Appuntamento
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A Roma, dal 19 febbraio al 24 aprile 2014 gli spazi di VOLUME! cambiano nuovamente assetto per accogliere Perdita di qualità, perdita di identità di Gianfranco Baruchello, un progetto istallativo che ridefinisce lo spazio come habitat della memoria, sottratta all’oblio per questa occasione.
Non è la prima volta che Baruchello, tra i molti e diversi temi di cui si è occupato, apre un dialogo con immagini o oggetti che sollecitano una riflessione sulla scomparsa, la perdita e la memoria, affiancandoli, in questo caso, al tema dell’archivio.
Sedici grandi ritratti fotografici e una traccia sonora danno vita ad un ambiente dove al frammento viene ridata presenza e fisicità, restituendogli una propria statura e una nuova chiave interpretativa. Il progetto nasce dall’interesse suscitato da un gruppo di fotografie segnaletiche scoperte tra alcuni documenti provenienti dall’archivio di Stato di Livorno. Baruchello ha incominciato così a interrogarsi sull’identità di queste persone e su come il tempo, intervenendo sulle fotografie, abbia trasformato una perdita di qualità (fotografica) in una perdita di identità (e quindi di memoria storica).
Una storia che è, però, micro-storia: queste fotografie sono ciò che resta di documenti della Polizia di Stato relativi a persone che, tra gli anni trenta e cinquanta, erano state coinvolte in operazione di sorveglianza in larga parte per motivi politici. Alcuni eventi accidentali hanno successivamente talmente deteriorato questi documenti da renderli in molti casi illeggibili ma comunque degni di essere conservati. Le fotografie sono state quindi ingrandite e fatte diventare testimonianze attuali delle azioni della memoria, collocandosi in uno spazio intermedio che tende a diventare o apparizione o scomparsa. Dotandole di una presenza fisica adeguata, Baruchello le ha sottratte alla dimensione dell’archivio o alla miniaturizzazione, capovolgendo un procedimento tipico delle sue opere.
Alla perdita di qualità risponde, quindi, una restituzione di presenza e memoria: chi sono questi personaggi? Quali erano state le accuse? Qual è stato il loro vissuto?
La rimodulazione degli spazi di VOLUME! conferisce inoltre a queste presenze una dimensione allo stesso tempo solitaria e corale, frammentaria e organica. Una catalogazione difficilmente intellegibile ci costringe ad interrogarci sul concetto di potere e di controllo, di archivio e archiviazione.
Queste figure, disposte una di fianco all’altra ma allo stesso tempo separate tra loro, ci invitano a una loro scoperta e, dunque, a una loro epifania; sembrano emergere da un passato in cui il senso di morte fa il paio con l’anonimato e la perdita di identità. Il progetto può essere inserito all’interno della ricerca di Baruchello sulla “perdita di qualità” cominciata nei primi anni Settanta: l’artista in opere come Autoritratto con perdita di qualità (1977) sottoponeva fotografie, ritratti, autoritratti e materiali a stampa a riproduzioni con fotocopiatrice, ripetute fino alla perdita dell’immagine. Sempre in quegli anni ha osservato e documentato la decomposizione o la frammentazione della materia organica o inorganica: che sia carne, carta, zucchero o ceramica.
La perdita di qualità per l’artista non è riferita alla perdita effettiva di vita, di leggibilità o semplicemente al disfacimento di una fisicità iniziale. Il processo di smaterializzazione e di dissoluzione ci invita ad una domanda: Cosa restituisce una immagine della quale non si vede quasi più niente?
Alla componente visiva della mostra ne è affiancata una sonora.
Baruchello è tornato a un testo di Antonio Gramsci (scritto per il Congresso del Partito Socialista che si tenne a Livorno dal 15 gennaio del 1921, intitolato “Il Congresso di Livorno” e pubblicato su Ordine Nuovo, il 13 gennaio dello stesso anno), sottoponendolo però a una manipolazione logico grammaticale consistente nell’eliminare le parti del testo che ne permettessero la comprensibilità: un trattamento – come scrive l’artista – “tra l’arbitrario e il poetico”, che dà vita “a una specie di salmo recitabile con ripetizioni, assonanze, inciampi.”
Il testo così trasformato è stato poi letto dall’artista quasi sottovoce e registrato.
Rimangono una serie di parole chiave consegnate al presente, in cerca di una attuale ridefinizione poetica.
La voce riempie dunque lo spazio espositivo di una dimensione immateriale simile alla memoria che riemerge attraverso le fotografie.
La mostra, pensata sin dall’origine in due tappe – la prima a Livorno (aprile-giugno 2013), negli spazi degli ex Magazzini generali, oggi trasformati in spazio espositivo dal collettivo CARicoMAssimo, la seconda a VOLUME! – assume in questo nuovo contesto un senso tutto nuovo: per il suo insistere sull’idea di archivio, su una idea di coralità e individualità, per un’accentuazione del senso di morte e di epifania, per la vicinanza fisica con il carcere di Regina Coeli o per il relazionarsi in uno spazio stratificato ed echeggiante memorie del passato come quello di VOLUME!
Accompagna la mostra un catalogo pubblicato da Edizioni VOLUME! con testi di: Achille Bonito Oliva, Gianfranco Baruchello, Carla Subrizi, Silvano Manganaro, Paolo Emilio Antognoli, Massimo Sanacore.
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Gianfranco Baruchello (Livorno, 1924) vive e lavora a Roma e a Parigi. Pittore, film e video maker, scrittore, la sua ricerca comprende l’activity, l’assemblage, happening e eventi effimeri. È stato protagonista di mostre come Collages et objets (Parigi) e New Realists (New York) nel 1962, ha partecipato a dOCUMENTA 6 (1977) e 13 (2012) e a diverse edizioni della Biennale di Venezia. Sue mostre personali a Roma, Milano, New York, Parigi, Francoforte, Monaco, Chicago, Bruxelles e Berlino. Baruchello ha descritto il suo lavoro come la creazione di spazi all’interno dei quali le contraddizioni possono non soltanto coesistere ma fondersi in una serie di piccoli sistemi da proporre come alternative ai grandi sistemi delle religioni, della politica, delle ideologie.
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