Appuntamento
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E’ in corso a Roma (fino all’8 giugno 2014) la mostra “Musée d’Orsay. Capolavori” al Complesso del Vittoriano (Via S. Pietro in Carcere, ai Fori Imperiali).
Nota di Silvana Lazzarino
Un momento storico per le collezioni dei musei della Francia, risale al 1986 quando venne aperto e inaugurato il Musée D’Orsay quale spazio d’eccellenza atto ad accogliere le opere di artisti francesi e non solo attivi tra Ottocento e gli inizi del Novecento. Ricavato dalla risistemazione degli spazi dell’ex stazione ferroviaria dI Parigi ,grazie all’intervento di Gae Aulenti, architetto e designer di fama mondiale, esso riuniva le più importanti collezioni museali francesi dalla metà del XIX ai primi del XX secolo, fino a quel momento disperse tra il Louvre, il Jeu de Paume, il Palais de Tokyo e per alcune opere diversi musei e amministrazioni. Il D’Orsay infatti offre un percorso unico al mondo per l’alto livello qualitativo delle opere che ridisegnano un periodo intenso e contraddittorio, per certi aspetti eclettico della storia dell’arte non solo francese. La raccolta infatti non si limita agli artisti francesi ed affianca Whistler a Monet, Klimt e Munch a Bonnard.
A Roma si possono ammirare i capolavori del D’Orsay in mostra al Complesso del Vittoriano per ripercorrere le tappe più significative della storia dell’arte tra Ottocento e Novecento. L’esposizione Musée d’Orsay. Capolavori aperta fino all’8 giugno 2014, per la prima volta presenta più di 70 straordinari dipinti dei grandi maestri francesi: da Manet a Gauguin, da Degas a Sisley, da Monet a Van Gogh, per arrivare a Bonnard e Redon, cui si affiancano molti altri artisti per offrire un percorso esaustivo ed eclettico che a partire dalla pittura accademica dei Salon passa attraverso la rivoluzione dello sguardo impressionista per giungere alle soluzioni formali dei nabis e dei simbolisti.
La mostra, curata da Guy Cogeval e da Xavier Rey, suddivisa in cinque sezioni, è introdotta da un racconto inedito che descrivendo la nascita del d’Orsay sorto in seguito alla ristrutturazione di una vecchia stazione ferroviaria nel cuore di Parigi, ripercorre accanto alle origini delle sue collezioni, la costruzione dell’edificio per l’Esposizione Universale del 1900 e le successive trasformazioni, mettendo l’accento sul fondamentale lavoro di allestimento e museografia realizzato nel 1986 dall’architetto italiano Gae Aulenti, recentemente scomparsa nel 2012 all’età di ottantacinque anni.
Ad aprire il percorso della storia delle avanguardie e della modernità è la sezione dedicata all’arte dei Salon Accademia e nuova pittura, con una serie di opere messe a confronto diretto con l’allora emergente arte realista, al tempo non molto apprezzata. Il rinnovamento della pittura accademica dei Salon con artisti quali Cabanel, Bouguereau ed Henner, che conobbero grande successo tra il 1860 e il 1870, si svolge parallelamente alla nascita e all’affermarsi della pittura realista volta a restituire avvenimenti e situazioni nella loro concretezza senza alcun substrato simbolico o allegorico. Questo genere di pittura che vede in Courbet e Millet i rappresentanti più significativi, ritrae con veridicità operai al lavoro, contadini intenti nella loro attività nei campi, persone comuni colte nei loro gesti quotidiani e abitudinari. Accanto a Thamar di Cabanel e La jeunesse et l’amour di Bouguerau è Femme nue au chien di Courbet; mentre aspetti della vita rurale e il lavoro quotidiano sono descritti rispettivamente in Bergère avec son troupeau di Millet e Lavandière di Guigou.
I cambiamenti apportati alla pittura di paesaggio da parte della Scuola di Barbizon, che hanno aperto la strada ad un nuovo modo di osservare la realtà attraverso lo studio della luce tanto analizzato dagli Impressionisti sono affrontati nella seconda sezione Il paesaggio. Qui infatti accanto alla scelta di osservare e riprodurre il paesaggio naturale, è l’indagine sulla luce e i cambiamenti atmosferici: a Barbizon Monet insieme al suo amico Bazille realizzano i loro primi capolavori sperimentando quella frammentazione della pennellata che sarà essenziale per la resa degli effetti della luce nei dipinti impressionisti. Ecco Lisière de Forêt à Fontainebleau di Bazille, Argenteuil e Le barques, Regates a Argentheuil di Monet; ecco La danse des Nymphes di Corot,
Temps de neige a’ Veneux- Nadon e La côte du Coeur-Volant à Marly sous la neige di Sisley, senza dimenticare Allée de la Tour-du-Jongleur et maison de M. Musy, Louveciennes di Pissarro.
Segue poi la sezione Rappresentare la propria epoca dedicata alla modernità ritratta dagli impressionisti. Oltre all’interesse per gli effetti della luce ripresa in diverse ore della giornata, osservando e riproducendo paesaggi di campagna e marine, il loro sguardo si rivolge anche alla vita sociale parigina in cui la borghesia vive tra piaceri e divertimenti. Gli impressionisti cercano una corrispondenza tra la modernità della loro tecnica e i soggetti rappresentati. Parigi, simbolo d’eccellenza della trasformazione operata dall’industrializzazione e dal progresso della tecnica, offre loro molteplici e nuovi soggetti pittorici. “La nuova pittura”, come viene chiamato l’Impressionismo, deve abbandonare i modelli antichi ereditati dal passato per stare al passo con l’accelerazione storica della civiltà del XIX secolo. Così accanto a Danseuses montant un escalier e L’Orchestra de L’Opéra di Degas, sono Jeune filies au piano di Renoir, Le cirque di Seurat e Le déchargeurs de charbon di Monet.
E’ poi la volta dell’evolversi del linguaggio pittorico della seconda metà dell’Ottocento nella sua declinazione simbolista presente nella quarta sezione Simbolismo. Questo movimento, con i riferimenti a simbologie mitologiche e religiose, nel suo affrontare diversi generi come: ritratti, scene di costume o paesaggi, testimonia un innato e profondo sentimentalismo. Dopo aver a lungo meditato sulla lezione impressionista, i pittori che seguirono Gauguin a Pont Aven, in una Bretagna in quell’epoca percepita quale terra incontaminata dalle grandi trasformazioni del secolo, inventarono un nuovo registro di forme al fine di esaltare quei luoghi legati alla memoria e all’immaginazione. Le loro opere presentando un forte contenuto emotivo tendono ad esaltare l’aspetto più intimo del sentire la realtà mediante una sorta di fuga verso il passato, i ricordi e verso l’esotico e per questo usavano il “cloisonisme” il sintetismo: tecnica che consisteva nella stesura di zone piatte di colore, delimitate da contorni scuri. Accanto a Odilon Redon che restituisce quegli aspetti più sfuggenti del sentire individuale tra sogno e poesia è Edouard Vullard che attraverso il ritratto esprime un mondo interiore misterioso e sognatore, talora impenetrabile: il primo con il ritratto di Paul Gauguin e Plante verte dans une urne, il secondo con il ritratto di Felix Vallotton e Au lit, intensi ed espressivi, così come L’enfant au pantalon bleu di Maurice Denis.
A chiudere questo interessate e avvolgente percorso è l’eredità lasciata dall’Impressionismo descritta nell’ultima sezione Dopo l’Impressionismo con in prima linea i Puntillisti come Seurat e Signac che a partire dal 1880 portano all’estremo la separazione delle macchie cromatiche anticipata dagli impressionisti mirando ad una mescolanza ottica; in questo senso indicativo è Les Andelys di Signac. L’abbandono della prospettiva è ormai definitivo e le sperimentazioni si moltiplicano: dal cloisonnisme di Gauguin ai nabis che riaffermano la dimensione decorativa della pittura in opere di grande formato. Qui accanto a Jeaux d’eau e La loge di Pierre Bonnard, L’allée e La meule di Edouard Vullard dai colori decisi e squillanti sono La barriére di Paule Sèrusier, L’italienne di Van Gogh e Le repas di Gauguin.
Alcuni impressionisti come Monet abbandonano il realismo, scegliendo di usare colori sempre più indipendenti dalla natura e stesi con un numero di pennellate sempre crescente che via via vanno frantumandosi in guizzi di luci ad affollare il dipinto. Questa costruzione quasi aerea nelle sue traiettorie di tocchi frammentati, innovativa che per certi aspetti anticipa un sentire astratto, si evince in Vetheuil soleil couchant e Le jardin de l’artiste a Girverny di Monet, capolavori di grande suggestione visiva ed emotiva.
Percorrendo le sale del Vittoriano accanto alla grandezza e all’equilibrio della pittura classica proprio della pittura dei Salon, si respira l’atmosfera delle avanguardie del Novecento in cui il passato risorge a nuova luce rielaborato nei diversi contesti espressivi.
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Musée d’Orsay. Capolavori
Complesso del Vittoriano
Via S. Pietro in Carcere Fori Imperiali – Roma
fino all’8 giugno 2014