Giuseppe Langella, “La bottega dei cammei”

Nello scaffale, Giuseppe Langella
a cura di Luigia Sorrentino

Un docente universitario milanese, Giuseppe Langella, propone La bottega dei cammei. Trentanove profili di donna dalla A alla Z (Interlinea, 2013).

«E par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare»: i versi di Dante Alighieri aprono un piccolo libro originalissimo dedicato alle donne. Citazioni dalla grande letteratura mondiale introducono brevi componimenti poetici di misura quasi epigrammatica: “cammei” con incisi volti femminili. C’era proprio bisogno di un altro catalogo delle donne, dopo quello scritto, temporibus illis, da Esiodo? Forse sì…

Foglietto illustrativo

Le rare volte che mi capita di girare per calli a Venezia, intorno a ponte Rialto o a piazza San Marco, mi perdo sempre a guardare le vetrine dei cammei. C’è tanta chincaglieria, è vero, ad uso dei turisti in cerca di souvenirs, ma non mancano degli autentici gioielli, capolavori in miniatura da rimanere incantati: scene mitologiche, volti leggiadri, esili fi gure, racchiusi in un
bottone d’onice o nel cuore di una conchiglia. Arte minore, forse, quella del cesello, ma satura di mestiere: penso ai segreti tramandati nei secoli dai maestri orafi agli apprendisti presi a bottega, al collaudo delle materie prime, al perfezionamento delle tecniche e degli attrezzi,
al raffi namento progressivo dei soggetti; penso a mani esperte e gesti che si ripetono, al nitore del disegno, alla sicurezza dello scavo, all’immagine sepolta che a poco a poco emerge dalla superfi cie della pietra o della conchiolina; e penso, soprattutto, non senza nostalgia, a una civiltà della pazienza, che sapeva dare tempo al tempo e staccava i frutti dalla pianta solo quand’erano maturi. Ogni cammeo, allora, mi sembra un piccolo miracolo: davanti a tanta composta grazia, non posso fare a meno di ammirare uno stile e una sapienza di vita risolti in punta di bulino.
Con questo spirito, mi sono cimentato anch’io nell’impresa. Preceduta da qualche esperimento stravagante, eseguito per capriccio, in vista di prove più impegnative, la collezione che qui presento ha preso corpo a partire dal 2010. Si tratta di poesiole rimate, in genere molto brevi, di misura epigrammatica, scandite in metri regolari, ancorché estrosamente variati secondo parecchi schemi diversi. La cifra comune è innegabilmente apollinea, ma senza pose statuarie, vicina piuttosto al doppio canone calviniano della rapidità e della leggerezza. La lingua, poi, tuffata non di rado in un bagno d’ironia, presenta, qua e là, evidenti screziature di sermo cotidianus. Insomma: nonché anacronistico, sarebbe abbastanza forviante ricondurre questi cammei a un clima settecentesco, tra gusto rococò e stile impero. Più che al secolo della cipria e delle parrucche, essi appartengono semmai a quello del mascara e dei coiffeurs. Sicché, a voler rivendicare, per loro, qualche quarto di nobiltà, si dovrebbe evocare una genealogia di poeti che comprende tre stelle di prima grandezza quali Saba, Penna e Caproni, autori anch’essi
di vividi cammei parlanti. Sappiamo, d’altronde, che il cantore di Annina amava ritrarsi nei panni del «modesto artigiano», intento, come «l’antico vasaio», a «modellare» anfore, coppe, orci e altri recipienti non solo per soddisfare alle rispettive funzioni d’uso, ma insieme per appagare il
senso estetico di quanti avrebbero dovuto adoperarli. Si tributi, perciò, un cauto omaggio a Théophile Gautier, levigatissimo capostipite dei moderni poeti di bottega, coi suoi impareggiabili Émaux et Camées (Smalti e Cammei, appunto); a patto, tuttavia, di non seguirlo nella sua deriva parnassiana, all’arte per l’arte opponendo l’arte per la verità. La forma non può valere, infatti, se non in quanto conferisce claritas, cioè trasparenza e splendore, a una qualche idea o sentimento di noi e della vita, essenza estratta per distillazione dall’esperienza, dal contatto del poeta con una data realtà.
(dall’Introduzione al libro di Giuseppe Langella)

 

Giuseppe Langella, classe 1952, di origini marchigiane, vive da quarant’anni a Milano, dove insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università Cattolica e dirige il Centro di Ricerca “Letteratura e Cultura dell’Italia Unita”. Studioso di Manzoni e di Svevo, della letteratura risorgimentale e della poesia ermetica, si è occupato anche di riviste militanti, di scrittori cattolici e di prosa d’arte. Poeta di parca vena, ha esordito con otto Escursioni (nell’opera collettanea Ascensioni umane, Grafo, Brescia 2002), pubblicando a seguire Giorno e notte. Piccolo cantico d’amore (San Marco dei Giustiniani, Genova 2003) e Quasi una trenodia (“Poesia”, marzo 2007). Con la sua precedente raccolta, Il moto perpetuo (Aragno, Torino 2008) ha vinto, fra l’altro, il Premio Metauro. A Ponte di Legno, “paese della poesia”, gli è stato dedicato un totem con incisa una sua lirica.


Margherita
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                 No, è solamente un giuoco.
                     Wolfgang Goethe

«M’ama… non m’ama… m’ama…»

La tua anima oscilla,
basta un filo di vento
a farla tremare. Mettiti tranquilla,
sfogliare non conviene:
forse l’atteso bene
ha solo il passo lento.


Giuseppe Langella, La bottega dei cammei. 39 profili di donna dalla A alla Z, Interlinea, Novara 2013, pp. 64, euro 12 (collana “Lyra”, 50)

2 pensieri su “Giuseppe Langella, “La bottega dei cammei”

  1. Si! Si! Ce n’e’ sempre bisogno di uomini che si innamorano con uno sguardo delle nostre belle Beatrici. Succede anche oggi, non e’ cambiato niente dal tempo di Dante! Certo non tutti riescono a coltivare quest’ammirazione o semplicemente ad esprimerla.

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