Antonia Pozzi è il caso letterario femminile più sconcertante della letteratura italiana del primo Novecento.
La sua produzione poetica è stata interamente pubblicata postuma.
Nella prefazione alla silloge del 1948, dieci anni dopo il suicidio, Eugenio Montale parlò del suo canzoniere come di un diario in versi. E in realtà si trattava di una delle testimonianze più cospicue e coerenti della poesia “lirica” del secolo.
La poesia della Pozzi è caratterizzata da una levità dell’immagine che non ha eguali ma il valore della sua opera è stato riconosciuto soltanto negli anni Ottanta, quando si è finalmente ricostruita l’integrità di molti dei suoi testi che erano stati sottoposti ad assurde censure dal padre della poetessa.
RIFUGIO
Nebbie. E il tonfo dei sassi
dentro i canali. Voci d’acqua
giù dai nevai nella notte.
Tu stendi una coperta per me
sul pagliericcio:
con le tue mani dure
me l’avvolgi alle spalle, lievemente,
che non mi prenda
il freddo.
Io penso
al grande mistero che vive
in te, oltre il tuo piano
gesto; al senso
di questa nostra fratellanza umana
senza parole, tra le immense rocce
dei monti.
E forse ci sono più stelle
e segreti e insondabili vie
tra noi, nel silenzio,
che in tutto il cielo disteso
al di là della nebbia.
Breil, 9 agosto 1934
PAUSA
Mi pareva che questa giornata
senza te
dovesse essere inquieta,
oscura. Invece è colma
di una strana dolcezza, che s’allarga
attraverso le ore –
forse com’è la terra
dopo uno scroscio,
che resta sola nel silenzio a bersi
l’acqua caduta
e a poco a poco
nelle più fonde vene se ne sente
penetrata.
La gioia che ieri fu angoscia,
tempesta –
ora ritorna a brevi
tonfi nel cuore,
come un mare placato:
al mite sole riapparso brillano,
candidi doni,
le conchiglie che l’onda
lasciò sul lido.
7 dicembre 1934
MORTE DI UNA STAGIONE
Piovve tutta la notte
sulle memorie dell’estate.
Al buio uscimmo
entro un tuonare lugubre di pietre,
fermi sull’argine reggemmo lanterne
a esplorare il pericolo dei ponti.
All’alba pallidi vedemmo le rondini
sui fili fradice immote
spiare cenni arcani di partenza
e le specchiavano sulla terra
le fontane dai volti disfatti.
Pasturo, 20 settembre 1937
Nel centenario della nascita, il volume Antonia Pozzi, “Lieve offerta“, Bietti, 2014, rappresenta l’opera più completa ed esaustiva finora mai pubblicata. Comprende le poesie e le prose più significative, nonché le pagine più importanti dell’epistolario, corredate da un pregevole apparato di note filologiche, a cura di due dei maggiori studiosi ed esperti della poetessa milanese, Alessandra Cenni e Silvio Raffo. L’intenzione è quella di restituire al lettore l’immagine più autentica, vitale e poliedrica della poetessa, una grande figura letteraria che non ha osato imporsi all’attenzione dei suoi contemporanei per eccesso di gentilezza o, forse, per la “troppa vita” che le tremava nel sangue.
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Antonia Pozzi (1912-1938) è oggi considerata una delle più importanti poetesse del Novecento nonostante nessuna delle sue poesie sia stata pubblicata quando era in vita. Nel 1935 si laureò in Estetica all’Università Statale di Milano con il filosofo Antonio Banfi; in quegli anni frequentò e diventò amica di alcuni dei più importanti intellettuali del suo tempo: Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Enzo Paci, Dino Formaggio. Il suo isolamento artistico e la solitudine affettiva, dopo la rinuncia forzata all’unione con l’amato professore del liceo, Antonio Maria Cervi, la indussero alla tragica scelta finale: si tolse la vita, giovanissima, nel 1938.