Kim Addonizio alla John Cabot University

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Kim Addonizio sarà alla John Cabot University di Roma per un reading di poesie lunedi 7 novembre alle 20:00. L’evento, promosso dall’Istituto per la scrittura creativa e di traduzione letteraria si terrà nell’ Aula Magna Regina, Guarini Campus. Le poesie di Kim Addonizio sono state tradotte da Damiano Abeni e Moira Egan.

John Cabot University – Via della Lungara, 233 – 00165 Roma
RSVP: events@johncabot.edu

L’incontro avrà inizio all’ora indicata e non sarà permesso entrare a evento iniziato.

John Cabot University Presents a Reading by Poet Kim Addonizio
Sponsored by the Institute for Creative Writing and Literary Translation
8 pm, Aula Magna Regina, Guarini Campus

Kim Addonizio is the author of five collections of poetry including Tell Me, a 2000 National Book Award Finalist. Her work has received a Guggenheim Fellowship, two NEA Fellowships, the John Ciardi Lifetime Achievement Award, and other honors. She has published two instructional books: Ordinary Genius, A Guide for the Poet Within, and The Poet’s Companion: A Guide to the Pleasures of Writing Poetry (with Dorianne Laux). Addonizio’s other books include two novels, Little Beauties and My Dreams Out in the Street; and a book of stories, In the Box Called Pleasure. With Cheryl Dumesnil, she co-edited Dorothy Parker’s Elbow: Tattoos on Writers, Writers on Tattoos.

 
John Cabot University – Via della Lungara, 233 – 00165 Rome
RSVP: events@johncabot.edu

Kim Addonizio, poesie da LUCIFERO ALLO STARLITE, nella versione di damiano Abeni e Moira Egan.

Per te
Per te mi spoglio fino alla guaina dei nervi.
Mi tolgo i gioielli e li appoggio sul comodino,
mi sgancio le costole, appoggio i polmoni ben stirati su una sedia.
Mi sciolgo come un farmaco nell’acqua, nel vino.
Mi rovescio senza macchiare, me ne vado senza sommuovere l’aria.
Lo faccio per amore. Per amore, scompaio.

For You
For you I undress down to the sheaths of my nerves.
I remove my jewelry and set it on the nightstand,
I unhook my ribs, spread my lungs flat on a chair.
I dissolve like a remedy in water, in wine.
I spill without staining, and leave without stirring the air.
I do it for love. For love, I disappear.

 —

Tu
Tu eri una città con un solo telefono a gettoni che qualcun altro stava usando.
Tu eri un bancomat con il prelievo temporaneamente non disponibile.
Tu eri un link superato con il server fuori servizio.
Tu eri invisibile a occhio nudo.
Tu eri le due parti per milione di insetto tollerate nel burro di noccioline.
Tu eri un autolavaggio da cui sono uscita sporca come c’ero entrata.
Tu eri venti sacchi di riso che marcivano nella stiva di un aereo da trasporto fermo su una pista di volo in un paese stremato dalla siccità.
Tu eri un posto di lavoro con duecento candidati per cui offrivi il minimo salariale.
Tu eri grato per la mia sottomissione ma non sapevi proprio che fartene.
Tu non eri un Fornitore convenzionato.
Tu non eri uno che concedeva rimborsi.
Tu non eri disponibile a fornire spiegazioni.
La tua tomba non era segnata, così ho vagato nel cimitero per ore, parte erba, parte sgretolarsi delle pietre.

You
You were a town with one pay phone and someone else was using it.
You were an ATM temporarily unable to dispense cash.
You were an outdated link and the server was down.
You were invisible to the naked eye.
You were the two insect parts per million allowed in peanut butter.
You were a car wash that left me as dirty as when I pulled in.
You were twenty rotting bags of rice in the hold of a cargo plane sitting on the runway in a drought-riddled country.
You were one job opening for two hundred applicants and you paid minimum wage.
You were grateful for my submission but you just couldn’t use it.
You weren’t a Preferred Provider.
You weren’t giving any refunds.
You weren’t available for comment.
Your grave wasn’t marked so I wandered the cemetery for hours, part of the grass, part of the crumbling stones.

—  

Allegria!
Sgotta, sgotta, continua a sgottare,
fregatene della pioggia.
Come, niente secchio? Usa una scarpa.
Sandali, eh? Hai un paio di mani, bel tomo,
e non piagnucolare per le manette
o per l’albero spezzato.
Poggia, poggia.
Rema, rema, rema.

 —

Merrily

Keep bailing, keep bailing,
never mind the rain.
What, no bucket? Use your shoe.
Sandals, eh. You’ve got two hands, man,
don’t whine about the manacles
or the snapped-off mast.
List, list.
Row, row, row.

Il mio cuore
Quella baracca per i polli in Mississippi.
Quel tavolo con cicatrici di iniziali,
quella piccola pista da ballo alla sinistra dell’orchestrina.
Quel chiosco di caramelle e pacchianerie al centro commerciale.
Quel casello e i guanti di gomma bianca del casellante
che ti dava il resto.
Quella cabina telefonica con il ricevitore strappato.
Quel camerino nella boutique per feticisti,
quelle tende e quegli specchi.
Quella casa stregata al luna park, quel terrore, quella colonna sonora di urla.
Quel cielo colmo di putti che faceva piovere doratura dal soffitto.
Quel rifugio per camionisti, quella tazza senza fondo.
Quel bioma. Quella riserva naturale.
Quella pista d’atterraggio non segnata dalle luci
su cui punti il tuo aeroplano,
immaginandoti una voce nella torre,
immaginandoti una torre.

 —

My Heart

That Mississippi chicken shack.
That initial-scarred tabletop,
that tiny little dance floor to the left of the band.
That kiosk at the mall selling caramels and kitsch.
That tollbooth with its white-plastic-gloved worker
handing you your change.
That phone booth with the receiver ripped out.
That dressing room in the fetish boutique,
those curtains and mirrors.
That funhouse, that horror, that soundtrack of screams.
That putti-filled heaven raining gilt from the ceiling.
That haven for truckers, that bottomless cup.
That biome. That wilderness preserve.
That landing strip with no runway lights
where you are aiming your plane,
imagining a voice in the tower,
imagining a tower.

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