Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino
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Emanuele Severino, “Intorno al senso del nulla” Adelphi 2013 (euro 22,00)
Dal risvolto di copertina
Il significato radicale che il «nulla» ha assunto nella riflessione filosofica occidentale accompagna come un’ombra non solo questa forma di pensiero, ma l’intero tragitto della nostra civiltà. Radice prima dell’angoscia, il nulla turba anche e soprattutto per il suo carattere sommamente ambiguo: già Platone, infatti, osserva che pensare il nulla e parlare del nulla significa pensare qualcosa e parlare di qualcosa – come se il nemico che si ha di fronte si sdoppiasse, ingannandoci sulla sua identità.
Questa nozione spaesante, che esige di essere interpretata alla luce delle forme più rigorose della speculazione, è stata affrontata da Severino a partire da “La Struttura originaria” (1958) e fino a “La morte e la terra” (2011): a tali due opere, e alla seconda in particolare, si ricollega “Intorno al senso del nulla”, dove da un lato si mostra come l’ambiguità sia ben più profonda di quanto possa sembrare e dall’altro si indagano «le condizioni che rendono possibile la via di uscita». Approfondimento quanto mai necessario, giacché se si rinunciasse a discutere le aporie suscitate dal senso del nulla resterebbe in sospeso la stessa tesi di fondo del pensiero di Severino: che l’uomo e ogni altro ente «sono da sempre salvi dal nulla».
Anche se “io” sono una volontà di testimoniare il destino, io credo di più e più spesso nelle cose in cui comunemente si crede che non nel destino della verità – credo di più nelle cose in cui credo che comunemente si creda, cioè nel “senso comune” (ossia in ciò che credo che sia il “senso comune”, e che non ha eccessive difficoltà a credere nella scienza), nella “vita quotidiana”: credo di più e più spesso nei contenuti della terra isolata, dalla quale sono spesso completamente avvolto: sono spesso assalito dal dubbio che il “destino”, che peraltro voglio affermare, non sia altro che una mia costruzione arbitraria e che alla fine il nulla non risparmierà nessuno e nessuna cosa: ciò che, nel linguaggio con cui intendo testimoniare il destino, viene chiamato “terra isolata” e “nichilismo” è una grande sebbene disperante tentazione – anche se a volte, invece, la letizia mi invade per ciò che in quella testimonianza si dice.
«Ma questa lunga frase (che potrebbe essere arricchita indefinitamente nella direzione da essa tracciata) non smentisce tutto quanto affermato nei miei scritti?
«Per nulla; anzi, ne è la piena conferma.
«Perché nel destino – cioè nel mio essere Io del destino – appare con necessità che chi è convinto del contenuto di questa frase è il mio essere io empirico nella sua appartenenza alla terra isolata e nel suo essere in vario modo avvolto dalle forme sapienziali in essa presenti».
Emanuele Severino
L’immagine di Emanuele Severino è tratta da Lettera43.it
Per procedere con il quotidiano le case editrici ti dovrebbero dare un premio, un regalo per la pubblicita’ che fai con tanta intelligenza e bravura alle opere nuove ed agli autori che ci incuriosiscono sempre. I libri cominciano ad arrivare ed il mercato sulla rete funziona. Tanti sono i lettori che devono aspettare un viaggio in Italia quando gli editori dimenticano di rispondere alle loro richieste.
Il pensare anche al “nulla” e’ un’occupazione straordinaria. Perche'”disperante tentazione” e non disperante tentativo? La parola “tentazione” indroduce ed implica un sentimento di colpa… colpa di cercare e di cercarsi?
Ma dici a me? Adriana, ma quale premio… il mio obiettivo è divulgare il pensiero di autori viventi che hanno fatto ingresso nel Nocevento, e non solo in Italia.
Di sicuro, posso dirti, Adriana, che questa è un’opera alla quale Severino tiene moltissimo… ma non si può leggerla senza aver letto altre sue tre opere fondamentali: La morte e la terra, Oltrepassare, La Gloria.
Sempre interessanti i lavori di Severino. Come questo che tratta di un’astrazione che da sempre è materia molto discussa in filosofia. Concetti come nulla, infinito, eterno, non possono essere elaborati dalla mente umana, ma sono comunque percepiti come sostanziali all’esistenza del tutto. Costituiscono cioè la forma nel dualismo del ‘sinolo’ (forma e materia) di concezione Aristotelica e Severino è indiscutibilmente un maestro nel trattare la materia, ma soprattutto nel riconsegnarla più comprensibile a noi profani.
Cara Luigia,
Conosco il tuo obiettivo e la tua generosita’ e le tue straordinarie capacita’… non vorrei che si consumasse, che finisse nel “nulla” questa tua passione. Forse mi preoccupo inutilmente… e sono io ad essere amareggiata perche’ certi libri non arrivano…
La mia domanda a Emanuele Severino rimane. Perche’ usa tentazione e non tentativo?
Non preoccuparti per me, Adriana. Il “nulla è una “disperante tentazione”. Dice bene Severino… Evidentemente non ne è convinto del tutto. Permane in lui uno stato di ‘delizia’. E’ un filosofo che ragiona sul senso del nulla. Non avrebbe mai potuto scrivere “tentativo”.
Perche’ non risponde l’autore? Tentazione ha una connotazione religiosa e morale…abbiamo anche le parole desiderio e tentativo… o sono i nostri filosofi cosi’ impregnati dall’idea del peccato che hanno paura di pensare liberamente!