Il New York Times sceglie i 100 migliori libri del 2011 e al sesto posto, in ordine alfabetico, mette la nuova traduzione annotata dei Canti di Giacomo Leopardi di Jonathan Galassi, già traduttore in America di Eugenio Montale, edita da Farrar Straus Giroux.
I canti di Leopardi nella traduzione di Galassi sono stati indicati dai redattori del New York Times tra i 100 libri più interessanti (notable) del 2011.
Nella foto qui accanto il manoscritto autografo de ‘L’infinito’ di Giacomo Leopardi custodito alla Biblioteca Nazionale di Napoli.
La notizia spicca nella homepage del sito di recensioni letterarie Wuz.it sotto il titolo “I canti di Leopardi che affascinano l’America”.
“Con questa traduzione, Leopardi può finalmente diventare importante per la letteratura americana quanto Rilke o Baudelaire” il giudizio del quotidiano statunitense. Wuz.it commenta sottolineando che “ciò che rende la nuova traduzione di Galassi così eccezionale sta nel fatto che egli capisce, e riesce a rendere, quel delicato movimento di pensiero e di sentimento caratteristico della poesia leopardiana.
Galassi (che è anche presidente ed editor di Farrar, Straus & Giroux) cerca sempre di rimanere aderente al testo, ma soprattutto egli lavora per rendere le sue traduzioni poesie dotate di nuova vita. Così, se il dettato è ottocentesco, esso possiede un respiro anche molto attuale. Sembra, dunque, che l’ostacolo maggiore nella traduzione in lingua inglese di un poeta di grande densità come Leopardi, stia in un linguaggio percepito come vetusto, ‘da museo delle cere’, e in un movimento metrico-ritmico difficile da riprodurre”.
La Biblioteca Nazionale di Napoli
Alla morte di Giacomo Leopardi nel 1837, i suoi autografi rimasero in possesso di Antonio Ranieri, amico napoletano del poeta, che le custodì e ne preservò l’integrità per oltre cinquant’anni. Fu appunto Ranieri che ne dispose il passaggio per lascito testamentario alla Biblioteca Nazionale di Napoli, a cui le carte sarebbero pervenute, tuttavia, soltanto al termine di una lunga controversia giudiziaria. Espropriato dallo Stato nel 1897 e affidato dapprima all’esame di una commissione ministeriale insediata nella Biblioteca Casanatense di Roma e presieduta dal Carducci, il prezioso archivio leopardiano sarà ufficialmente consegnato all’istituto napoletano il 19 maggio 1907.
Oltre alla documentazione autografa della maggior parte dei Canti (tra gli altri Alla luna, L’Infinito, Ultimo canto di Saffo, A Silvia, Le ricordanze, Il sabato del villaggio, Canto notturno, ecc.) e delle Operette morali, il fondo conserva i manoscritti d’autore del Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), del Discorso di un Italiano intorno alla poesia romantica (1818), del Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani (1824), dei centoundici Pensieri (1831-1835) e, in primo luogo, le 4526 pagine dello Zibaldone (1817-1832), ora raccolte in sei volumi.
Cospicue sono peraltro le testimonianze epistolari e i materiali avantestuali afferenti al laboratorio leopardiano – quali abbozzi, schede di lavoro, annotazioni bibliografiche, programmi di lettura, ecc. – che sono in grado di documentare l’estesa e complessa parabola evolutiva della scrittura leopardiana dagli anni giovanili agli ultimi esiti del periodo napoletano. I manoscritti sono stati recentemente esposti al pubblico nelle mostre che hanno celebrato il 150° anniversario della morte del recanatese (1987) e il 200° della nascita (1998).