Fabio Ciriachi, “Le condizioni della luce”

Letture

di Andrea Carraro

Consiglio caldamente “Le condizioni della luce” (Gaffi), nuovo romanzo dello scrittore-poeta Fabio Ciriachi, per parecchi motivi. Anzitutto perché è uno dei pochissimi romanzi italiani che racconta in modo onesto e affidabile un periodo della nostra storia nazionale sovraesposto nell’immaginario collettivo ma poco o male rappresentato sia nella nostra narrativa che nel cinema: e cioè gli anni 70 (e i primi anni 80) con i suoi ideali palingenetici, con le sue derive terroristiche, con i soprassalti repressivi del potere, con le sue utopie collettive così recisamente contraddetti dai decenni successivi. Ciriachi in questo libro fa insomma i conti con la nostra storia, in uno dei momenti topici del secolo scorso, mettendo in scena dei personaggi che non sono proiezioni ideologiche dello scrittore, o macchiette da commedia, ma delle figure reali, antropologicamente e psicologicamente e socialmente credibili. Proprio come ne “L’eroe del giorno” (precedente romanzo di Ciriachi), “La Storia, quella con la s maiuscola”, non è mai una presenza didascalica e ornamentale. ma reagisce con l’esperienza dei personaggi influenzandone anche pesantemente scelte e motivazioni.

In realtà il romanzo fissa dei momenti diversi attraverso l’arco di un quarantennio fino a superare il giro di boa del nuovo millennio. Ma il fulcro della storia si svolge nel corso del 1983. Il punto di vista è quello di una fotografa, Alda Siverio, che si trova per caso a fotografare durante una manifestazione di piazza alcuni agenti in borghese e per questo subisce l’intrusione aggressiva delle forze dell’ordine nella sua vita, la perquisizione della sua casa. Per non finire dentro, pur senza aver fatto nulla, come è successo a compagni e amici, la giovane donna decide di allontanarsi dal clima rovente della capitale e di ritirarsi ad Arezzo dove, abbandonata la fotografia, sparisce in oscuri lavori di fatica. Quando la incontriamo, dopo tre anni come donna delle pulizie, da un paio fa la cameriera in una trattoria.

L’abbandono totale della sua attività di fotografa-reporter (vissuta anche come vocazione artistica) duole a Alda e ciò è tanto più avvertibile quando meno lei ne parla con gli altri durante il suo volontario esilio. Ma la vita va avanti lo stesso, seppure senza grandi entusiasmi, fra delusioni affettive e una insidiosa accidia morale. Finché non arriva l’imprevisto che la fa tornare in pista, per così dire, e completare la sua parabola sotto il segno non più della rinuncia ma di un rinnovato impegno (morale, esistenziale, artistico e in fondo anche politico) che si concretizza nella decisione di documentare gli ultimi giorni di vita di un malato terminale, di cui finisce per innamorarsi e per farci anche un figlio. Assai intense e struggenti sono le pagine che raccontano la straziata felicità di questo tardivo innamoramento sotto l’ala della morte incombente. Ma altrettanto belle e significative sono le pagine del romanzo che portano Alda ad attraversare un pezzo di Toscana per raggiungere la casa del malato, insieme a una ragazza, figlia di contadini, conosciuta lungo la strada, che la inizierà alla droga (funghetti locali allucinogeni) facendole scoprire una parte ancora ignota di sé.

In questa sezione del libro Ciriachi allestisce un “on the road” nell’appennino toscano in cui viene fuori, in splendide descrizioni paesaggistico-naturalistiche, ricche di cromatismi ma mai compiaciute, la sua sensibilità di poeta. Insieme al già citato L’eroe del giorno (ancora pubblicato dalla Gaffi), romanzo di formazione di un ragazzo figlio di operai in una Roma dagli echi pasoliniani durante gli anni della ricostruzione e del boom economico, questo nuovo libro forma un ideale dittico che attraversa mezzo secolo della nostra storia in una duplice e complementare prospettiva. Entrambi si fanno leggere e amare non soltanto per quello che raccontano, ma anche per il modo come lo raccontano. Lo stile narrativo di Ciriachi è rotondo, preciso, antiretorico, con una prosodia capace però anche di restituire le vibrazioni liriche del paesaggio e dei sentimenti.

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