Salvador Dalì torna a Roma dopo quasi sessant’anni e lo fa in grande stile. Il genio catalano, uno dei padri del Surrealismo e uno dei più popolari e apprezzati artisti del Novecento riceve, a 23 anni dalla morte, l’omaggio di Roma con una grande esposizione al Complesso del Vittoriano: “Dalì. Un artista, un genio” dal 9 marzo al primo luglio 2012.
La mostra, attraverso 103 opere tra olii, disegni e acquarelli, oltre a moltissimi documenti, fotografie, filmati, lettere, oggetti, vuole tessere il filo tra l’artista e il genio per restituire a tutto tondo il Salvador Dalì che ha saputo creare dalle sue eccentricita’ caratteriali e biografiche un universo affascinante e suggestivo di immagini plastiche e letterarie davvero uniche. Era dal 1954 che Roma non dedicava a Dali’ una mostra di queste proporzioni. Allora fu lo stesso genio di Figueras a riempire la scena, accompagnato da alcune delle sue maggiori opere e da momenti di “happening surrealista” come quello della conferenza stampa di cui c’è un filmato dell’Istituto Luce.
A curare la mostra Montse Aguer, direttrice del Centro per gli studi daliniani alla Fundaciò Gala-Salvador Dalì, e Lea Mattarella dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, che hanno puntato a documentare la grandezza dell’artista e l’originalita’ del personaggio, il cammino umano e creativo di un uomo che ha contrassegnato un’epoca con la sua opera.
Nel percorso espositivo, particolare rilievo e’ stato inoltre assegnato alla relazione tra Dali’ e l’Italia, della cui cultura fu profondamente influenzato. Una relazione che e’ stata oggetto di nuovi, inediti approfondimenti. Il confronto con i maestri del passato, soprattutto con quelli, insuperati, del Rinascimento italiano, e’ infatti alla radice della sua poetica.
Un dialogo costante che, lontano dall’emulazione, si tinge di scontro, sfida, lotta, competizione alla pari. Dali’ vuole ardentemente essere Raffaello o Michelangelo, arriva a inserire perfino il suo nome in un foglio autografo (presentato in mostra) dove valuta stile, colore, invenzione, disegno dei giganti dell’arte antica. A documentare questa tensione, ecco un’opera degli esordi che e’ proprio il giovanile ‘Autoritratto con il collo di Raffaello’ del 1921, in cui l’artista rivela fin da subito il suo desiderio di identificazione con il Divin Pittore. E non manca la sua rivisitazione di Michelangelo, che invece chiude la rassegna. Immagini ispirate alla Pieta’ vaticana e al Giorno e la Notte delle Cappelle Medicee a Firenze mostrano come per il pittore spagnolo guardare all’antico non abbia significato fare a meno del proprio lato visionario.
In mezzo ai due grandi del passato, scorre il mondo onirico, inquietante, denso di suggestioni di Dali’. Dopo la fase divisionista (Bagnanti) e realista (Ritratto di ragazza del ’25), arriva l’incontro con Picasso e il cubismo (Omaggio a Satie), ma soprattutto con Gala, sua compagna di vita, e il surrealismo, documentato da una carrellata di capolavori, tra cui ‘Il sentimento della velocita”, ‘Figura e drappeggio in un paesaggio’, ‘Gradiva ritrova le rovine antropomorfiche (fantasia retrospettiva)’, ‘Il piano surrealista’, ‘Cortile Ovest dell’Isola dei morti (ossessione ricostitutiva da Boecklin)’, ‘Coppia con la testa piena di nuvole’, ‘Autoritratto con pancetta fritta’, ‘Eclissi e osmosi vegetali’,’Singolarita”, ‘La couple’, lo ‘Spettro del sex appeal’, ‘Impressioni d’Africa’, scaturite da un viaggio in Sicilia.
Il rapporto con l’Italia non ha riguardato solo l’arte classica. Dalì entrò in stretto contatto con l’intera produzione culturale italiana del Novecento. Non solo i Valori plastici di de Chirico, ma anche l’interscambio con registi come Visconti o Fellini, o Anna Magnani con cui sognava di fare un film. In mostra c’e’ perfino la Vespa della Piaggio su cui Dali’ intervenne nel 1962: lo scooter, infatti, venne ribattezzato Dulcinea come la donna amata da Don Chisciotte, una delle molte ossessioni del visionario Dalì.
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