Quanta emozione suscita la grande bellezza, quella ad esempio di un capolavoro dell’arte?
Per capirlo un team di ricercatori dell’Università Sapienza di Roma ha misurato l’emozione e l’attività cerebrale di alcuni visitatori che osservavano il Mosè di Michelangelo custodita nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma.
L’équipe, coordinata da Fabio Babiloni in collaborazione con la spin-off universitaria BrainSigns, per la prima volta al mondo ha registrato e analizzato l’attività del cervello durante l’osservazione di una statua reale e non attraverso la sua riproduzione su uno schermo di laboratorio. La ricerca ha rivelato che la suggestione provata dai visitatori è molto diversa a seconda dal punto di vista di osservazione in cui il visitatore si pone per osservare la statua.
I ricercatori hanno evidenziato che l’emozione provata è massima quando le persone possono guardare direttamente il viso e gli occhi del Mosè, ovvero nella posizione laterale alla statua. Nel punto di osservazione frontale, in cui il Mosè non incrocia direttamente lo sguardo dei visitatori, l’emozione misurata è significativamente più bassa.
I risultati confermano le osservazioni fatte dallo stesso gruppo di ricerca del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Sapienza, durante l’osservazione di quadri di Tiziano o di Jan Vermeer raffiguranti ritratti, oppure soggetti religiosi, esposti un anno fa a Roma presso le Scuderie del Quirinale: anche in quell’occasione l’emozione provata dalle persone durante l’osservazione dei ritratti era molto maggiore di quella provata durante l’osservazione di quadri a contenuto religioso o paesaggistico.
E’ noto infatti nelle neuroscienze che il viso è una sorgente importante di informazioni per le interazioni sociali con i nostri simili. I risultati ottenuti dallo studio sul Mosè di Michelangelo sono stati inviati al Congresso mondiale di bioingegneria che si terrà a Chigago ad agosto 2014.
I risultati del gruppo della Sapienza sulla percezione delle opere d’arte sono in fase di applicazione anche per gli spazi architettonici di cui è ricco il patrimonio culturale italiano, quali per esempio il Colosseo o i Fori romani.
Questi studi aprono nuove strade alla comprensione della capacità del cervello umano di ‘far sentire’ le emozioni in maniera più o meno intensa durante la contemplazione estetica delle opere d’arte, e di come queste siano generate dagli artisti per provocare emozioni nei visitatori.
La sperimentazione con il Mosè si è avvalsa del contributo di Cesare Cundari e Gian Maria Bagordo del Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’architettura della Sapienza.