Una lettera inedita di Italo Svevo (1861-1928), ritrovata negli archivi della Biblioteca Nazionale di Firenze, svela l’esistenza di un racconto sconosciuto dello scrittore triestino, che però non è stato ancora ritrovato: il testo fu rifiutato dall’editore a cui fu indirizzato. Il venticinquenne Italo Svevo, all’epoca protagonista della boheme triestina, il 20 marzo 1886 bussò alla porta di una prestigiosa rivista del Regno d’Italia, “La Nuova Antologia”, per sollecitare la pubblicazione di un suo racconto, con una lettera che accompagnava il testo di “Catina”. Ma quel racconto così intitolato non vide però mai la luce.
La vicenda sconosciuta è stata scoperta e ricostruita da Stefano Carrai, professore di letteratura italiana all’Università di Siena, sul nuovo fascicolo del “Giornale storico della letteratura italiana” (Loescher editore).
Nella lettera, scritta sulla prima faccia di un bifolio di mm. 156×100, si legge questo breve testo vergato da Svevo con il suo vero nome, Ettore Schmitz: “Spett. Direzione, Mi sono quest’oggi permesso di dirigervi sotto fascia a parte un mio racconto: “Catina”, ch’è circa il mio nome con qualche consonante di meno e vocale di più. Desidererei vederlo pubblicato nella Nuova Antologia se da voi Signori ne venisse riputato degno. Ad ogni modo con la massima stima mi dichiaro devotissimo”.
Nel 1886 “Nuova Antologia” si era già trasferita da Firenze a Roma ed era ancora diretta da Francesco Protonotari, che sarebbe morto due anni dopo e cui sarebbe succeduto nella direzione il fratello Giuseppe, già suo stretto collaboratore.
Essi non ritennero di pubblicare il racconto di quel giovane triestino sconosciuto e non presentato da nessuno. Per quante ricerche abbia fatto, il professore Carrai non ha trovato un archivio della rivista relativo a quegli anni né è riuscito a rinvenire altrove il manoscritto che Svevo diceva di aver spedito in plico separato.
“La lettera dunque ci conserva la notizia di un racconto che, salvo insperati riaffioramenti, dobbiamo considerare perduto”, scrive Carrai nel breve saggio che accompagna la lettera inedita del futuro autore di “La coscienza di Zeno”.
Poiché il nome Catina ricompare altre due volte negli scritti sveviani, sempre come nome di una serva (nella commedia “Il ladro in casa” e assegnato nientedimeno che alla fantesca di Zeno di cui si parla nel capitolo sul fumo e in quello finale), Carrai suppone tutt’al più che si trattasse di “un racconto di impianto naturalistico”, un po’ sul tipo di “Un coeur simple” di Gustave Flaubert, e forse ispirato alla figura di Cati Moro, la domestica della famiglia Schmitz ricordata nel diario del fratello Elio. Del resto, osserva Carrai, “Catina” è il racconto più antico di cui si abbia notizia, l’unico di sicuro precedente a “Una lotta”, impostato
anch’esso sul modello della ‘tranche de vie’, uscito sul quotidiano triestino “L’Indipendente”, a puntate, il 6, 7 e 8 gennaio 1888.
Io faccio un’ipotesi. E’ possibile che il racconto “Catina” , dopo che è stato
rifiutato da “Nuova Antologia”, successivamente Svevo lo ha reintitolato “Una lotta” con il cambio di nome anche dei personaggi e poi , col titolo “Una lotta”,
è riuscito a pubblicarlo su “L’Indipendente”. La mia è solo un’ipotesi, ovviamente.