La traduzione di poesia: Ol’ga Sedakova
a cura di Luigia Sorrentino
—
Ol’ga Sedakova è nata a Mosca nel 1949. Si è laureata in Lettere all’Università Statale di Mosca (MGU) e all’Istituto di Studi Slavi e Baltici nel 1983. E’ poeta, filologa, traduttrice, saggista e dottoressa di teologia honoris causa. Vive a Mosca. La raccolta delle sue opere in due volumi è stata pubblicata a Mosca nel 2001, nell’edizione russa En Ef K’ju/Tu Print: (O. Sedakova, Proza, Stichi, Moskva, 2001, voll. I-II.). Il primo volume, dedicato all’opera in versi, comprende cinquecento pagine di poesie. Il secondo volume, dedicato alla prosa, si apre con un racconto autobiografico (già tradotto in Francia), che riassume e annuncia tutta l’attività letteraria della Sedakova: Pochvala poezii (Elogio della poesia). Il testo diffuso alla fine degli anni ottanta tra i lettori di Mosca e Leningrado, circolava in edizioni dattiloscritte, Samizdat. L’opera della Sedakova è stata curata da A. Velikanova.
—
In memoria del poeta
.
La cosa principale è la nobiltà d’intento, come dice Josif
(da una lettera di Anna Achmatova)
1.
E lo sguardo fissando
in cielo, nell’azzurro cieco,
vuoto il sembiante;
dritto, come spillato;
come uno sguardo reca in sé,
nel fumo suo che sale
tutto ciò ch’è davanti
masserizie, robe, vasellame;
come grembo di laguna,
le corde sepolcrali
delle Muse sorelle
assorbono: odore, suono,
visione, affondando
nel silenzio del cantatore,
nel confine
dell’esilio, al di là della fine –
2
Così l’estinto porta con sé
dopo aver chiuso il suo tomo
quell’autunno tardivo
intitolato «a lui»,
quella torre, quell’arco,
quelle meravigliose fessure
quella piazza San Marco
dove camminavamo noi tre.
3
Né amico, né compagno
(né fratello? né sodale?),
nel tintinnio dell’armonia
la scala armonica natia
padroneggiando,
come colui,
che già prima ha deciso,
che la vita
non l’attrae
e che la morte
non l’abbatterà:
come timone
di nave, come redini di cavallo
come i viandanti
e le stelle,
un angolino
di terra:
più è vicino, più è piccolino:
una cappella, il bazar…. è
cosa strana il suono!
Melchiorre, Baldassarre.
Avamposto. Altopiano.
Unione segreta,
il suono, dolore strano!
Al servizio delle Muse.
Ma lui cosa cercava,
lo spirito, che tutti aveva abbandonato?
il corno che confidava nel Re Carlo?
Il fumo che ricerca l’alto: più in alto!
4
Oh sì, siamo nati noi
in distese diverse,
dove, un’antica pietà
non vedendo i vivi
con l’ala spezzata,
è, da quelli come lei attratta
(e non Donna Offesa:
apolide tenebra),
da chi è smarrito,
da chi è avvilito,
da chi, per un nulla, è assassinato,
da chi, ad uscir di senno, è portato…
5
Rematore in una galera,
orco in catene,
scorta nell’immensità,
dalla steppa immensa
l’ansietà loro depositano
in colui, ch’è il più ardente di tutti:
più in alto!
Qui non si può
senza questo: più in alto!
Semmai,
deglutito il nostro «No!» eterno,
il tuo zaino e la tua lama diranno:
Vergogna: Cannibale!
6
Come piccola porta,
aperta all’uccel di bosco,
come il cuore
ostile all’inclinazione della terra:
sei carne libera
da tutte le gravità.
Chi potrà restare,
quando inizierà a navigare?
7
Non è un fumo di macerie
non assalti alle montagne
né paesini che anime
sfiatano nella tenebra,
non braci che covano,
non ceneri, né infuocate pene,
è fumo, è sera di preghiera,
e come Shiva ha cento mani.
8
Barcolla in principio
su gambe ovattate
turbinando, affondando,
zigzagando nelle macchie:
e su ogni distruzione
sulle valli di lacrime
– O Gloria a Te
Signore, – inizia! –
Si mette in ginocchio
proprio come il cuore dei re
incenso benedetto
degli altari terreni.
9.
..Mare di sera,
gioia per Saffo,
stella dopo stella,
strofa dopo strofa…
Là più non rammentano,
chi è morto e chi è vivo.
Salariato stanco,
dopo aver liberato i buoi….
Che cosa c’è di più puro
di ciò ch’è bruciato fin in fondo?
Che l’infinito non ha fondo e
che alle stelle non c’è fine…
10
Come bimbi che giocano:
«Un due tre, prima a me!»
nel paese
dell’universale, nella terra dell’assenza –
papavero
dell’oblio,
miele della memoria,
chi partirà per primo
li porti via con sé,
là, dove, come le sorelle,
incontra la risacca,
dov’è il cielo, dov’è l’isola,
dove: Dormi in pace, caro!
—
Francesca Chessa è nata a Alghero. Si è formata presso l’Università degli studi di Roma e presso l’Università degli studi di Sassari, dove ora insegna. E’ studiosa della letteratura, filologa e linguista. Traduce letteratura, filosofia e poesia russa. Ricercatrice multidisciplinare che incrocia/incontra gli interessi letterari e linguistici con la scienza della visione e le applicazioni informatiche.