Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino
Oggi leggiamo la poesia di Gian Piero Stefanoni che mi scrive di aver sempre avuto una certa difficoltà e ritrosia di fronte a qualsiasi dichiarazione di poetica che lo riguardasse e spiega: “Io credo, più semplicemente, in una parola e in un ascolto che sia al centro delle cose e del mondo, a partire dunque dalle dinamiche che determinano noi stessi e agli altri.” Gian Piero è l’esempio vivente di come la poesia – un certo tipo di poesia – possa ‘avvicinare’ l’uomo a una presenza divina. Ringrazio particolarmente Gian Piero per la sua grazia, per la saggezza semplice e disarmante delle sue parole. “Soli non siamo nulla mi ripeto e avverto continuamente. Soli non ci salviamo. E se la verità dell’uomo è nella condivisione, la natura e la forza di ogni vera poesia è dare dignità e racconto a questo vincolo fatto del medesimo respiro e del medesimo tormento. Io provo a muovermi in questa direzione, conscio della cura e dell’amore ma soprattutto della responsabilità che abbiamo negli accenti che andiamo a riporre nel percorso. Nessuna parola è neutra, nessuna musica: e la parola poetica ce lo ricorda ogni giorno traendo proprio da qui il suo germoglio principe. Lo sguardo nuovo che andiamo ad aprire, infatti, non deve incrinare la fede del mondo ma rinsaldarla, farla tornare alla luce proprio dove manca: nella carità e nella prossimità, là dove davvero noi solo siamo.” Nel mio ultimo lavoro – “Roma delle distanze” – c’è questo sforzo, in cui, tentandomi verso la luce di Cristo, mi confronto con la mia città e il mio quartiere in una preghiera di avvicinamento. Cercando di non dimenticare soprattutto di essere sempre all’inizio che è il segno e la spinta della disposizione onesta di cui si deve nutrire ogni forma di espressione artistica.
Credo che l’era digitale rappresenti una grossa opportunità di comunicazione, di scambio, di discussione e dunque di stimolo per il poeta, forse meno per la poesia. E’ una navicella che ci invita a scoprire e ad intercettare altri pianeti ma le eventuali risorse nel sacco, i campioni riportati debbono sempre ritornare a terra, che è il luogo del vero incontro, nella testa e nel corpo dove il nostro cuore di uomini batte e richiedendo dona. Le mani restano il nostro strumento, la nostra grafia dello spirito, che sia penna o tastiera è sempre l’anima a guidare e la fatica da cui nasce il testo ne è la corrispondenza e la porta, la nuova apertura da cui la strada riparte. Personalmente sto abbandonando da tempo la scrittura tradizionale con carta e penna, mi muovo e scivolo sul pc con maggiore forza e con un uso del tempo che mi abilita a più intensi scambi con il mio dire e il mio sentire. Ma, ripeto, in ogni caso sarà comunque la forza del testo a dire dove il mentire e dove il carico d’ascolto e parola.
Concludendo, non dobbiamo mai avere paura di ciò che lasciamo. Forse è questo uno dei suggerimenti della nuova era, posta la cura che a noi stessi e agli altri sempre dobbiamo”.
di Gian Piero Stefanoni
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LE PRIME A CADERE
Le prime a cadere furono le tortore
nel numero di quattrocento nei cieli di Faenza.
Qualcuno al richiamo smise il cammino-
addormentandosi lungo le Esedre.
Ché tutta già fece tremare, la terra-
da Roma, Milano, Genova –
l’Italia caduta in silenzio.
(Roma, 17 marzo 2011)
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PIAZZA RISORGIMENTO
MIKIS VIVE!
ma non resta: non restano
Valerio Verbano, Paolo Di Nella,
Walter Rossi, i fratelli Mattei
nel gruppo ricomposti per fede
in un basalto di pietra,
in un eloquio di eventi
per il nostro tempo di ghiaccio.
Non smette di ordinare per loro fiori
quella gioventù che ora insieme decide,
sui giornali,
tra gli scranni,
a quale EUROPA, a quale ITALIA!
e con altra moneta donarci.
(24 maggio 2010)
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PER GLI ANGELI DI PONTE
Così bravi, così pronti, così felici.
Così facili da scardinare.
Costretti a casa a portare buste,
a misurare gli anni dentro volti di mattini vuoti.
Ché forse ora solo lì è salvazione
come edera che ricadendo volge
in verde le nuvole.
Pei nostri occhi di pietra,
pei nostri occhi di sonno,
desiderando pur loro un’anima men lieve.
(12 Marzo 2004)
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LARGO DI PORTA CASTELLO
Cristo battuto
Quali spade l’adombrano,
quali falle, mentre sbraita
in giacca di cammello,
insieme agli sfollati,
nei tendini recisi?
Da quale terreno,
da quale rovinosa battaglia?
Dov’è che ha perso?
(Roma, 13 giugno 2010)
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PIAZZA VENEZIA
Italia 150
“Mamma.. Mamma..”.. l’eterno grido
del bambino che più non si trova.
Un rantolo o un miagolio disperso
prima di sciogliere il dubbio.
Là anche tu, tutti noi ancora tremiamo
la preghiera congiunte alle mani, per lui
e per noi, paese: Italia, che tanto ci assottigli.
(Roma, 22 marzo 2011)
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VIA FIORINO FIORINI*
Donna Olimpia
Di quale città siamo figli, mi domando
attraversandola; di quali fedeltà,
di quali resti che ancora ci accompagnano
se divisione poi è parola giusta a dire
tempo, ove sua assenza, suo disinganno.
Anima provata che per più aperta luce
si sparge, il respiro risalendo in un ritorno
di luoghi e volti da una irraggelata fede,
da una propria mai rigettata speranza.
Rigore e amore di chi ha in sé la sua terra
e alla terra si offre, ingemmandola
di quel solo possesso: disadorno e sgombro
fervore che nell’incontro allo scambio
ci affida, della cura spartendo l’affanno.
Ma ed è qui la forza o la pena
che ne rivela o ne immiserisce il mistero,
se l’ansia dal nulla trae ancora il suo miglior seme.
Ché seme vero è accompagnamento,
non dispersione, in affermazione
di una comune e ricomposta rinascita.
Ed ora, sola a te sopravvivi
mentre chi bussa ha forse in sé
la propria e la nostra salvezza,
Roma che volgi al nuovo
ma che del nuovo hai ancora la misura
che dispone alla forza e i tuoi ragazzi all’offesa.
*Musicista, caduto alle fosse ardeatine.
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Per Massimo Arrivabeni,
libraio ed amico.
Alle nostre conversazioni.
VIA JENNER
11 maggio 2011
Ma Tu resti in piedi, anche se colpito,
anche se stordito, nella dignità
di chi avanza nel più umano splendore
ora che stringe corpo la veglia pagana
e batte in testa la scossa lasciando desolate le strade.
“Va’!”- ci dici. ” Tra voi scoprirete
il linguaggio, tra voi articolerete la fede”.
Ché il bene sommo è l’olivo
pur se la terra è sbattuta- e dell’uccello
il suo nido sull’albero è vuoto.
“Riempitemi”. Tu vieni a dirci.
“Cenere non si posa si leva o il cielo
Si abbassa perché le creature si rannicchiano”
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Sarah Kirsch
*
NEW YEAR’S DAY
Su una foto di Sarah Kirsh
Sono gli animali
la nostra presenza sulla neve,
del tempo la follia che ritorna
nella saggezza degli sguardi.
In ognuno, al suo cuore
la possibilità invariata dell’amore
nell’aggettivo che anche oggi ai poeti manca.
(Roma, 4 gennaio 2011)
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ad Anna, mia moglie
ABBALL PE LA VALL*
Come quella farfalla
che più e più volte
sbatte contro il vetro
con un soffio, con un respiro,
sì.. come a un Dio tu mi darai l’uscita.
Pennadomo (Chieti), settembre 2010
*Giù per la valle
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GUARDARE, GUARDARE.. E’ TUTTO UN RICORDARE
In quale spettro sai infonderti Roma,
in quale cavità che da Carpegna
risale a concludersi in morte
e poi di nuovo vita, ancora luminescenza
arborea:femminea, ritorno che si cerca
tra le ginocchia e le pieghe dei ragazzi a Monteverde?
Come lupi tra gli..scatti..Doria..Pamphili..
come colombe su quell’arco
che addiviene accogliendo grido
e ramo e corteccia, nella sua acqua
con cui preannuncia il mare:
tra pini Spinaceto, Acilia, Ostia…
Finalmente, grande spinta- ed umore di donna.
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Gian Piero Stefanoni laureato in Lettere moderne ha esordito nel 1999 con la raccolta “In suo corpo vivo” (Arlem edizioni) vincendo nello stesso anno, per la sezione poesia in lingua italiana, il premio internazionale di Thionville (Francia) e nel 2001, per l’opera prima, il “Vincenzo Maria Rippo” del Comune di Spoleto. Nel 2008 ha pubblicato “Geografia del mattino e altre poesie” (Gazebo , premio “Le Nuvole-Peter Russell” e “Città di Venarotta”) a cui son seguite nel 2011 “La stortura della ragione” (e-book Clepsydra) e “Roma delle distanze” (Joker). Presente in volumi antologici, suoi testi sono apparsi su diversi periodici specializzati e sono stati tradotti e pubblicati in Spagna, Malta, e Argentina. Già collaboratore di “Pietraserena” e “Viaggiando in autostrada”, è stato redattore della rivista di letteratura multiculturale “Caffè” e, per la poesia, della rivista teatrale “Tempi moderni” . Tra gli inediti ama ricordare il premio “Via di Ripetta” e il “Dario Bellezza” (entrambi nel 1997).
Mi fa molto piacere leggere la poesia e le parole di Gian Piero Stefanoni, che ho avuto l’opportunità di conoscere personalmente e di condividere con lui significative esperienze poetiche come quella di “Amaro Ammore” a Roma alla Garbatella (di cui vedo la foto pubblicata). Concordo con Luigia Sorrentino, l’impressione che ho avuto di Gian Piero è stata molto positiva per la sua discrezione, la sua saggezza e semplicità, doti non comuni. Queste stesse caratteristiche le ritrovo nelle sue parole che mi colpiscono per la convinzione di credere negli altri, nella grandezza dell’umanità e per la fiducia in ciò che verrà: “…non dobbiamo mai avere paura di ciò che lasciamo.” E la poesia rappresenta l’input – nonché l’anima – per un percorso di condivisione e comunicazione.
Le sue poesie su Roma sono delle vere chicche da leggere e rileggere, suggestivi i versi: “…Roma che volgi al nuovo/ma che del nuovo hai ancora la misura…” e “In quale spettro sai infonderti Roma,/in quale cavità che da Carpegna/ risale a concludersi in morte/e poi di nuovo vita,…”
Le poesie che leggo qui rappresentano un felice connubio tra poesia civile, storica e religiosa, e l’impegno per le tematiche sociali, dove a una scrittura energica e realistica si alternano momenti più intimistici e visionari come nelle belle poesie “New year’s day” e “Giù per la valle”.
Grazie a Luigia per questa proposta e un caro saluto.
monica martinelli
Grazie a Monica Martinelli, sempre attenta lettrice di questo blog.
Grazie Monica per la prossimità della tua lettura, fedele all’attenzione d’ogni parola, seme che non va disperso. La parola poetica, come sai bene, è corrente, nella sua immagine che accoglie e rinutre in voce e anima, o per meglio dire in voce d’anima che cercandosi già è storia. Ma come ho accennato la storia non si fa da soli: non è per noi soli. L’umanità è insieme. L’etica va incarnata nel dialogo e nella condivisione, in onestà e perseveranza, per quanto ci è dato, in umiltà e comunione.
Grazie ancora, a te e Luigia, per la possibilità di farmi ascoltare.
Gian Piero
I thought I’d have to read a book for a disocervy like this!
Caro Rocky se mi fai avere un tuo indirizzo, se vuoi, ti faccio avere un mio libro. Ciao e grazie.
Gian Piero