“E’ definitivamente stabilito che il treno speciale a disposizione dell’Illustre Professore giungerà domani alle ore 11,52 e ne ripartirà per Lucca alle 11,57, dove giungerà alle ore 13 precise. Facciamo i voti migliori, perche’ le speranze nostre e di tutto il Paese, di una rapida guarigione siano esauditi”. Il telegramma arriva il 16 febbraio del 1912 ad Alfredo Caselli, un caro amico del professore, a mandarlo è un funzionario
delle Ferrovie. Il giorno della partenza quindi è arrivato: è il 17 febbraio, ed il paziente che lascia in tutta fretta la Valle del Serchio è il poeta Giovanni Pascoli, gravemente ammalato di tumore, che abbandona così per sempre la sua amata casa di Castelvecchio, a Barga (Lucca), per Bologna, dove meno di due mesi dopo morirà.
A cento anni di distanza, venerdì 17 febbraio, alle ore 11, a Gallicano (provincia di Lucca), nei pressi del casello del Salice, dove si fermò il convoglio, il prefetto di Lucca Alessio Giuffrida, il presidente della provincia di Lucca Stefano Baccelli, il sindaco della cittadina Maria Stella Adami, il primo cittadino di Barga Marco Bonini, i parlamentari Andrea Marcucci, Nedo Poli e Raffaella Mariani, i consiglieri regionali Marco Remaschi e Ardelio Pellegrinotti, il presidente della Fondazione Pascoli Alessandro Adami, ricorderanno nel
corso di una cerimonia la partenza del poeta.
Fu la sorella Maria, nel libro di memorie “Lungo la vita” a raccontare il deterioramento delle condizioni di salute del poeta. Il suo medico curante, il barghigiano Alfredo Caproni, aveva informato il professor Severino Bianchini, romagnolo, amico dalla giovinezza di Giovanni, e direttore dell’ospedale di Lucca. “Una
visita brevissima bastò a rendermi conto della situazione tragica, e ci dicemmo con lo sguardo le parole fatali: Giovannino è finito”, scrisse Maria, familiarmente chiamata Mariù.
La notizia sull’aggravarsi della malattia di Pascoli raggiunse velocemente i suoi tanti estimatori. A Castelvecchio arriva anche una comunicazione di Gabriele D’Annunzio: “Leggo stamane cose che mi
rendono inquieto. Prego telegrafarmi assicurandomi. Dica a Giovanni che gli sono vicino. Lo abbracci per me”.
A questo punto si doveva organizzare al più presto il trasferimento, tante volte rinviato (anche a causa della malattia dell’adorato cane Guly), a Bologna. Sono gli amici più cari a chiedere alle autorità una carrozza speciale, che sarà concessa grazie all’interessamento dell’allora ministro della Pubblica istruzione, il ravennate Luigi Rava. Così il 17 febbraio 1912 è tutto pronto, il convoglio decise di fermarsi al casello del Salice nel comune di Gallicano, piu’ comodo da raggiungere e reso praticabile nel corso della notte dagli abitanti che avevano colmato un ripido dislivello proprio per consentire il passaggio del poeta.
“Poi salì sul treno con Maria e i due medici- si legge in ‘Lungo la vita’ – appena dentro nel saloncino per malati ebbe un lampo quasi gioioso, di quella sua gioia che sembrava infantile nel vedere quella vettura quasi camera da letto. A Lucca salì a salutare e a portare i soliti piccoli doni il Caselli; il viaggio fu compiuto
senza disagio; verso le 18 si arrivò a Bologna (erano alla stazione alcune delle autorità bolognesi, lo Zanichelli, studenti) e poi la casa in via dell’Osservanza”.
Il poeta infine morì a 57 anni, poco dopo, il 6 aprile del 1912. Ad onorare l’ultimo viaggio del poeta, in quell’inverno di cento anni fa, la gente di Gallicano, ci pensò subito. E infatti nel settembre del 1912 un comitato pubblico depose una lapide a Piezza, frazione del comune della Garfagnana, ad opera dello scultore lucchese Francesco Petroni “Qui Giovanni Pascoli, il 17 febbraio del 1912, piangendo dette l’ultimo lampo dei suoi occhi alla valle dei buoni e degli umili, che dopo averla amata, immortalo'”.