Transeuropa Nuova poetica pubblica nel 2012 un’opera densissima di William Faulkner, Poesie del Mississippi, (Mississippi Poems) nella traduzione di Vanni Biancone. Scrivere sul serio, era il sogno dello scrittore, sceneggiatore, poeta e drammaturgo statunitense al quale, nel 1949, fu conferito il premio Nobel per la Letteratura. Faulkner, scomparso nel 1962, ‘abituato a vedere il mondo dall’occhio delicato e (chirurgico) con cui inciderà tutte le sue opere’, come evidenzia Marco Missiroli nella prefazione al libro, è uno dei più importanti scrittori statunitensi del Novecento.
‘Ricorderò quest’albero, da vecchio,/ il colle, come il sole inonda la vallata/’ scrive. Sono i versi che aprono la raccolta all’interno dei quali ciascuno può ritrovare se stesso, il proprio paesaggio. Già nell’incipit, infatti, c’è tutta l’emozione del poeta, spinto dalla necessità di testimoniare ciò che per sua natura ‘è insito’ in ognuno di noi. Ricorderò l’oro mattutino – scrive – che entra nella tinta verde del pomeriggio, barattato poi nel sonno a fine giornata? E’ la domanda che pone Faulkner e che caratterizza fin da subito, il pensiero provocatorio e complesso della sua poesia. Essere o non essere, è, da sempre, il problema. L’interrogativo, che non sembra trovare risposta. O meglio: trova la risposta che ciascuno vuole trovare, secondo il proprio destino, la propria necessità.
Mi soffermerei ancora sulla parola sonno, (sleep), che ci sorprende a fine giornata. Che tipo di sonno è? E che fine di giornata è? Il sonno che ci rende sordi e ciechi? Il tramonto della vita? Una specie di morte prematura che ci spegne, che smorza la belle tinte del giorno, la presa di coscienza che la durata qui ha un limite, anche nel ricordo? ‘Che corpo sagomano i ricordi delle mani per turbare/ il cuore se scordato l’ha la mente’ – scrive ancora Faulkner. Quel che la mente ha dimenticato, il cuore può sagomare. Ecco la densità. L’algida pena del creato.
Infine, un dettaglio importante che ci arriva dall’uomo e dal poeta-scrittore: Faulkner credeva che ogni scrittore volesse innanzitutto essere poeta. Perché? Perchè uno come Faulkner, che conferisce all’immagine tutto il proprio mondo psichico sembra volerci ricordare che ‘la mancanza d’amore si radica’, annerisce insieme a noi, diventa… polvere. Ecco, in sintesi, il precorso che compie il nostro grande poeta imprimendo in noi emozioni profonde.
(di Luigia Sorrentino)
—
Poesie del Mississippi
I.
Ricorderò quest’albero, da vecchio,
Il colle, come il sole inonda la vallata
O l’oro mattutino acquista il verde pomeriggio
Rivenduto poi per sonno a fine di giornata?
E’ come chiedere al vino quali mature
Uve calde distillarono i purpurei soli,
O a me
Che corpo sagomano i ricordi delle mani per turbare
Il cuore se scordato l’ha la mente.
Languide ali di vento piumate sulla cima
Sagomano gli alberi, vaghe e fuggitive,
Per scuotere il mio cuore con la valle e la collina
Quando né valle né collina ormai non vive.
Ma concedimi questa luna coniata in argento
E, imbrigliati centauri del vento vorticati
Dalla Grecia, tinti di bellezza al suo meriggio,
Di cavalcare l’antica algida pena del creato.
di William Faulkner
(Trad. di Vanni Bianconi)