Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino
Poemas Imperdonables “Poesie imperdonabili” a cura di Tomaso Pieragnolo, Passigli Poesia 2011 (15,00 euro).
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Laureano Albán è nato a Turrialba, in Costa Rica, nel 1942. Fondatore di importanti associazioni di scrittori, come il Círculo de Poetas Costarricenses e il Movimiento Literario Trascendentalista (del cui ‘Manifiesto Trascendentalista’ del 1977 è coautore), professore di Teoria e Pratica della Creazione Letteraria e Membro Permanente della Academia de la Lengua Española, ha svolto diversi incarichi diplomatici per il suo paese: Ministro Consigliere all’ambasciata di Madrid, ambasciatore presso le Nazioni Unite a New York, ambasciatore Plenipotenziario in Israele, ambasciatore presso l’UNESCO a Parigi. Più volte proposto come candidato al Nobel, ha ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui il premio Adonais, il Premio Nacional de Poesía, il Premio de Cultura Ispánica, il Premio Hispanoamericano de Literatura, il Premio de la VII Bienal de Poesía, il Premio Internacional de Poesía Religiosa, il Premio ‘Columbia University Translation Center’, il Premio Centroamericano de Poesía ‘Walt Whitman’, il Premio Mundial de Poesía Mística. Nel 2006 ha conseguito il maggiore riconoscimento dato dal governo del Costa Rica per una vita dedicata alla cultura, il Premio Magón. Fra le sue opere, oltre a quelle presenti in questa antologia, ricordiamo: Geografia invisible de América (1982), Aunque es de noche (1983), e la vasta Enciclopedia de maravillas, in edizione bilingue inglese e spagnolo, iniziata oltre vent’anni fa e composta da quattro volumi con più di duemila poesie illustrate da oltre trecento pittori latinoamericani.
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INVOCAZIONE DOLENTE
Il dolore è sempre
maggiore dell’uomo,
e ciò nonostante deve
entrargli nel cuore.
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VLADIMIR HOLAN
Padre, come mi sta mancando
la tua forma di cadere,
la tua parcella di paura,
e questa ragione senza tregua d’essere villaggio
che sale dai tuoi occhi alla notte.
Come sanno d’erba deposta
il tuo nome senza città,
le reti screpolate delle tue mani.
Io, in solitario, ti dichiaro eroe,
ti nomino capitano delle dolcezze
smarrite e dolenti della terra,
ti abbraccio con la fretta dell’assenza,
e chiedo il tuo dolore, la tua piaga, il cieco
dono d’essere uomo rotto che mi manca.
Ho bisogno di cadere come cadesti
nella lenta atmosfera senza canti.
Ruotare sopra la terra
sotto colpi continui
di cui nessuno conosce l’artefice.
E tacere, tacere
sotto la certezza della furia.
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Alcalá de Henares, Marzo 1979
di Laureano Albàn
(traduzione di Tomaso Pieragnolo)
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INVOCACIÓN DOLIENTE
El dolor siempre es
mayor que el hombre,
y sin embargo tiene
que caberle en el corazón.
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VLADIMIR HOLAN
Padre, cómo me está faltando
tu forma de caer,
tu parcela de miedo,
y esa razón sin tregua de ser pueblo
que sube de tus ojos a la noche.
Cómo saben a yerba destronada
tu nombre sin ciudades,
las redes agrietadas de tus manos.
Yo, en solitario, te declaro héroe,
te nombro capitán de las ternuras
perdidas y dolientes de la tierra,
te abrazo con la prisa de la ausencia,
y pido tu dolor, tu llaga, el ciego
don de ser hombre roto que me falta.
Necesito caer como caíste
entre la lenta atmósfera sin cantos.
Rodar sobre la tierra
bajo golpes continuos
que nadie sabe quién los da.
Y callarme, callar
bajo la certidumbre de la furia.
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Alcalá de Henares, Marzo 1979
.
di Laureano Albàn
(traduzione di Tomaso Pieragnolo)
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INTRODUZIONE DI Tomaso Pieragnolo a POESIE IMPERDONABILI di Laureano Albán
“Crediamo definitivamente che la poesia, lungo il tempo, non abbia fatto altro che nascere, che tuttavia stia nascendo e ancora non abbia compiuto la luminosa funzione che avrà nella futura evoluzione dell’uomo” (dal Manifiesto Trascendentalista, 1977). Quando penso a Laureano Albán sempre mi sovviene la sua figura di poeta controcorrente, di inesauribile trascendentale che da cinquant’anni colma le sue pagine di trasparenza, di immagini ineffabili sorte dagli elementi terrestri, in un’epoca in cui la poesia ha cercato di spogliarsi di figurazioni e avvicinarsi al linguaggio quotidiano, quasi disgregandosi in esso. È raro trovare un autore contemporaneo di questo genere. Dopo i primi libri giovanili di poesia e saggistica pregni di quella prolifica ispirazione derivante dai maestri classici e moderni della letteratura spagnola e ispanoamericana (Este hombre del 1966, Las voces e Poesía contra Poesía del 1970, Solamerica e Chile de pie en la sangre del 1974, Vocear la luz, Sonetos Laborales e Manifiesto Trascendentalista del 1977, Sonetos cotidianos del 1978), Albán nel 1978 si trasferì in Spagna dal remoto Costa Rica e incontrò con stupore la stagione autunnale, sconosciuta al tropico, nell’aria austera e luminosa di Castilla, assunta dal poeta come simbolo ispiratore per tutto ciò che era stato perso nella scoperta dell’America, esperienza che maturò con la pubblicazione del libro Herencia del Otoño nel 1979.
Questo segno trascendente da quel momento diede forma a tutta la sua opera; iniziò così a fondere la chiara fonte della lingua e della tradizione poetica spagnola con il vitalismo della poesia latinoamericana. Fu un cambio definitivo nella produzione e nella vita del poeta: oltre a riscoprire in Spagna una visione più profonda ed esatta del proprio paese di origine, incontrò le fonti della storia continentale americana in strade ed angoli di millenarie città e di villaggi, che sollevarono in lui il ricordo ancestrale dello scopritore delle americhe, lo sguardo del passato precolombiano, una geografia reale ed interiore che lo coinvolse da molteplici prospettive.
Dopo questo viaggio, Laureano Albán iniziò a confrontarsi con un ampissimo orizzonte di istanze, di dubbi, di incertezze, di apparizioni e sparizioni, nella storia personale ed umana delle proprie ascendenze, guardando meravigliato nelle direzioni più imprevedibili dell’essere umano e del mondo, sviluppando la predilezione per i grandi temi, per l’ampiezza di vedute e la panoramica totale delle composizioni, che assunsero una tendenza neo-epica avvicinandosi ai percorsi del Canto General nerudiano e di alcune opere di Ernesto Cardenal.
Nel 1981, infatti, con El viaje interminable, considerato da molti come il suo miglior libro, descrisse il viaggio della scoperta del nuovo mondo e la conseguente distruzione/creazione del continente con un lirismo epico, mentre nel successivo Geografía invisible de America cercò di restituire l’essenza spirituale della sua ascendenza con l’invocazione elegiaca del paesaggio delle tre grandi civiltà precolombiane (Azteca, Maya, Inca) per giungere alla costruzione mito-poetica della realtà ispanoamericana, coinvolgendo entrambe le culture dell’ispanismo.
La vastissima opera del poeta costaricano non ha trascurato i temi della più pressante contemporaneità, già presenti in gioventù nel libro del 1974 Chile de pie en la sangre: dopo la profonda crisi personale documentata nel libro del 1981 La voz amenazada, in cui il poeta prese coscienza del fallimento dell’illusione giovanile, comune del resto a molti scrittori della sua generazione, di fare della poesia lo strumento trasformatore della società e del sentire umano (traguardo impossibile per qualunque artista), il disinganno e la frustrazione conseguente trovarono in qualche modo una salvezza ontologica nella parola e nella coscienza della perdita.
Con questo nuovo anelito rivelatore, Laureano Albán osservò nuovamente il mondo, dirigendo la sua ispirazione creatrice verso altre direzioni, specialmente verso quella stessa delusione che aveva causato la percezione del fallimento dei suoi intenti. Concentrò l’attenzione sul resto del suo continente scosso da regimi autoritari, cercando di rispondere ad una necessità personale e generazionale. Prese parte al dramma che divise il continente e dedicò la sua opera alle vittime delle dittature militari, che padroneggiarono nel Sud America fino alla metà degli anni settanta, con il libro Biografías del Terror del 1984.
Nello stesso periodo, mentre si documentava per concludere questo libro politico, decise di scrivere un libro di poesia religiosa, vocazione a prima vista diametralmente opposta, ma certamente negli intenti del poeta un altro modo per reclamare un diverso tipo di giustizia, una presenza ed un ordine provenienti da Dio. Per questo libro, Laureano Albán fissò la sua attenzione sui versi dolorosi di un altro artista, San Juan de la Cruz, il celebre frate carmelitano, cima della mistica classica spagnola, nel quale trovò una luminosa ispirazione che lo guidò a scrivere un poema profondo e intenso, Aunque es de noche del 1983. Tredici canti che riassumono una denuncia colma di modernità, l’ansia contemporanea di tutti gli uomini e l’antica domanda, che attende la luce nel mezzo delle ombre universali; benché in questi versi non ci sia cieco ottimismo, nemmeno c’è totale disperazione, perché la notte resta simbolo di una continua ricerca del dialogo e del confronto con Dio.
Nello stesso 1983 l’autore pubblicò Autorretrato y Transfiguraciones, libro di domande più intime e personali, in cui raccolse, in viaggio attraverso il proprio paese, le voci, le risposte, i mormorii, gli stimoli di una nuova e reciproca riscoperta, continuando nell’esaltazione delle immagini e delle metafore, in una continua fusione e conversione degli elementi naturali per la costruzione di un diverso cosmo dove riconoscersi.
A Gerusalemme, dove fu ambasciatore per quattro anni, nel 1989 scrisse Todas las piedras del muro, cento poesie di ispirazione biblica che captano l’essenza della cultura giudaica, pubblicato in una singolare versione in quattro lingue (spagnolo, inglese, francese ed ebreo), come omaggio del popolo costaricano a quello israeliano.
Seguì Suma de claridades del 1992, libro delicato e limpido, in cui il poeta recuperò l’intensa influenza e l’emozione dei luoghi della propria infanzia e della famiglia originaria. In quel decennio prolifico, iniziò anche a definire le oltre mille poesie della prima parte della Enciclopedia de Maravillas, che si cominciò a pubblicare nel 1995.
Per Laureano Albán risultò fondamentale appartarsi da ogni modernismo e muoversi verso la direzione in cui brillava, nella seconda metà del secolo scorso, la figura solare di Pablo Neruda; e nello stesso tempo, risultò primario il desiderio instancabile di lottare per superare in qualche modo il maestro, cercando di modificare i suoi insegnamenti nella variazione creativa e nell’approfondimento di certe immagini e di taluni significati di chiara discendenza.
Il raggiungimento di un proprio territorio, di una propria voce, richiese anni di riflessioni e letture, passando per teorie poetiche, laboratori e dialoghi dentro e fuori le aule universitarie, viaggi ed incarichi ufficiali all’estero per conto del proprio paese, nell’instabile e spesso tortuosa scuola del poeta.
L’intenzione della sua poesia fondamentalmente non è cambiata nel corso degli anni, la sua musa rimane l’immaginazione poetica, la facoltà poetica stessa, una forma di comunicazione non mediata in cui la potenza e l’atto poetico si considerano indistinguibili. “La poesia non ha altra motivazione che se stessa; né intelligenza, né ragione la assistono. Inerme è il suo immutabile splendore di stella unica”.
Laureano Albán condivide alcuni aspetti del romanticismo, ma trasfigura ed eleva la problematica romantica in un contesto linguistico più alto, spogliandola del pedante classicismo. Per lui la metafora è secondaria, prevalgono metonimia e ossimoro; la superficie dei suoi versi si colma di antinomie, il vivere è conflagrazione, svanire è la missione della nostra vita.
La sua poesia si può definire metafisica della presenza, quasi una struttura d’orme che restituiscono sia l’esistenza che l’assenza, dove la parola e il suo destino si succedono. L’onirismo presente nella sua opera è una forma di memoria ancestrale, storica e personale, che si riappropria delle cose quando già sono pura mancanza, una restaurazione della facoltà immaginativa della poesia mediante il modo intenzionale del sogno; attraverso la precarietà del vivere le cose si trovano sempre nel nucleo ardente della loro stessa fine dove, bruciando, si redimono nella propria distruzione.
Il mondo reale solo ottiene la pienezza nell’assenza, sull’abisso indifferente dell’omogeneo nulla. “Vivere è estinguersi, caricare il corpo verso la sua solitudine”; la trasparenza è ciò che sempre resta dopo qualunque distruzione. Forse è proprio questa la potenza della sua poesia, “sombra y asombro entrelazados”, ombra e stupore indissolubilmente intrecciati.
Per Laureano Albán la poesia è una condizione irrinunciabile, la tensione totale dell’essere verso il superamento della contingenza, verso una verità precisata e inaccessibile, che brilla in fondo al cammino come faro della dignità umana a cui l’uomo deve sempre rivolgersi.
Nei suoi versi si ode la continua osmosi tra l’indubbia esistenza dell’anima e la sua dimensione assoluta, che alimenta un profondo desiderio di evidenze future e compiute. Una poesia che non può rinunciare a sensazioni e sentimenti, che lo percorre come stupefazione della materia e dell’incorporeità, come fervore che attraversa la scintilla originaria della vita.
Coglie gli impulsi e le percezioni dal loro immaginifico spazio di effusione e vi si arrende con la libertà essenziale ad una rifondazione, ad un continuo concepimento delle parole e della loro melodia; un continuo scorrere che prende forza dall’enigma, una cognizione che si sostiene nella tensione e nell’attesa di una inafferrabile verità.
Come chi sente che la poesia è un destino inevitabile alla cui domanda non ha potuto sottrarsi, Laureano Albán da mezzo secolo perpetua un’opera quotidiana, perseguita nella gioia e nell’angoscia, in un’aura di sospensione metafisica; per lui la poesia è la condizione più alta dello spirito, è lo strumento puro della conoscenza ontologica, si dirige inequivocabilmente verso la somma dell’immortalità umana.
Con un rigore monastico e nell’interezza della consegna, senza compiacimento né egotismo, Laureano Albán insegue con dedizione il proprio rapporto metafisico con il mondo, con la storia umana e con la propria esistenza, nell’idea rigenerante che l’incognita della creazione mai si esaurisca e che l’identità non sia mai completamente raggiunta. Un lavoro continuo, assoluto, che non rifiuta il mistero dell’uomo e l’inconoscibilità del cosmo, ricevendo la vita in una concezione di vasta trasparenza, come simbolo certo di una superiore entità che tutto permea e conferma. E questo modo di sentire e vivere la poesia è come mantenersi in una dimensione che sempre tende al vero, in quella parte incorrotta d’infinità che nutre il nostro effimero futuro.
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Fonte parziale:
– nota introduttiva di Peggy Von Meyer al “Tomo I de Enciclopedía de Maravillas”.
– nota introduttiva di Juan Durán Luzio al “Tomo III de Enciclopedía de Maravillas”.
Caro Pieragnolo, che gioia trovarti qui oggi a presentarci il tuo nuovo superbo lavoro dedicato al grande poeta di respiro internazionale Albàn. La mente mi corre indietro allo scorso anno al ‘Camaiore’ dove fosti premiato per aver curato il gioiellino ‘Eunice Odio, Questo é il bosco’… Colgo l’occasione per porgerti gli auguri migliori di buone feste, e per un anno il 2012 foriero di grandi soddisfazioni per il tuo pregevole impegno, portandoci in Italia un approfondimento su questi straordinari autori. In questi giorni (in qualche misura restando in tema internazionale) particolarmente ‘festivi’ mi piace inoltre ricordare un grande che da qualche anno ci ha lasciati: Fabio Doplicher. Di cui molti ricorderanno i suoi innumerevoli pregevoli lavori letterari, ma in particolare vorrei ricordare il capolavoro antologico da lui curato e edito da Stilb nel 1984: ‘Poesia della Metamorfosi’; prospettiva della poesia in Italia e nel mondo al passaggio degli anni ’80. La più completa antologia internazionale della poesia contemporanea pubblicata in Italia . Opera(meravigliosa) che si avvalse altresì della collaborazione di Umberto Piersanti e Dino Zacchilli. Il mio invito é a una rilettura e a una rivalutazione dell’opera (oltre 700 pagine), attualissima! Un Doplicher che merita ancor oggi tutta la nostra attenzione e l’mpegno di tutti nel ricordarlo degnamente. Citiamo alcuni autori italiani e stranieri presenti nell’antologia: Accrocca, Albisani, Alvarado, Ai Qing, Arbore, Bellezza, Belluomini, Bigongiari, Blandiana, Boccanera, Caproni, Descamps, De Signoribus, Di Biasio, Freni, Finzi, Garufi, Gelman, Kinsella, Leonetti, Levine,Lunetta, Luzi, Manacorda, Majorino, Milanese, Mancino, Mussapi, Ortiz, Pagliarani, Pagnanelli, Petrov, Piersanti, Porta, Rosselli, Roversi, Ruffato, Ruffilli, Sanguineti, Santagostini,Spatola, Sexton, Transtromer, Valesio, Villa, Wiens, Volponi, Yoshimasu, Zlobec…………..
Mi allietano e mi ‘commuovono’ l’interesse e le risorse ingenti che si concentreranno nel 2012 in Toscana, seppur nelle nome del Pascoli, attorno alla POESIA. Tanto addirittura da programmare per settembre un festival di poesia contemporanea e un concorso per le scuole per omaggiare il poeta Pascoli nel centenario dalla morte. Tutto questo risveglio in lucchesia e nel fiorentino in nome della poesia certamente mi incuriosiscono molto e nel contempo mi ‘smuovono’ inquietudini e i campanellini della memoria… Ai posteri! Rosanna Lupi segr. Premio Camaiore