John Ashbery, “Planisfero” – Anticipazione editoriale

Anticipazione Editoriale:Planisfero” di John Ashbery
a cura di Luigia Sorrentino

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Vi propongo in questo blog, cinque testi inediti compresi in Planisfero, di John Ashbery, nella traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan, in corso di pubblicazione con la casa editrice Mondadori (collana Lo Specchio). Poche poesie, che sintetizzano la caratteristica più saliente della sua poesia: l’ironia.
Ashbery, nato a Rochester (New York) nel 1927  è unanimamente riconosciuto come il più importante poeta statunitense vivente. Ha scritto più di venti libri di poesia. Professore di letteratura al Bard College, vive tra New York e Hudson. Il suo primo libro pubblicato in Italia è del 1983, Autoritratto in uno specchio convesso, (Garzanti), con introduzione di Giovanni Giudici e traduzione di Aldo Busi, (Self-Portrait in a Convex Mirror)  con il quale Ashbery ha ricevuto nel 1975 tre premi prestigiosissimi: il Pulitzer Prize, il National Book Award e il National Book Critics Award. Planisfero uscirà a inizio 2012.

Il prevedibile futuro

E ce ne stavamo soltanto seduti a sognare, veleggiando qui e là,
cercando di forzare il triste vivere degli amici,
di ogni giorno governativo versato.

 

Se avessi l’orecchio assoluto mi accorgerei
dell’accumulo su quello, in ritardo?

Sesso spray, botanizzò lui.
Impossibile.

È tenuto prigioniero da matrone egizie.

The foreseeable future

And we just sat and dreamed, sailing around,
trying to force the sad living of friends,
of every spilled government day.

If I had perfect pitch would I notice
the buildup on that, behind hand?

Spray-on sex, he botanized.
That could never happen.

He’s being held by Egyptian matrons.

FT

O in questo studió bramo
la conoscenza espansa del primigenio click
che le fosse-trappola per orsi sovrastano.
Perché un giorno
importi di più non vien mai detto.
O ciccia i cenci del dotto
come quelli di zingara si radicano,
rischiarano binari remoti.
Se fosse tutto qui, il Creatore
dev’essersi dimenticato gli appunti in macchina
oppure in fra la bordura di stella
di ghiaia-eppure continuiamo a infiltrarci,
altro è illuminato, svelato.
Questi primi arboscelli si ritrassero, vivi
così esser dovea. Poi, calzoncini da scolaro,
accenno oliva, così son.
Fracassare il nesso, sottoutilizzare
il verbo che congiunge, erano scopi
meno ventosamente impiegati nelle aree
abbracciate dalla popolazione, 0 caspiterina
nel regno freddo della fantasia
essere spolverati via un’era
dopo la precedente, onnipotente accasciamento, grumi
di mandorle di fianco al fagiolo sfrigolante.
È stato tutto come su
un’arcana e splendida introduzione,
oppure divinare rabbia
coperta di vesciche nella coscienza?
Un bastone precoce
smembrato e in attico
d’ameno garage non avere disponibilità di aria condizionata?
Vergogna, che i bruti bruchino
dal palmo di Buonarroti
e s’ergano eccelsi sull’arrogante sguardo
da turista della sentinella. La gente di riguardo
questa non la monta,
quindi che i falchi s’esprimano blesi, trafiggano
tumescenza dall’argilla. Eilà.

FX

O in this bedsit I crave
expanded knowledge of the first click
bearpits o’erlook.
Why one day
matters more ne’er is told
O rats the scholar’s rags
like a gypsy’s take hold,
illuminate far tracks.
If this were all, the Creator
must have left his notes in the car
or’twixt the marge of star
of gravel – yet we seep on,
more’s unlit, uncovered.
These first saplings blanched, alive
‘twere to be so. Next, schoolboys’ pants,
olive gesture, are so.
To smash the nexus, underemploy
the conjoining verb, were pursuits
less windily employed in population’s
hugged areas, O gee
in phantasy’s cool reign
to be dusted off one era
since, almighty droop, clusters
of almonds next the sizzling bean.
Has it been all like unto
a weird and wonderful intro,
or, divining blistered
rage into consciousness?
An early cane
dismembered and in attic
of lovely garage not have access to air conditioning?
Fie, let the brute pluck
from Buonarroti’s palm
and lift o’er o’erweening sentry’s
visitor’s gaze. The gentry’s
not on board with this one,
then let hawks lisp, poke
tumescence out of clay. Ahoy.

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Tessera

Ci eravamo addormentati nel palazzo.
Era goffo, ma solo un gattino
ce l’avrebbe potuto insegnare, fuori come su un balcone.

Il modo in cui certa gente va e viene è istruttivo.
Perché tormentarsi per le ombre che s’accatastano
inevitabilmente nella persiana? Se c’era una cosa
che aveva imparato in vita sua era questa:
una scoperta apre la strada alla successiva,
e poi tutte sono spazzate fuori con il pattume del mattino.

 

Tessera

We had fallen asleep in the palace.
It was ungraceful, but only a kitten
could have taught us that, far out on a ledge.
The way some people come and go is instructive.
Why brood over shadows that pile up
inevitably inside the shutter? If there was
one thing he had learned in his life, it was this:
One discovery leads the way to another,
and then all are swept out with the morning’s trash.

La Torre di Londra
in realtà non è una torre. È un edificio
squadrato con una torre su ognuno
dei quattro cantoni. Negli anni trenta
ne fecero un film, protagonista Boris Karloff
nella parte di Mord, il boia che si dilettava di tortura.
Aveva un gran daffare Mord. Il suo boss, Riccardo Terzo,
era un tipo esigente. Riccardo non aveva
la gobba, ma Boris aveva un piede deforme,
come per compensare quella mancanza. Riccardo aveva affogato
il Duca di Clarenzio, che di nome non faceva Clarenzio,
in una vasca di malvasia, che è un vino dolce.
Clarenzio gli aveva messo i bastoni tra le ruote. Riccardo
era deciso a uccidere chiunque gli mettesse i bastoni tra le ruote,
compresi i principi nella Torre, due
bambini, praticamente infanti, figli
del vecchio Enrico Sesto, o forse del
fratellastro di Riccardo, Edoardo,
interpretato da Ian Hunter. Riccardo era interpretato da
Basil Rathbone, che ha interpretato anche Sherlock Holmes.

I principi, che di nome facevano anche loro Riccardo
e Edoardo, mi sa, non avevano fatto niente di niente.
Non meritavano di essere uccisi.
Ma in fondo, nessuno lo meritava, compreso il vecchio Enrico
Sesto, per quanto fosse parecchio picchiatello a quel tempo.

La moglie di Riccardo non assomigliava alla Regina
nel dramma Riccardo III. Era interpretata da
Barbara O’Neil, che aveva interpretato la madre
di Scarlett O’Hara in Via col vento, anche se non era vecchia
abbastanza per la parte. Così almeno mi ricordo. Aspetta, era
in realtà la moglie di Edoardo. Riccardo aveva
maritato Lady Anna, che era
interpretata da Nan Grey, anche se in realtà lei
aveva sposato Wyatt (John Sutton) dopo che erano evasi dalla
Torre, o Castello che sia. Alla fine Riccardo
aveva fatto fuori praticamente tutti, tranne Mord,
che venne buttato giù da una rupe da non si sa chi,
una fine ben adatta a una spregevole carriera.

The Tower of London
isn’t really a tower. It’s a square
building with towers at each
of the four corners. In the thirties
they made a movie of it starring Boris Karloff
as Mord the executioner, who dabbled in torture.
A busy man was Mord. His boss, Richard the Third,
was demanding. Richard had no hump
on his back, but Boris had a club foot,
as though to make up for it. Richard drowned
the Duke of Clarence, whose name wasn’t Clarence,
in a tub of malmsey, a sweet-tasting wine.
Clarence had stood in his way. Richard
was determined to kill all who stood in his way,
including the princes in the Tower, two
little boys, practically infants, the sons
of old Henry the Sixth, or maybe of
Richard’s half brother, Edward,
played by Ian Hunter. Richard was played by
Basil Rathbone, who also played Sherlock Holmes.

The princes, also named Richard
and Edward, I believe, hadn’t done anything.
They didn’t deserve to be killed.
But then, none of them did, including old Henry
the Sixth, although he was quite dotty at the time.

Richard’s bride was unlike the Queen
in the play Richard III. She was played by
Barbara O’Neil, who played Scarlett O’Hara’s
mother in Gone with the Wind, though she wasn’t old
enough to be. That’s the way I remember it. Wait, she was
actually Edward’s wife. Richard took
unto him the Lady Anne, who was
played by Nan Grey, though she actually
married Wyatt (John Sutton) after they escaped from
the Tower, or the Castle. In the end Richard
killed just about everybody, except Mord,
who got thrown off a cliff by somebody,
a fitting end to a miserable career.


Non hai ancora ricevuto le lettere?
Lo vedrai come va.
Dato che il giorno davanti a te
è come il lancio di un anellino, che ne dici di altre scappatoie?

Non assumere un’aria presidenziale,
è questo il succo, ti avevo detto di
tenere le fotografie sotto la cintura.

O queste parole: come ti aspetti che io
mi immagini le nostre condizioni se questa stanza non ha contesto?
Ci siamo già stati qui una volta, ce ne rendiamo conto,

ma altrimenti tutto è pazzia, e accondiscendenza
ridotta al silenzio. Il cane cammina lungo il muro,
per oggi ha finito. Altri tropi ci

rallentano, l’azione è un tenue barlume sull’orlo
di un pozzo. Abbiamo visto e pensato così tante cose,
senza riuscire a spiegarle neanche ai testimoni,

per quanto fossero affascinanti. Alla fine un frammento di seta
è la nostra ricompensa, ampio come il fianco di un monte
e incrostato di bizzarri galloni.

You Haven’t Received the Letters Yet?
And you’ll see how it goes.
Since the day in front of you
is a ring toss, what about other egresses?

Not looking presidential
is what it boils down to, I told you to
keep the pictures under your belt.

Or these words: how do you expect me
to imagine our plight if this room has no context?
We were here once before, that we can tell,

but otherwise all is madness and hushed
compliance. The dog goes along the wall,
it has finished for the day. Other tropes slow

us, action is a glimmer at the edge
of a well. We saw and thought so many things,
couldn’t explain them even to witnesses,

charming as they were. In the end a piece of silk
is our reward, wide as a mountain’s flank
and caked with curious chevrons.

da Planisfero, di John Ashbery
(Traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan)

2 pensieri su “John Ashbery, “Planisfero” – Anticipazione editoriale

  1. Pingback: inediti di John Ashbery « slowforward

  2. Un grande poeta della vacuità e della desolazione che afferra l’anima dell’America, in questo suo stile “dimesso” e come svuotato. Ridotto all’essenziale del puro accennare. Come chi contempli immobile con le mani abbandonate in grembo. Peccato la brutta traduzione, sciatta e priva di ogni ritmo.

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