Opere Inedite, Angela Caccia
a cura di Luigia Sorrentino
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Autopresentazione
“Breve o lunga che sia una biografia, c’è il rischio che un troppo o un troppo poco non restituisca le giuste coordinate, non tanto dell’autore, quanto della visione che l’autore ha di sé. Mi perdonerà il lettore se, tenendo ben puntato quell’obiettivo, proseguo a ruota libera e inizio dalla fine di questa presentazione:
f.to IO … e nel pronome includo chi scrive per cercarsi e comunque non si arrende a rimanere una X.
L’ho riletto in un mio vecchio diario, mi ha intenerito e in fondo quella firma è ancora la mia.
La poesia è tuttora lo specchio che mi rimanda, nel bene e nel male, i miei lineamenti, mi dà la consapevolezza di un ineffabile e chiarifica in qualche modo il resto. Inoltre scrivere di poesia riesce come a dosare in me un certo disincanto, anche se ne ignoro le dinamiche.
E qui avrei ultimato la mia biografia di scrittrice di versi se la donna non rivendicasse un suo spazio, perché, se non è al di sopra, va certo al di là della scrittrice. E’il suo mondo di affetti, famiglia e amici di quelli importanti, di pensieri – molti rubati ai grandi, altri che da questi si sono slanciati – che scorrazzano in libertà e inseguono, o si lasciano inseguire da, un’emozione. Altri ruoli insomma che negli anni si sono armonizzati tra loro. E’ la donna che, di fatto, tra vissuto e quotidiano, impasta da sempre la scrittrice
(… questo è quanto una X è riuscita, sin ora, a racimolare di sé).”
Angela Caccia
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Poesie inedite
L’INDISTINTO
Ti scrivo dall’aurora…
al cielo è incollata una sola stella
l’ombra di velluto ora è un velo
un grumo di luce sporca il buio
si è infranto il silenzio del passero che
dormiva sul ramo e si sognava fiore
dalle macerie fumanti della notte
incede l’alba, l’indistinto si fa bordo
mi restituisce la strada.
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TERRA DI VENTI
Sono la tenerezza muta
nessuno l’ha coccolata
attendeva un passo
e s’è fatta nostalgia
sono l’odore che mi dilata ad
una suggestione ma non so
se è più ricordo o fantasia
e l’ombra raso muro che canta
al sole – un sole di cartolina
abbaglia senza calore
sono la piazza che grida di
uccelli felici e le corde di
una chitarra che lascia
cadere grumi di malinconia
sono l’acqua inquieta
e l’onda piccola
entrambe danno forma al mare
sono terra di venti e un soffio mi sbaraglia
sono questa poesia
mi restituisce zolla
e impietosa mi racconta.
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IL RAMO E LA FOGLIA
Una pagina vuota
la poesia che avrei scritto
così mio mi allungavo di te
io il ramo e tu la foglia
ero il Piccolo Principe e tu la rosa.
Sapevi di bozzolo
modulavo al tuo respiro
il mio a farti compagnia
…odoravi di buono
nel castello
con me
tra le fate.
Del tuo pianto
s’inumidirono le mie labbra
cavai dal cuore ogni sapienza
e crebbi madre.
Sul crinale di solitudini
bolle colorate di rabbia e d’allegria
– strane alchimie della pubertà.
Ora sei altro da me.
Ora sei l’uomo che io sognavo
che tu non speravi. Ho spinto il tempo
e lui ti ha colmato di sé
è lui che ha spaccato a freddo quest’anima
che era nostra, che era una.
La tua è la metà vigorosa
non ha sofferto il taglio,
la mia… la mia è di madre
e non legittima dolore.
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PAROLE SCRITTE IN FUGA
Mano impudica, volteggi sul corpo amato
a spumeggiare sottopelle intime fibre
curiosa frughi come
a stanare un’anima
che nicchia
avida ti spalmi padrona
ora t’inarchi sinuosa
poi t’acquieti e taci…
Vogliosa di odori hai sparso i tuoi
così selvaggi e bradi.
Parole parlanti le tue
parole scritte in fuga
corrono scalze
su frescure di sabbia
tersa d’aurora.
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Angela Caccia
Cara Signora,
le sue poesie sono molto belle e mi dispiace tanto che Lei non abbia voluto aserire al nostro progetto che, pure, avrà una ricaduta a livello nazionale.
L’arte va condivisa, non può rimanere in una nicchia elitaria.
Complimenti, comunque!
Rosa Maria Romano
Come vede, Gentilissima, io le condivido le mie poesie. Le condivido tanto che preferisco “ubicarle” in siti prestigiosi, come questo che le ospita, anzichè affastellarle in un’antologia.
Grazie ancora e complimenti per il Suo lavoro.
Angela Caccia
Scrive Eugenio Lucrezi. Devo da molto tempo una lettura ad Angela Caccia, e mi scuso con lei per un ritardo che è però delay connaturato al cimento del verso, che è poi scrittura nel tutto della lingua e pratica di sottrazione – non di fuga!- da quel corpo immenso, ecolalico, inespressivo e beato, ottuso nell’accumulo. Ho letto senza la dovuta attenzione (che poi non può non essere attenzione assoluta) una sua silloge inedita, ma non trovavo il tempo di scrivere. Scrivo adesso, dopo averla trovata nel blog di Luigia quasi per caso, e sono contento della circostanza,
Quattro poesie, e subito il dettato si pone come singolarità: sola stella, che chiama le questioni della fisica, l’in/formazione del cosmo dal disordine, il precipizio dell’indistinto in inflazione accelerata, e chissà se il velo che copre la luce ha a che fare con i neutrini e con la massa/energia oscura, insondabile e inevidenziabile che sarebbe, a detta dei fisici, contraltare alla forza attrattiva gravitazionale, e spinta irrefrenabile all’allontanamento delle galassie; tanta luce sporca il buio, e questo è quanto. Il tema della singolarità, che nella scrittura poetica è sempre centrale, pur nella curvatura dello spazio/tempo e nell’indecidibilità del centro, torna curiosamente ancora nel primo testo, lì dove l’indistinto si fa bordo, e richiama il raggio fotonico imprigionato al limite dell’orizzonte degli eventi, che non cade e non si eleva, che –ci dice Stephen Hawkins – ci mostrerà alla fine come il buco nero è meno nero di quanto si pensa, il giorno che saremo capaci di vederlo. Angela Caccia non pensava alla cosmologia quando ha tracciato queste linee? Non fa niente, un altro lettore penserà ad altro (il guaio sarebbe se nessun lettore pensasse, nel leggere, ad alcunché). C’è allora una memoria esterna al soggetto ad agire, estromettendo l’io lirico? Ricordo o fantasia (siamo al secondo testo) sono pari, entrambi figli immaginali dell’anima del mondo e ombra che canta al sole, soffio che sbaraglia la soggettività del versificante. Qui, nel secondo testo, la poeta addirittura si fa odore che si dilata ad una suggestione, e questo mi pare interessante. Terzo e quarto testo mi piacciono di meno, nell’assertività sentimentale il soggetto ritorna al centro della scena e non dice il vero dell’indistinto, del velo, della luce che sporca il buio, ma dice la pulizia della conciliazione, che non è faccenda della poesia, mi pare. E qui finisco, dicendo che la poesia che ho letto è cosmetica come intende James Hillman, e cioè svariata e composita un po’ come il cosmo, che non è universo alla cristiana, ma tutt’al più multiverso (polisemico e politeista). Complimenti ad Angela anche per il suo garbo, e a Luigia Sorrentino per il lavoro che fa e ci dona.