Nello scaffale, Stig Dagerman
a cura di Luigia Sorrentino
—
Stig Dagerman è stato accostato ad autori del Novecento come Camus, ma se le convenzioni letterarie hanno gioco in questo avvicinare, per contenuti e qualità di scrittura Dagerman ha un carattere solo suo. Nei decenni scorsi sono apparsi in italiano vari titoli dello scrittore scandinavo, editi da Iperborea, tra cui Bambino bruciato, Il viaggiatore e Il nostro bisogno di consolazione.
Lo stile di Dagerman è asciutto e nello stesso tempo la pagina brucia, porta un intero mondo. L’angoscia che spesso traspare, nucleo di un umanità che non trova risposte, così come l’amarezza di cui soffrono i suoi personaggi, specchio dell’interiorità di Dagerman, possono in parte spiegare anche lo sconforto cui infine cedette. Ne II nostro bisogno di consolazione scriveva: “L’unica cosa che importa è quella che non ottengo mai: l’assicurazione che le mie parole hanno toccato il cuore del mondo”; nella breve postfazione a L’uomo di Milesia, un racconto che faceva già parte de I giochi della notte e ora edito da Via del Vento edizioni, Marco Alessandrini nota che tuttavia lo scrittore “non raggiunge mai l’irraggiungibile: non scioglie il caotico, irredimibile nodo emotivo.” Proprio questo tumulto interiore ce lo avvicina, ne fa uomo dei nostri tempi, con quella provvisorietà che tocca l’andare nella notte senza uscirne, lasciando scorie di incanto, bellezza e desolazione. La follia che cresce su se stessa ne I vagoni rossi (inedito fino ad oggi in Italia) sembra indecifrabile, come i caratteri che il protagonista del racconto legge sui vagoni dei treni e che lui pensa si celino ai più, ma siano un segno del male più profondo.
Stig Dagerman scrisse avvicinandosi a verità che portano ad una solitudine irredimibile. E’ come se un significato diventasse possibile solo nella nostra miseria e non oltre questa, quasi che tutto sia in questo stare dentro le cose che è ciò che ci aspetta ogni giorno e ci fa uguali nel silenzio di Dio, che non parla, ne indica, tantomeno promette al di là del presente.
Nadia Agustoni