Maria Pia Quintavalla, “I compianti”

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Nota di Maria Pia Quintavalla

Il libro I Compianti contiene poemetti, poesie, immagini e lettere del padre.
I poemetti hanno titolo: compianti in terracotta e i congedi, l’ordine impaginazione delle poesie è decrescente: le prime sono le più moderne e recenti, le ultime le più antiche. E’ il mio consueto ordine di narrazione, interna, che procede dallo zoom della memoria, così che entrare nelle stanze dei compianti è la passeggiata, a cui Correggio offre un ragguaglio e guida, pittorico- religioso, ma i dialoghi che portano sono le parole tra noi ultime, se non leggere, di molto amore e trasmissione anche dell’albero di poesia: poesia, pittura, foto, dunque paesaggio; e infine la storia…a sfondo delle storie: le sue lettere sono testimonianza della guerra e di altro. Lui parla da testimone e traduce già verso la sublimazione magica di poesia – China non aveva questa voce non era dissociabile da me, e fu micidiale il confronto ( a volta transfert puro, lei ero io, o il contrario, etc). Qui siamo in due, sempre: conto di concludere, dopo Album feriale, e dopo China, con questa biografia poetica l’auto biologia familiare.

Roma, Almanacco specchio[1]Ospite, e visita alla casa” è una delle passeggiate, tra i compianti, qui in terracotta, dunque scolpiti. in tridimensionale visione dall’autrice (come nelle sculture di Guido Mazzoni dedicate ai Compianti su Cristo morto) che qui varca, infrangendolo, il patto sepolcrale, poiché, come ne la Passione, morte e resurrezione cristica, la porta è stata lasciata aperta. Nell’ enumerazione delle soste sugli oggetti sopravvissuti, mentre le molecole vive viaggiano verso la metamorfosi, le figure abitano ancora la scena. Essa non lo cerca, il padre: “lo trovai / che stava andando”. Da qui partono una serie di visioni, dove lui è ” più reale di un Cristo / che dardeggia, ridipinge i mondi / a fare luce;”, dove i genitori sono compresenti, in un altrove molto terrestre, “..che insieme / fate il pane agli angeli la sera”, dove “in braccio al suo babbino / la seduzione è lenta”, quando “..l’edipo è la storia un pò attempata”, di un padre che fu anche padre-padrone, poi tornato un tenero ragazzo, che contempla la Bellezza del giardino, e le insegna il genius loci, con a guida i luoghi e le pitture del Correggio, in un’ unità umano-religiosa degli affetti. Una chiesa senza porte è la casa che vuole essere lasciata aperta, poiché fuori c’è “una campagna esplosa, una madrid / da passeggiata”, quando ” correvi sulla passerella, l’anima in vista bella / bianca come una cresimanda / che si fa più amare” e diventa un moderno emblema de “l’eterno tutto qui, insepolto / fresco di mondi / indelebili f u t u r i” intanto che “voci che guidano il canale / nella spia luminosa, chiedono grazia, / e acque da tagliare.”


Ospite, e visita alla casa

Si è scomposto e ricomposto
ecco perché non l’ho trovato più:

nelle camole secche del bicarbonato
nei vasetti bianchi di ultime etichette
che essudavano ingiallite,
nei biscotti con le larve che cedevano molecole
      nei silenzi rotti da silenzio fatto suo,
nelle edere comparse a forza nelle stanze
dove tentavano, le selvatiche
di attorcigliarsi al poco,
in caffettiere senza l’alone blu di vita trattenuta,
scorta per la famiglia intera,
sulle sedie dai piedi spezzati sulla tavola bianca
nelle scarpe regalate via ad altri vecchi;
nell’ordine morto dei medicinali, e non utilizzati
                                                           e non scaduti
*

in campiture incalcinate da sepolcro
nelle stanze, lo trovai
che stava andando, aperto il patto sepolcrale
il varco già rinchiuso, lo cercai,
e non lo cercai, gli odori
nei cuscini seccati dal calore bianco
non più orma, madida dove
non si era ricomposto il travaglio (mise le mani
che bruciavano in preghiera, affannò,
lottò, si spense).

*

Cosa feci quando portai la cinepresa,
recai l’ultima fiamma guizzo
al posto di quell’altra, l’ossidrica che chiuse il tutto;
forse pensavo salutare in modo tecnologico,
come si portano fiori il giorno della sepoltura
i giorni dopo i mesi, gli anni

ma non si va volentieri al commensale,
se non c’è la conferma di speranza e pace.

*

Ora in quarantena, dopo la peste
i soffi il vento,
sento le orecchie muoversi giulive
come quelle di un asinello che sorride.
Dai, Va’ in pace, allontanati da qui,
non è il momento ancora di commiatare,
salutarci in riso.
Scappa pensando sia vero tornerò
che io risorgo alle radici,
credici tu che sorge il sole
come ogni sera
il vespro, in stormo le c o l l i n e:
dillo in preghiera

*

come si abbracciano
e allontanano digiune,
ogni parola una parvenza
fa preda le più belle.

Andrò nel centro di quel mondo antico
e vinto, più reale di un Cristo
che dardeggia, ridipinge i mondi
a fare luce, nel meriggio contemplando
quel convento da sogno lui, la sera,
guardava col naso appiccicato alla finestra
liscia traccia di fiati riprodursi, dire
Guarda che bello, solo qui c’è pace.

*

Io,
col naso fiatando riconoscere
la grotta del convento, la Madonna nera,
stupita ridere di ogni cosa.
Senza quel posto il mondo non si accende,
domani sarà tardi non ci verrai più:
questo lo strazio
di un mondo già crollato e solo,
perché p e r f e t t o nell’indaco del suono

 

ma tu Piero, mansueto come docile somarello
alzi le orecchie succhi il brodo,
ma tintogni vai adagio, poi ti arrabbi

*

bistratti ridi, giochi
ai modi del burbero col cane,
allunghi il cappio non sapendo
era lì la gola brancicata –
Fa soffrire la voce di ogni donna
trascinata da un sottile padre,
ma l’edipo è la storia un po’ attempata e
riporta la bambina al suo padrone,
senza scarpe le assegna un solo passo,
quello del desiderio e del castigo.

In braccio al suo babbino
la seduzione è lenta, stanca
non produce (più) battito cardiaco
ma dolenti note del ritiro,
                          stracche.

*

La luce di cinepresa andrà ad accendere
avverare l’ultima vita,
(oh, non diciamolo) che avanza –
Correvi sulla passerella, l’anima in vista bella
bianca come una cresimanda
che si fa più amare.

Ti applaudiremo, sarà danza,
intanto voci che guidano il canale
nella spia luminosa chiedono grazia,
e acque da tagliare

*

per sentirti più vivo, qui vicino
a pascolare le antiche passeggiate
dei passi tuoi. Aspettami tu Piero,
ma anche la tua Gina che insieme
fate il pane agli angeli la sera,
prima di sorvegliarci con le tue preghiere.

Non conto più gli oggetti alle pareti,
ma sagome vive del silenzio, alberi
a festa che circondano a campana.
Sarà l’impronta del tuo seguito, la cena
a segnalare aria lì davanti,
sacralizzare di ogni chiesa le aperture
finestre mani, senza sepoltura
una campagna esplosa, una madrid
                                   da passeggiata.

Sempre i luoghi il mondo sapranno
di noi, dove nascosto
alle tende mormoravi, Siamo nati
e moriremo qui, vicino a voi
come una greppia l’asino ed il bue,
e tu il Gesù convinta di parole,
muta di segni annosi al fondo al creato,
come se fosse intatto il tempo
l’eterno tutto qui insepolto
                    fresco di mondi

indelebili f u t u r i.

Maria Pia Quintavalla è nata a Parma, vive a Milano.
Libri: Cantare semplice (1984, Tam Tam Geiger), Lettere giovani (1990, Campanotto), Il Cantare (1991, Campanotto), Le Moradas (1996, Empiria), Estranea (canzone) (2000, Piero Manni, introd.di A.Zanzotto ) Corpus solum, (2002, Archivi del ‘900), Album feriale ( 2005, Archinto ), Selected poems, Gradiva ediz. N.Y. 2008, China, (2010, Effigie), I Compianti, Effigie 2013. Ultima antologia italiana: Trent’anni di novecento (a cura di A.Bertoni, 2005 Book). Numerosi i premi, finalista più volte al Viareggio. Dal 1985 cura la rassegna Donne in poesia, e omonime antologie. (Comune Milano 1988, Campanotto 1992 ); Bambini in rima / La poesia nella scuola dell’obbligo (Atti su Alfabeta 1987). Collabora all’Università Statale di Milano con laboratori di scrittura e con l’Università delle donne, la Società Umanitaria di Milano, Archivi del 900, I.S.U, la Regione Emilia Romagna. Traduzioni: Gradiva, N.Y.; Traduzione /tradizioni, Milano; Schema, Univ. di Tubinga; Certa, Empireuma; Ed. DHK, Zagreb, Une nouvelle poésie italienne, Sorbona Paris.

2 pensieri su “Maria Pia Quintavalla, “I compianti”

  1. Un dialogo sincero, schietto, con una figura imprescindibile, con il coraggio della poesia autentica, quella che scava al di sotto della superficie. Continua con questo libro l’esplorazione di Maria Pia Quintavalla del proprio mondo familiare, del proprio spazio vitale, le strade dei passi e dei ricordi. Con la capacità di sapere trasmettere le coordinate più profonde, quelle che rendono il percorso condiviso e il discorso universale.

    Felicitazioni da
    Ivano Mugnaini

    • Grazie, Ivano: in effetti, in questo che è il terzo di una trilogia di album familiare (Album feriale, China, e I Compianti )si operano dei congedi diversi, tramite un passeggiata, che è il sottotitolo qui non citato: con la pittura (il Correggio e le sue stanze), e con la Storia, nelle lettere del padre stesso, sorta di patriota solitario e letterato, tra i poveri quindi, per me, tra i beati ….nella difficile storia italiana.

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