Nello scaffale, Stefano Lorefice
a cura di Luigia Sorrentino
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Stefano Lorefice è nato alla fine degli anni settanta in provincia di Sondrio. Si è poi trasferito a Roma, e ha vissuto anche diverso tempo in Francia. Ha pubblicato la raccolta di poesie “L’esperienza della pioggia” (Campanotto Editore, 2006), le plaquettes “Prossima fermata Nostalgiaplatz” (Clinamen, 2002) e “Budapest Swing Lovers” (Edizioni Clandestine, 2004). Nel 2010 è uscito il suo primo romanzo “Il giorno della Iena” (Eumeswil Edizioni), dopo la raccolta di racconti “Cosmo Blues Hotel” (Edizioni Clandestine, 2004).
Oggi leggiamo alcune sue poesie tratte da “frontenotte” transeuropa edizioni, 2011 (€ 15,00). Il testo che ci consegna Lorefice si muove su un lungo piano-sequenza, fino ad un confine estremo. I versi conducono il lettore dentro un’azione netta, vivida, presente, “lungo lo slalom del tempo”, ma anche a una condizione imprescindibilmente umana e precaria, di denuncia civile, come quando l’autore scrive: “Dobbiamo negoziare una nuova tregua. Un tempo qui era/ pieno di rondini. E le crepe nei muri ancora non si vedevano” […]
dalla sezione: Confine estremo del rumore
era in fila con gli altri
della specie, quella rumorosa
dei vivi in città, nello sforzo finale
di spegnere la sigaretta,
prima del piatto caldo dovuto
per misericordia a tutti,
s’è capito che nel sistema
s’arrangiava pure lui:
c’erano una tovaglia, piatti
di plastica, profumo di pane
ed una minima coda
laterale; roba di sale,
olio e spezie
tutti valori contabili della fame
—
tra le rovine
in questa periferia centrale
siamo impegnati a baloccarci
con l’idea d’essere vivi davvero,
corpo a corpo
fra animali della stessa specie
fuggiasca, senza accorgerci
che fuori le pianure
esclamative
s’occupano del vento
c’è chi se ne sta in disparte
muto, nel suo essere-viaggio
curvo sui sandali usati,
consumati,
le nuvole sopra
a portare pioggia
in senso contrario,
col nome esatto delle cose
(Bourges – Francia – Settembre 2007)
—
da Manutenzione degli amanti
—
A volte basta proprio poco: tu che di là cuoci due uova in
nove minuti esatti, canticchiando una canzone allegra. Così
lo scucito dei nostri corpi riposa, torna fra me e te, rincasa.
Anche allora era tutto così semplice:
all’inizio della primavera tua nonna prendeva il primo latte
munto, con un mestolo di legno lo spargeva sul prato “questo
è per voi popolo delle foreste” diceva.
(Norvegia – 2007)
***
la grande fatica fatta
per ritrovare i pezzi
sparsi nella stanza
tu non la conosci,
che mi pare, a volte,
d’essere stato un guastatore
fermo nell’attesa, di straforo
con le sue beghe da sfollato
che se la cava appena
—
da Dimestichezza della notte
mi accorgo che servirebbe
una parola grande
per parlare della neve,
pensarla senza pensare
cominciando dal silenzio
dei campi
che portano al lago
***
si crede davvero
che sia una semplicità
di gesti, unghie, profili
di strade sterrate e prati
al punto di vedere
dove tutto cede
sfinisce
disarticola e rende il corpo
sottile, ma sono anche io
nei tram popolosi
la sera, e di poeti
nemmeno l’ombra
da Lampioni lungo lo slalom del vento
Dobbiamo negoziare una nuova tregua. Un tempo qui era
pieno di rondini. E le crepe nei muri ancora non si vedevano.
La valle, prima o poi, si riprenderà tutto. Non serve rinforzare.
Sarà il passo della faina a vincere.
(Soriate -10-11-2007)
—
da Come di schianto
Si spostano a migliaia
di mattina verso il centro
oppure verso zone
periferiche industriali, gambe,
sguardi, indifferenze e passi. Se anche solo
uno di loro muovesse in senso
contrario, risulterebbe indifeso,
sgraziato, da poco. Nell’opera
dei decenni che hanno creato le masse
sembrerebbe fuori posto, alienato,
unico.
Stefano Lorefice “frontenotte”, transeuropa edizioni, 2011
Che belli i versi di questo giovin poeta. Convince la lucidità con la quale reagisce al suo ‘habitat’ e l’interpretazione, o meglio,la serena traduzione, che di questo ci offre.
Questo giovane poeta, visionario, tagliente, ci trascina nei bassifondi metropolitani, di solitudine, di grigio , di sensibilità straordinaria. Flash sugli odori sui fumi e sulle nebbie di città, fino alle sensazioni di casa tra le lenzuola di due amanti.
niente è scontato, qualcosa di veramente bello da dire e da trasmettere al mondo.
è evidente che i versi intervengono a un certo punto di una riflessione condotta tra sé e sé, tutta interiore, su uno qualunque dei temi di vita quotidiana: spostamento pendolare, osservazione sull’ambiente, sulla società, sulla opportunità, per es., di seguire la corrente poiché andare controcorrente non paga ed è, anzi, alienante, ecc. Per cui, alla fine, i vv. risultano discorsivi. Evidente appare il disagio del vivere quotidiano e il giudizio negativo che ne scaturisce…