John F. Deane, “Piccolo Libro delle Ore”

Collana Snáthaid Mhór – Poesia irlandese contemporanea
JOHN F. DEANE, Piccolo Libro delle Ore
Traduzione di Roberto Cogo
pp. 246, €15,00

di Chiara De Luca

John F. Deane è un poeta da anni già tradotto in Italia, dove è stato spesso ospite di reading e festival internazionali. Sue opere sono già state tradotte da Roberto Cogo (Il profilo della volpe sul vetro, Edizioni del Leone, 2002; Gli strumenti dell’arte, Atelier, 2007); e nel maggio del 2005 il mensile “Poesia” gli ha dedicato un servizio a cura di Chiara De Luca, traduttrice della raccolta poetica Manhandling the Deity (Tra le mani il divino, Gedit, 2005).
La poesia di Deane è strettamente legata alla sua terra, l’Irlanda, amata, a volte bacchettata, ma sempre profondamente vissuta, di cui il poeta descrive i paesaggi umani e naturali, le vicende storiche e sociali, ora con sguardo benevolo e indulgente e dolente rammarico, ora con lingua sferzante e profondo acume critico.
Quest’opera ambiziosa è un lungo viaggio dell’uomo alla ricerca e conferma di se stesso e delle proprie radici, della stabilità dei propri legami con l’umano e della vitalità inesausta di quel dialogo con il divino che si protrae in tutta la produzione poetica di Deane, approfondendosi di opera in opera, verso una consapevolezza sempre più matura del dramma di una libertà creaturale che rende l’uomo tragicamente schiavo delle proprie stesse debolezze.

Ottima la traduzione di Roberto Cogo, fine poeta, rispettoso traduttore, che ha saputo restituire in modo fedele la voce vibrante di John F. Deane senza sovrapporvi la propria, dando vita a un testo che non lascia trapelare traccia del passaggio di testimone tra le due lingue.


To Market, to Market
The day was drawky, with a drawling mist
coming chill across the marshlands;
the church of Ireland stood, damp and dumpy,
crows squabbling on its crenulated stump; cattle,

that had summered in a clover field, have been herded
through plosh and muck into a lorry, have dropped
their dung of terror on slat and road. Big
heavy-skulled heads, bellowing, stretch up

over the concrete wall for one clear glimpse
of the brown fields; and what of unredeemed
suffering? what of faithfulness? Spring
they were calling out of frustrated love

for their calves, how they stood in fields,
innocent and willing, uneasy in weighted flesh
like great-aunts whose trembling long-boned hands
fumble for something in old unstitching bags.


Al mercato, al mercato
Era un fosco giorno di fredda foschia
in arrivo a strascico attraverso la palude;
la chiesa d’Irlanda stava là, umida e cadente,
i corvi a bisticciare sui ruderi sconnessi; il bestiame,

dopo l’estate passata nei campi di trifoglio, ammassato
nel camion tra fango e letame, rilasciava
lo sterco del proprio terrore sulle assi e in strada. Testoni
dal cranio pesante a muggire sporgendosi

oltre il muro di cemento per una netta occhiata
ai campi marroni; che ne è della sofferenza
irredenta? e della fedeltà? Invocavano
la primavera dell’amore frustrato

per i loro vitellini, di come stavano nei campi,
docili e innocenti, a disagio nel peso della carne
come vecchie zie dalle lunghe mani ossute e tremanti
alla ricerca di qualcosa nelle vecchie borse scucite.

Call Me Beautiful
Broad-shouldered, big as a labouring man, Ruth
was egg-woman, slow and inarticulate,
flat-footed in her widowhood and her big sons

slap-witted, dun as she. I was ever dumb
before her, decades of harsh news
in the lines of her face, and a small smile

grateful for neighbourly busyness; each egg,
mucous-touched, she spat on and frotted clean
against black woollen skirts. Crucifix

over the door, painted Madonna on the sill,
her house was an island on chicken-shitted ground
with a harvesting of rushes, her world

not ordered by methodical thinking. Now I know
it is my own need disturbs me, to find
meaning and motive beyond the manifest

ungainliness, to seek the spirit’s dance towards
divine friendship, and to vision her rapt
on her knees in a field of corn, gleaning.

Chiamatemi bellezza
Le spalle ampie, robusta come un operaio, Ruth
era la donna delle uova, lenta e sconclusionata,
a piedi piatti nella sua vedovanza e coi figli grandi

e picchiatelli, come lei brunastri. Al suo cospetto
ammutolivo, decenni di dure notizie
nelle pieghe del suo viso e un sorrisino

grato per ogni amichevole aiuto; sputava
su ogni uovo vischioso al tatto per poi strofinarlo
contro la gonna di lana nera. Crocifisso

sulla porta, Madonna dipinta sulla soglia,
la sua casa era come un’isola poggiata sul guano di gallina
in un raccolto di erbacce, un mondo

non regolato dal pensiero logico. Ora so
che è il mio bisogno che mi spinge a cercare
un senso e una ragione oltre l’evidenza

dell’inafferrabile, a inseguire la danza dello spirito
rivolto alla divina amicizia, a figurarmela assorta
in ginocchio mentre spigola nel campo di grano.

Water-Music
Sometimes I think I hear it still, the choral
symphony of ocean: bass-drum sounding
in the pounded cove, harp-music of winds

through bigfish skeletons. So much had to do
with water, for that was island, and west,
with the fickleness of rain. Weather failing

we found ourselves in manifold illusions
of otherwhere, grew angelwings on rafters
in the hayloft or gathered sheets and sweeping-brushes

to sail three-masted ships across the parlour floor.
Called to the discipline of rosary we prayed
the angels guard our souls from sin where they
watched

from the four corners of our beds. When I left
gradually I misheard sea-words, sea-music among the
dry
unmoving deserts of suburban nights.

But the earth lures, and at times the storms
that come hustling about the streets and stone walls
relent a little and whistle once more a casual music

with backyard timpani and the taut strings of aerials,
leaving me still with my faith and my illusions
as I walk the shores of the city, speaking praise.

*
 
Musica d’acqua
Talvolta mi sembra di sentire ancora la sinfonia
corale dell’oceano: la grancassa che rimbomba
battendo nella cala, la musica d’arpa dei venti

tra le carcasse delle balene. Molto a che vedere
con l’acqua, essendo isola, essendo ovest,
coi capricci della pioggia. Mancandoci il clima

ci ritrovammo in molteplici sogni
di altri luoghi, mettemmo ali d’angelo alle travi
dei fienili o raccattavamo lenzuola e spazzoloni

per salpare in veliero lungo il pavimento del salotto.
Chiamati alla disciplina del rosario, pregavamo
gli angeli custodi ai quattro angoli del letto

di proteggerci l’anima dal peccato. Quando partii
disimparai poco alla volta la lingua del mare, la sua
musica
negli aridi immobili deserti delle notti suburbane.

Ma la terra seduce e talora le impetuose tempeste
in arrivo tra muri di pietra e strade
cedono un po’ per fischiare ancora una fortuita musica,

con sottofondo di timpano e le corde tese dell’aria,
lasciandomi ancora con la mia fede e miei sogni
in cammino lungo le rive cittadine in parole di lode.

Seawards
In the cove, down between the echoing sea-falls,
a gull, its tawdry feathers and spread wings
bobbling in death, heaves and sinks with the waves
swayfully; the mountains and distant islands
appear to you, stranger, like clouds, like dreams;
the disconcerting land is always at your back, earth
detritus, sheep with their bedraggled wool
and a sheep-skull, teeth bared, leering into mud;
a delicate rock pool – anemone, barnacle-cluster, crab –
dotes on the danger that is ocean while the flick
of the silver underbelly of a fish warns you
of the paucity of your strivings, you, stranger,
your consciousness turning about your bones, among these
multifarious life-forms the lost one, and the saved.

Verso il mare
Giù nella cala, tra gli echeggi del mare in caduta,
un gabbiano dal piumaggio vistoso fluttua
nella morte ad ali aperte, s’alza e ricade con le onde
vacillando; i monti e le isole in lontananza
appaiono, a te straniero, come nuvole o sogni;
la terra sconcertante è ancora alle tue spalle, terra
di rovine, pecore dalla sudicia lana arruffata
e teschio ovino coi denti di fuori a sbirciare nel fango;
un delicato ripiano di roccia – anemone, gruppo di
mitili, granchio –
ama il pericolo dell’oceano, mentre il guizzo
argentato sul ventre di un pesce ti avvisa
dei tuoi sforzi inadeguati, tu, straniero,
con la coscienza che ruota intorno alle tue ossa, tra queste
svariate forme di vita, una perduta e l’altra scampata.

 *

Ass And Car
Our ageless mule
was neither one thing nor the other, not
spirit, nor all

matter. And then there was the turf-shed, its inner walls
a black-silk stipple
of turf-dust with the here-and-there

dank clot of spider-web and insect-stump; the floor
was inches deep in mould
where the donkey-cart, all paint, presided, its shafts

up-pointed. I had cart-lore then and mule-lore,
the names and functions
of winkers and collars and things; sometimes the mule,

all substance, stood
heavy with his own existence and would
not move; sometimes all jittery and wide-eyed

a sudden impulse set him
rambling, out
through the mazes of the earth and gallivanting, to halt,

stumped again and haunted, that inner light
summarily switched off. In the new age
the shed became a garage, swept, the mule

a black-sheened one-humped Morris
Minor, and all
the world was matter, dependable, and dull.

for Eva and Eoin Bourke


Asino e auto
Il nostro mulo senza tempo
non era né una cosa né l’altra, non
spirito, ma neppure tutto

materia. Poi c’era la baracca della torba, coi muri interni
in serica calcina nera
di polvere e tufo, con qua e là

umidi grumi di ragnatele e monconi d’insetti; per terra
uno strato fondo di terriccio
su cui regnava il carretto tutto colorato con le stanghe

puntate in alto. Allora mi occupavo del carro e del mulo,
nomi e funzionamenti
di fanalini e bardature e cose simili; a volte il mulo,

che era tutto sostanza, se ne stava
appesantito nella sua esistenza senza più
muoversi; altre volte tutto inquieto a occhi spalancati

si metteva in moto con un impulso
improvviso, e via
nei labirinti del terreno a ciondolare, per poi bloccarsi,

di nuovo sconcertato e ansioso, quella luce interiore
spentasi all’improvviso. Nella nuova era
la baracca divenne un garage ripulito, il mulo

una lucente Mini Minor nera
con la gobba, e tutto
il mondo si fece solida e ottusa materia.

per Eva e Eoin Bourke 


Nato ad Achill Island nel 1943, John F. Deane ha fondato Poetry Ireland – la National Poetry Society – e “The Poetry Ireland Review”, 1979; ha pubblicato numerose raccolte di poesia e alcune opere di narrativa; Ha vinto lo O’Shaughnessy Award for Irish Poetry, il Marten Toonder Award for Literature e altri premi di poesia in Italia e Romania. Finalista al T.S.Eliot prize è stato poète en résidence in Baviera, a Monaco e a Parigi. Tra le sue pubblicazioni più recenti The Instruments of Art, (Carcanet, 2005); In Dogged Loyalty, saggi sulla poesia religiosa (Columba, 2006); The Heather Fields and Other Stories, (Blackstaff Press, 2007). A Little Book of Hours, è la sua raccolta poetica più recente, pubblicata da Carcanet nel 2008.
È membro di Aosdána, l’organismo istituito dallo Arts Council per rendere merito agli artisti “la cui opera abbia apportato un contributo significativo all’arte irlandese”.
Nel 2007, il Governo Francese lo ha nominato “Chevalier de l’ordre des arts et des lettres”. Nel 2008 è stato “visiting scholar” presso la Burns Library del Boston College.
Verso la fine del 2008 è stato eletto Presidente della European Academy

1 pensiero su “John F. Deane, “Piccolo Libro delle Ore”

  1. John F. Deane è davvero un grandissimo poeta, che ha nel suo amico di lunga data e conterraneo James Harpur, anche lui considerato uno dei maggiori poeti irlandesi, un profondo e costante interlocutore. Nonostante Harpur sia fra i maggiori poeti viventi la cui poesia è un ininterrotto dialogo col sacro, e famosissimo, non si trova per lui in Italia un editore degno. Sono la sua traduttrice italiana da molti anni, Poesia di Crocetti gli ha dedicato una breve antologia a mia cura e in italiano è uscito “San Simeone Stilita”, Proget Edizioni, 2017, sempre a mia cura. Il mese prossimo John F. Deane e James Harpur presenteranno insieme le loro più recenti raccolte, rispettivamente “Dear Pilgrims” e “The White Silhouette”, pubblicate entrambe da Carcanet, alla Cattedrale di Manchester e alla Temenos Academy, di cui entrambi sono membri, così come entrambi sono membri di Aosdána.
    E’ davvero un peccato che i lettori italiani non abbiano la possibilità di accedere all’opera di un poeta di tale grandezza e fama.

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