Nota dell’autrice
“Questo libro è dedicato a mia madre, Johanna Becker, che morì quando io non avevo ancora quattro anni.
Ho raccontato tutto quello che so e ricordo di lei alla scrittrice Stefanie Golisch, la quale ne ha ricavato un racconto in lingua tedesca “Tortorici”, (tradotto da Mimma Albini) aggiungendo, ovviamente, particolari da lei immaginati, ma straordinariamente verosimili.
Ho pensato che questo bellissimo racconto, che è stato presentato e letto a Berlino il 24 novembre del 2011, nel salone della scrittrice Erna Fizner, potesse essere una necessaria cornice alla comprensione del lettore e alle mie stesse poesie.”
Franca Alaimo
Linguaggi
Mi concepisti in una notte precoce
Spogliata da ogni rito nuziale,
Quando un uomo di vivissimo amore
Volle fare di te una sposa bianchissima
Sopra il suo letto. Tu ondeggiavi
Come un giacinto d’acqua senza sapere
A cosa ancorarti se non a quelle braccia,
Mentre la sua lingua sconosciuta somigliava
A una pietra incisa in un lontano millennio.
E tuttavia sapevi che acconsentire era la tua unica saggezza,
E la tua bella rosa verginale per l’amorosa semina.
Fu l’ardore della pelle e degli occhi a decifrarvi
E il profumo delle bocche e dell’inguine a farvi
Fiori vivi e fonetici sbocciati dal più arcaico dei linguaggi.
Era ancora inverno fuori con gli alberi evanescenti nella
nebbia,]
Ma dai vostri corpi si alzarono lune e coralli vermigli,
Rami odorosi di gemme, api ronzanti, che vi iscrissero
Sulla fronte del mondo come una promessa.
*
La visitatrice
Ecco la mia visitatrice che ritorna e mi offre
Le mani di latte, odorose di capra. I fiocchi
Di neve, cadendo uno ad uno sul capo
Le fanno stellari trasparenti di ghiaccio.
Nelle tasche della ruvida gonna conserva
Le bacche più amare, ma il suo petto canta
Le canzoni aurorali della sua prima giovinezza.
Lei cammina sulla strada del sogno nella luce
Sgorgata dalle palpebre chiuse e mi sembra
Che i suoi passi leggeri tra gli arbusti innevati
Mi parlino una lingua straniera. O notturna –
La chiamo – O mia perduta! Ma lei tace chiusa
Nella sua saggezza. Ha il ricordo delle cose
Anteriori e di una bimba fresca distesa
Sotto gli alberi di noccioli. Poiché lei è fatta
Di sogno, di nebbia e di soffi di cielo, e non più
Possiede un corpo, ma una chiarità di madreperla.
Però anche così, la silente, la purissima, è
Tra tutte le visioni la più dolce da guardare.
*
O madre bellissima del parto
Mentre ti sfioro il ventre gonfio come una susina
Torna improvviso il tempo del giardino
Che s’infolta e aggroviglia d’erbe selvatiche:
Qui crescono i giri e i cardi spinosi,
Là cespi di borragine e i fiori gialli della cardella,
Fruttificano i noccioli sotto il cielo autunnale,
O madre bellissima del parto,
E le tue gambe sono ingioiellate di sudore
E i capelli biondissimi fanno sul cuscino
Quel movimento delle spighe al vento estivo,
Mentre il lenzuolo si consuma tra le dita
Ondeggiando al ritmo delle doglie.
Poi, nel guardare fuori, tra i gemiti,
Ti scivolano negli occhi piccole foglie
E le nuvole fuggevoli dell’alba così fioca
Di novembre che il vento, per ninnarti,
Fa entrare dalle finestre tra sibili e fischi.
E infine ecco la tua intima rosa tutta dischiusa
Per dare alla vita un’altra freschissima vita.
Somigli ad una morbida giumenta sfinita dal dolore
Quando dai lombi mi doni alla luce,
Ancora scintillante e tiepida d’umori,
Con un grido alto che, adesso, balza fuori
Dai margini ingialliti della foto, come una gazza
Impaurita da uno sparo dal folto di un carrubo,
Ed io dalla tua bocca con la mia bocca lo raccolgo
In comunione d’anima e d’amore.
Da: “Sempre di te amorosa” di Franca Alaimo, LietoColle, 2013
Informazioni sull’autrice
“amo tutto ciò che è bello: l’arte, la natura, le cose dello spirito. molti dolori hanno attraversato la mia vita, ma sono stati proprio essi a concimare il terreno della mia anima e a dare linfa alla mia scrittura poetica. del resto concepisco la vita come un’esperienza che si fa sia attraverso gli eventi negativi che quelli positivi. ritengo, tuttavia, che il nucleo più profondo sia fatto solo di gioia pura, proprio perché reca in sè l’impronta del divino. ho già compiuto i miei 63 anni, ma non smetto di condividere con la altre creature lo stupore per la vita e di interrogarmi sul mistero”.
Franca Alaimo