‘Liberi di dire’. Saggi su poeti contemporanei: Fontanella, Volponi, Piersanti, Neri, Cucchi, De Angelis (Edizioni Sinestesie, 2013)
Dall’Avvertenza dell’autore premessa al volume:
Il volume contiene cinque studi centrati su poeti contemporanei viventi, eccetto Paolo Volponi, che hanno avuto una rilevante fortuna critica. Essi appartengono ad una generazione compresa tra il 1941 (Piersanti) e il 1951 (De Angelis); l’eccezione di Neri (nato nel 1927) permette di intrecciare lo schema della generazione, strettamente anagrafico, con quello della prima pubblicazione in volume, L’aspetto occidentale del vestito, che esce nel 1976, lo stesso anno in cui vedono la luce, fra gli altri, ed è una coincidenza significativa, il Disperso di Cucchi e Somiglianze di De Angelis.
[…]. I poeti presi in considerazione in questo studio sono molto diversi fra loro, anche se in ognuno di essi sembra forte il legame con il luogo, elemento fondante del loro ‘fare poesia’. La poesia di Fontanella, che si è stabilito da anni in America, non può non riconnettersi al luogo di origine, come dice lui stesso: «tradito traditore, sono ritornato, / non ero mai partito»; quella di Cucchi e di De Angelis si inscrive nelle periferie milanesi, «in quel paesaggio che fu di Sironi». La poesia di Piersanti abita profondamente Urbino – ciò permette di confrontarla con la scrittura volponiana – e il paesaggio delle Cesane, mentre in quella di Neri rivive la guerra ‘civile’ del 1943-1945 tra Erba e dintorni. A parte questo, però, come ha scritto Nicola Merola in Un Novecento in piccolo, «l’unico elemento comune della ricca fioritura poetica dell’ultimo scorcio del Novecento è la presa di distanze […] nei confronti della neoavanguardia». In tal senso se si prende ad esempio l’opera di Fontanella, soprattutto in alcune sue espressioni meno recenti, vicine ad uno «sperimentalismo esistenziale-stilistico» (Giuseppe Fontanelli), sperimentalismo che dialoga con l’esperienza di un Edoardo Sanguineti in Round Trip (1991), si vedrà che ad un’analisi complessiva essa si indirizza in tutt’altra direzione.
Con l’importante esperienza della neovanguardia ognuno di questi poeti ha dovuto comunque fare i conti, sia pure per negarla intenzionalmente: è il caso di Piersanti che fin dagli anni ’60 mira a porsi in rapporto con la tradizione lirica più ‘anacronistica’, o anche di De Angelis e dei poeti di «Niebo», che riaffermano il valore assoluto, sacrale, della poesia implicitamente contro ogni sperimentalismo avanguardistico. Cucchi, attento lettore dei testi della neoavanguardia in particolare di Pagliarani, costruisce il suo percorso in stretta vicinanza con lo sperimentalismo di Raboni, Sereni, Cesarano, Majorino, dello stesso Neri, definito un “maestro in ombra”, cercando la via della prosa e della lingua comune, trattata, come indicato da Giuliani nella Introduzione ai Novissimi, «con la stessa intensità che se fosse la lingua poetica della tradizione»; ma gli scopi e i risultati espressi sono molto diversi.
Anche questi allora vogliono essere poeti nuovi, ‘liberi di dire’ dopo l’egemonia della neoavanguardia, alla ricerca di altri spazi e inediti rapporti con le tradizioni poetiche, che non possono non essere negate, dichiarate morte o richiamate in vita, sotto altre forme.