze
trovare cattedrali di pietà favolosa
ripostigli d’azzurro per i malati senza nome
essere disposti a morire per
scalare le stelle
—-
(forse i poeti hanno questo torto)
forse i poeti hanno questo torto
di non passare inosservati
di essere incollocabili nel silenzio
al posto loro i versi continuano
ad ascoltare e qualcuno parla con toccante curiosità
forse i poeti hanno il torto delle parole
accese sul loro funerale
forse il brusio dei versi
letti da un migliaio di noi
li tiene svegli nell’eternità
li fruga nei lineamenti dei pensieri
forse i poeti non si congedano mai dai loro rapitori
forse i poeti non muoiono mai abbastanza
per vivere nelle parole che ci consumano
—-
(il vento delle metropolitane)
il vento delle metropolitane
si spalanca all’improvviso
con un ringhio cavo
un vento morto soffia via la corsa sotterranea
spezzata
nel pazzo andirivieni
il vento più profondo è più basso
tre scale rampanti
sotto
Cornelia penultima fermata metro A
lontano dal sole il vento è più fondo
ascolta solo il suono
della sua pena innaturale
nella porzione di tunnel così sola
da far sparire perfino i topi
il ventre delle metropolitane
è un vento calvo che precipita
verso lo stesso desolato inizio
quando lo annusi
ti spoglia all’improvviso da sotto in su
ma non è un caso se non è un film
di Marilyn
—-
(il lusso è qualcosa)
il lusso è qualcosa
che non c’entra con l’anima
non entra nell’anima
non è bellezza né desiderio
è l’aspirazione del piombo a diventare piuma
portando scritta
la data di scadenza del mondo
—-
(la grazia è una guerra strepitosa)
la grazia è una guerra strepitosa
che si gioca sul podio del corpo
a distanza di anni
ha lo stesso implacabile profumo
lo stesso ancestrale adattamento
la grazia non concede interviste
e propone linee imperfette
nel suo guardaroba
trionfa ad altissima concentrazione
l’unica leggerezza che sopporta è il sacrificio
—-
(il futuro ci guarda)
il futuro ci guarda
prende appunti
pensa a noi
saremo ciò che dovremo
mezzo secolo dopo
ciò che una parte di noi
avrà preso a dimora per scomparire
—
ANNA BUONINSEGNI, di origini toscane, vive a Gubbio, in Umbria. E’ giornalista, capo ufficio stampa ed esperta di aspetti multimediali della comunicazione. Ha pubblicato i racconti “Pagine dal mare” (Arnaud, 1989), le raccolte di versi “Itinera” (Arnaud, 1992), “La stanza di Anna” (Crocetti Editore, 1997), prefazione di Mario Luzi (Premio Nazionale “Alpi Apuane”, 1998), “Ad occhi aperti” (Crocetti Editore, 2005), prefazione di Mario Luzi (Premio “Città di Alghero” 2005), (Premio Internazionale “Torri di Quartesolo” 2006). Nel 2000 ha vinto con la silloge Senza anestesia il Premio Internazionale “Eugenio Montale”. Nel 2005 è stata una degli autori di “Isola della poesia”, progetto curato da Marco Nereo Rotelli nell’ambito della Biennale di Venezia. Nel 2010 ha pubblicato la raccolta “AnnAlfabeti – impronte di linguaggi” con incisioni di Walter Valentini, per le edizioni ‘unaluna’.