Ottavio Rossani, “Riti di seduzione”

Nello scaffale

Ottavio Rossani Riti di Seduzione Nomos Edizioni 2013, euro 14

Nota di lettura di Guido Monti

Ottavio Rossani in Riti di Seduzione torna nel tempo di una esperienza memoriale che pagina dopo pagina ricuce il senso profondo dell’esserci nel mondo. Le storie lontane e vicine, sembrano convergere tutte su uno stesso piano e reciprocamente alimentarsi quasi sfumando il prima ed il dopo di ogni accadere; ecco allora affacciarsi nel libro un senso del reale potenziato, grazie ad una parola poetica essenziale nella sua compostezza e mai retorica: “…./Nell’annebbiato promontorio di ogni mattina/continuerà negli occhi l’incerto augurio/d’una vela sul mare che sventolando se ne va/.
Ed in questa declinazione fondamentale della pagina, quella rammemorante appunto, si innescano fulcri tematici toccanti sul senso altamente conflittuale della società odierna dove la dirittura morale ed un vivere secondo civiltà sfugge: “…// Contraddizioni, inique indifferenze,/raffinati calcoli di utilità./ Quanti esempi, quanti scempi!/…”.

E proprio dove l’emersione della terra lontana è più forte, ecco una esplosione di vibrazioni; la memoria si fa liquida, s’insinua nel buio metamorfico dell’origine, lo rivolta in frammenti : “…/e mai odiare/la terra dove si è nati/benchè null’altro/t’abbia di sé donato/”, ricomponendolo in un collage di quadretti dai colori accesi ma come smorzati sullo sfondo da una patina di pastelli uniformi: “…/Torno ogni volta sorpreso/../torno ogni volta ammaliato/dal nitore della luce d’oriente/…/Eppure questa lingua di terra,/…/ha grande fame d’amore./E ci affogo, senza scampo.”

rossaniSembra suggerirci Ottavio Rossani, che tutto in Calabria ha avuto inizio ma anche che tutto s’è perso nelle stagioni della lontananza, anche se in quella terra assolata permane la traccia di un indefinibile punto di forza che in seguito s’è svolto in luoghi altri. Gioca sempre nella pagina quindi un elastico che continua a tendersi tra opposti fulcri di ricerca esistenziale e d’indagine sociale.

Ecco poi che nella seconda parte del libro, dal titolo Cartoline, si assiste stilisticamente ad un accorciamento del verso, ad una “annotazione lirica sospesa” come dice Maurizio Cucchi in prefazione, proprio perché le tonalità delle figurazioni tendono a divenire essenziali; straborda lo stile dialogico riflessivo, quasi camminasse sottesa una forma di introversione psicologica e la domanda all’altro è domanda incerta forse a se medesimo: “…/Sei qui. Siamo qui./ E non ci vediamo./ Forse non sappiamo/più come si fa/” .

Il senso dell’origine ancora occupa tanta parte della pagina ma lo fa attraverso un passo più intimo, più raccolto, quasi impronunciabile; le domande sempre più rarefatte hanno note metafisiche ed intanto si incrociano alla virata della pagina, le microstorie, i microeventi quotidiani del navigante in terra straniera: “Ho navigato tra insulti/rifiuti, vittime, orrori./E ambivo a belle visioni./.. .”.

Tutto in questo libro respira di figurazioni ed archetipi lontani, sempre, anche la Milano del tempo presente: ” Cielo di cristllo opaco/sui grattacieli alteri./Fumo di pensieri stranieri/di notte alla Centrale./…” così come i movimenti delle nature, istantanee malinconiche, che nel loro sovrapporsi, sfumano la traccia di un cammino, di un destino: “…//E lenti velieri riparano/dalla promessa tempesta./Sulle spume irritate/lo sguardo d’amore,/unico, resite al vento/”.

Nella terza ed ultima parte del libro intitiolata Finestre Aperte, i quadri di vita divengono più ariosi, leggibili, in una chiarezza sempre più avvolgente anche davanti a certi baratri del vissuto della psiche: “…/Era un’oasi la capanna di frasche./Lì un giorno un amico…/voleva sfilargli i calzoncini./…”; si rincorrono fatti ed antefatti di gioia iniziale, di amicizia, di senso limpido e stupefacente del vivere nati in quella distanza ma sempre riaffioranti e tratteggianti ancora il senso presente di un destino, di un uomo: “…/D’inverno si andava a caccia di quaglie./Fu l’unico tempo spensierato,/rimasto nella memoria come un altare/”.
Lì, sembra suggerirci il poeta come in chiosa al libro, la strada era, è, sempre così chiara.

Due poesie da Riti di Seduzione di Ottavio Rossani

*

Gli anni sembrano lontani,
ora ne restano pochi.
Molte le promesse negate.
La lunghezza degli anni
sembra un’imprendibile preda.

È manacto quell’unico più
che avrebbe esaurito l’attesa.
Solo dopo si sa
che non ci sarà mai vera vittoria.

 

*

Si ripudia un padre
si dimentica un amico
si rifiuta un’ingiustizia.

Ma come annullare
i pochi punti cardinali?
Nascere, sognare,
amare, morire,
e mai odiare
la terra dove si è nati
benché null’altro
t’abbia dato.

Ottavio Rossani (Sellia Marina, 1944), vive a Milano, dove si è laureato In Scienze Politiche e sociali all’Università Cattolica. Poeta, scrittore, pittore e ogni tanto regista teatrale. Come giornalista – 40 anni al Corriere della Sera – ha viaggiato in diversi continentI e ha incontrato potenti e umili negli ambiti della cultura, della politica, della cronaca. Ha scritto saggi di letteratura, storia e arte. Sei i libri di poesia: Le deformazioni (1976), Falsi confini (1989), Teatrino delle scomparse (1992), Il fulmine nel tuo giardino (1994), L’ignota battaglia (2005) e Riti di seduzione (2013).
In Saggistica: Leonardo Sciascia (1990), Stato società e briganti nel Risorgimento italiano (2002, tre edizioni). Un romanzo breve: Servitore vostro illustrissimo et devotissimo (1995). Molte le plaquette di poesie, tra cui Finestre aperte (2011), alcune corredate da suoi disegni. I suoi quadri sono in collezioni private, in Italia e all’estero; una trentina le mostre personali e collettive. Una sua pièce, Se mi vengono i brividi, è stata rappresentata a Buenos Aires, con la sua regia.
Dal 2007 è responsabile del blog POESIA sul Corriere della Sera on line (http.//poesia.corriere.it).
Collabora a diversi quotidiani e riviste con editoriali sociopolitici e critiche letterarie

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