Riletture, di Giorgio Galli
a cura di Luigia Sorrentino
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Wislawa Szymborska, Nozze d’oro
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Se mi chiedessero d’indicare, fra le poesie che conosco, quella che più mette a fuoco l’amore, quella che più “fa centro” sull’amore, io sceglierei questa. Alcune settimane fa, poco dopo la morte della poetessa, lo scrittore Roberto Saviano ne ha letto alcune poesie in una puntata della trasmissione Che tempo che fa e ha dichiarato che nessuno ha saputo scrivere l’amore come la poetessa polacca. Credo che Saviano abbia detto giusto, ma bisogna entrare più nel merito e dire qualcosa del perché Szymborska avesse questo dono.
La perfezione delle sue poesie consiste nel saper dire tutto il dicibile su di una cosa in modo semplice e nudo, tenendo però sempre a mente che il dicibile è solo una piccola parte della cosa stessa, e che la sua identità, la sua magia risiedono in tutto ciò che non può esser detto. L’arte di sfiorare tocca uno dei suoi risultati più alti, perché Szymborska ha la capacità di cogliere, stando in periferia e senza osare avvicinarsi al centro, tutte le notizie essenziali che alla periferia arrivano dal centro, e di dirle con grazia. Se la poesia di Kavafis, diceva Pasolini, non “parla la parola”, ma la cosa, quella di Szymborska nasce dalla maestria nell’uso della parola accompagnata all’acuta consapevolezza dei limiti della parola stessa. L’essenziale non è solo quello ch’è scritto nella poesia: lo si avverte soprattutto “fuori” dalla poesia, in quel non detto che però si lascia percepire al modo che la corda del sol risuona sul pianoforte in simpatia con quella del do -ed è proprio nel trovare la giusta tensione polare fra il detto e il non detto stia l’arte. Szymborska, quest’arte, la padroneggiava a meraviglia. E un oggetto così inafferrabile come l’amore, così poco dicibile malgrado tutto il diluvio di parole che su di esso è stato scritto, ne guadagna. In Szymborska l’amore non è estasi e nemmeno tormento, non è fatto di momenti mirabili, è assolutamente concreto, calato nella quotidianità. E’ un amore descritto attraverso i gesti piuttosto che indagato.
E’ per questo che l’amore nella poesia di Szymborska è così vero. Perché le poesie d’amore di Szymborska sono una variazione continua sul sentire quotidiano dell’ineffabilità dell’amore. Parlano d’un amore così vicino a noi che vi aderiamo con molta più naturalezza che ai raffinati ricami di poesie più “alte”, ma meno vere.
L’amore non è fatto di poesie: è fatto di gesti, di cose. L’amore ha sempre un corpo. E il cuore, quando è caldo, non parla.
Ma tutto questo non basterebbe se Szymborska non fosse dotata di due qualità che raramente vanno insieme, e che in lei invece si intersecano con una felice e misteriosa simbiosi: una finissima sensibilità e la capacità di non prendersi sul serio. Quella di Szymborska è una demistificazione piena di umanità, e non credo di sbagliarmi se dico che le sue virtù sono virtù femminili, e che una natura come la sua difficilmente l’avremmo trovata fra i poeti di sesso maschile.
(Giorgio Galli)
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Nozze d’oro, di Wislawa Szymborska
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Un tempo dovevano essere diversi,
fuoco e acqua, differire con veemenza,
depredarsi e donarsi
nel desiderio, nell’assalto alla dissomiglianza.
Abbracciati, si sono espropriati e appropriati
così a lungo,
che tra le braccia restò l’aria
diafana dopo l’addio delle folgori.
Un giorno la risposta anticipò la domanda.
Una notte intuirono l’espressione dei loro occhi
dal tipo di silenzio, al buio.
Il sesso sbiadisce, si consumano le reticenze,
si incontrano nella somiglianza le differenze,
come tutti i colori nel bianco.
Chi di loro è duplicato e chi non c’è?
Chi sorride con un duplice sorriso?
La voce di chi risuona per due voci?
All’asserire di chi annuiscono cortesi?
Con il gesto di chi portano il cucchiaio alla bocca?
Chi ha tolto la pelle a chi?
Chi è vivo e chi è morto qui,
impigliato nelle linee -di quale mano?
A forza di fissarsi nascono i gemelli.
La familiarità è la migliore delle madri
e non fa preferenze tra i suoi due pargoli,
a malapena ricorda chi è chi di quelli.
Nel giorno delle noze d’oro, giorno solenne,
il medesimo colombo si posò sul balcone.
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(traduzione: Pietro Marchesani)
Mi permetto di sottolineare la fortunata alchimia tra un grande poeta e un grande traduttore. Pietro Marchesani è riuscito a penetrare il mondo poetico di W. Szymborska così intimamente da restituirlo integro nella complessità dell’opera. In fondo si è trattato di un matrimonio perfetto in qualche modo simile a quello che traspare dalla poesia ‘ Nozze d’oro ‘
Luciana Moretto