“Del tanto che l’anno passato / soffrimmo, del freddo, del vento, / i brividi a volte risento/ qui, ne la mia pace, se fuori / odo con gli interminabili / fili garrire la bora, / Giorgio, quel freddo di allora / certo tu l’hai obliato”. Sono i primi versi di una poesia inedita di Umberto Saba, trovata fra le carte degli archivi di Anita Pittoni, nel fondo che doveva costituire il nucleo portante del Centro di Studi Triestini. Sicuramente il poeta si riferiosce a Giorgio Fano, l’amico assieme al quale nell’anno 1919 Saba comprerà la Libreria antiquaria. E’ probabile che si tratti, in questo caso specifico dei primi versi di una poesia poi rimasta incompiuta, o addirittura confluiti in un’altra poesia dello stesso Saba con una struttura del verso diversa, perché sottoposta a ‘variante’. Infatti, con la poesia inedita sono state rinvenute nel fondo pittoniano altre quattro poesie manoscritte di Saba che rappresentano versioni totalmente differenti delle poesie edite.
Il Centro fu ideato dalla Pittoni nel 1966 con lo scopo di raccogliere il meglio della produzione manoscritta degli scrittori triestini, da Giotti a Saba a Svevo. La Pittoni non trovò però il sostegno per il suo progetto ma, ciò nonostante, continuò a raccogliere materiali, documenti, manoscritti da tutti gli artisti e gli scrittori che frequentava. Un fondo, insomma, in parte di proprietà del Comune e in parte dell’editore Simone Volpato. La poesia inedita, senza data, è della parte di proprietà di Volpato, che la esporrà nella mostra alla Biblioteca Statale ‘Stelio Crise’ intitolata ‘Anita Pittoni: carte private’ e che oggi si presenta come un vero e proprio tesoro archivistico letterario, in grado da dare lavoro ai filologi per i prossimi anni.
Il fondo continua a sfornare sorprese, e come in un puzzle permetterà di ricostruire nel dettaglio una delle più straordinarie stagioni cuturali di Trieste, tra gli anni Quaranta e Sessanta.