Cinque poeti australiani del Queensland

Cape Tribulation, Alba (2008)[1]A cura di
Massimiliano Mandorlo

Lo stato nord-orientale del Queensland e la sua capitale Brisbane rappresentano attualmente, accanto ad altre importanti città del continente australiano quali Melbourne e Sidney (definite da una vivace scena letteraria e multiculturale) un notevole punto di irradiazione e diffusione della poesia australiana. I cinque poeti presentati in queste pagine nella loro prima traduzione italiana sono stati scelti non adottando un criterio strettamente cronologico ma privilegiando un’area geografica e una scena letteraria (quella di Brisbane e zone limitrofe) con cui abbiamo avuto modo di entrare in contatto dopo un recente viaggio nel continente australiano.
La poesia del Queensland ha una storia molto recente, se consideriamo il suo sviluppo avvenuto tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi del XX e la prima antologia poetica pubblicata solo nel 1924 a cura di Stable (primo presidente della ‘Queensland Authors and Artists Association’ fondata nel 1921) e Kirwood, con il titolo A Book of Queensland Verse. Con Lilacs out of the Dead Land (1932) di Hedgar Holt, assistiamo alla notevole influenza di Eliot e del modernismo inglese, che continua con evidenza attraverso gli anni ’30 e ’40 con autori quali Vrepont e Picot. Gli anni della seconda guerra mondiale coincidono poi con la vera fioritura della scena poetica del Queensland, con autori come Devaney, Grano, Haley, England, Bulcock, Francis, O’Dwyer, Kennedy, Miles, Fitzgerald, Lyle e Lucas. Tra gli anni ’40 e ’50 bisogna considerare l’importanza della nascita di una nuova ed influente generazione di scrittori, tra cui Gwen Harwood, Val Vallis, Judith Wright, David Malouf ed altri, fino ad arrivare alla pubblicazione della Queensland Centenary Anthology nel 1959. Infine, nel 1961 va ricordato l’esordio di Thomas Shapcott, tuttora considerato tra i più importanti poeti australiani, con la sua enorme influenza sulle generazioni più giovani. Il Queensland, la cui prima università (University of Queensland) venne fondata nel 1921, presenta una vivace scena letteraria con eventi annuali come il Queensland Poetry Festival, l’Australian Poetry Slam e prestigiosi premi di poesia (tra i più importanti l’Arts Queensland Thomas Shapcott Poetry Prize e l’Arts Queensland Val Vallis Award) che hanno visto il coinvolgimento diretto della maggior parte degli autori presentati in queste pagine; due dei poeti tradotti, Shepherdson e Stavanger, hanno inoltre partecipato a due diversi reading tenutisi a Milano nel 2013.
Il primo libro di Shepherdson, Sweeping the Light Back Into the Mirror, è costituito da una serie emblematica di 72 liriche che ripercorrono in un’ampia architettura poematica l’evento traumatico della morte della madre, offrendo al lettore una cronistoria per immagini nel tentativo di condensare eventi, descrizioni e raffigurazioni in un miracoloso universo mnemonico. Il disegno intenzionale di Shepherdson è di riunire sotto il segno prodigioso della memoria sensazioni e ricordi, quasi a voler impressionare con abilità una pellicola fotografica che sfugga al tempo e alla morte, congiungendo gli eventi in un luminoso spazio sacrale. Se per Shepherdson “memory is the god that pray to us”, il compito del poeta è appunto quello di radunare e ricostruire le memorie di una vita attraverso le potenzialità eidetiche della scrittura, spazzando via i ricordi come polvere e convogliandoli nello specchio luminoso che racchiude il nostro vissuto fisico e psichico (“sweeping the light back into the mirror”). Accanto a luminose esplorazioni e descrizioni di un universo materno e domestico, ancora pulsante negli oggetti familiari appaiono raffigurazioni più meditative e a tratti surreali. Così accade in “No. 65” che sembra quasi richiamare uno spaesante quadro di Dalì (Senza titolo, 1931) dove una figura femminile è adagiata di schiena in un buio e desolato paesaggio, con la testa colonizzata da strani organismi: «trovò la propria testa sulla spiaggia/colonizzata in parte dalle ostriche/la raccolse/spinse indietro tutte e due le palpebre/con entrambi i pollici/e trovò gli occhi di sua madre». La serie di 72 immagini-paesaggio (una per ogni rispettivo anno di vita della madre) è orchestrata con abilità a formare un quadro totale che unisce brevi aforismi ed epigrammi a sequenze più lunghe, in un viaggio reale ed onirico tra dolore ed amore, perdita e speranza. Nel successivo Apples with Human Skin, l’intenzione di Shepherdson è di creare una sorta di poesia ‘visiva’ che esprima con immediatezza le idee, accentuando la forza espressiva della parola e ottenendo sulla pagina periodi slegati che assomigliano quasi a veloci pennellate di colore sulla tela, come affermato in elf: «una volta il mondo era trasportato sul dorso della tartaruga/finchè la parola non prese il posto dell’immagine/tu le hai restituito l’immagine/hai permesso alle idee di essere viste come colore puro».
Su altri versanti va collocata la poesia di Stavanger, poeta e musicista molto attivo in spettacoli di live performance in Australia ed oltreoceano; sotto il nome del suo alter-ego “Ghostboy”, l’autore sviluppa una spoken poetry dai tratti surreali e dalle movenze teatrali, nella convinzione che nel linguaggio poetico possa risiedere la capacità di re-immaginare il mondo: «Pronunceremo il nostro nome per la prima volta. Sillaberemo il nostro nome e ricorderemo ancora una volta la nostra pelle. Lo pronunceremo senza lettere o vocali e rivedremo il colore della nostra pelle senza specchi». La poesia di Stavanger, scandita dall’uso frequente di anafore, assonanze e rime interne, canta le vicende di una quotidianità urbana trasfigurata dalla poesia, con una sorprendente vitalità descrittiva che sembra provenire da un’immaginazione dai tratti quasi fanciulleschi, come accade in cactus: «mio figlio mi dice il bastone è un uccello/questo bastone è alato/spicca il volo». Così, la libertà compositiva di Stavanger è evidente in brani lunghi come Andy Comes Home, in cui assistiamo al surreale racconto delle imprese epiche di un criminale, celebrato come eroe cittadino in un inconsueto elogio funebre: «Che morte grandiosa, corri a raccontarlo a tutti/non morire da solo o tra la folla/non essere sepolto in una bara economica di pino/o avere il tuo funerale pagato per scherzo dai poliziotti: hai anche/avuto un elogio funebre dove uomini in cravatta piangevano come se/tu li avessi cambiati in piccolo, dove la spazzatura ti fu piazzata delicatamente/sul torso come per avvolgere un neonato». Oppure in Fridge, che rievoca il disastroso alluvione che colpì il Queensland, vengono narrate le peripezie di un frigorifero trascinato dalla corrente: «scivola giù per il fiume/teme i pidocchi del fango/e la mancanza di corrente/si ferma in divieto di sosta/ricorderà/un breve incontro/con un piano Gospel».
La poesia di Wagan Watson, di discendenza aborigena, ci offre invece uno spaccato del paesaggio urbano di Brisbane soffermandosi sui segni indelebili lasciati dai ‘colonizzatori’ sul suolo australiano, un tempo sacro alla cultura aborigena, rappresentando gli effetti visibili del “mito urbano” sul paesaggio circostante: «fumo grigio che si alzava dalla vecchia centrale elettrica/il paesaggio disseminato di recinti elettrici ed erbacce» (On the river); «il minaccioso bagliore del corpo guasto della città dietro di noi» (Night racing). Nostalgie di amori perduti accompagnano i viaggi solitari di Watson attraverso questo paesaggio in sfacelo, in un viaggio sia fisico che mentale: «la mente che naviga nel labirinto di bitume» (Night racing).
In bilico tra fisico e metafisico è invece la poesia di Savige, animata da una tensione analogica e metaforica, come in Intercession, ed aperta a sperimentazioni in stream of consciousness e automatismi psichici, come nell’ardita Agapanthus/Letter to Martin Johnston: «il missile balistico intercontinentale del ritmo frantuma/la presa: la frequenza del mito/ad ogni brusco respiro/mito di fatica consecutiva una serie di immagini fisse». Oppure in A place for the rain, divisa in due movimenti, Savige mette in scena una riflessione speculativa sul tempo, catturato attraverso un’enigmatica figura femminile: «qui/anche le rapide sono lente/lei striscia dentro al tronco cavo/e trova il tempo lì».
Infine, Beesley chiude il cerchio di questi cinque poeti australiani. L’assunto che si nasconde dietro ai suoi testi è quello indicato in epigrafe al suo Lemon Shark, in cui l’autore riprende Greenberg, critico d’arte americano sostenitore dei “colour field”: “L’intuizione che ti offre il colore del cielo si trasforma in una intuizione estetica quando smette di dirti com’è il tempo e diventa una pura esperienza del colore”. Un’ “intuizione estetica” abita anche le liriche di Beesley, dove attraverso una sintassi mai troppo complessa l’autore tenta di coinvolgere il lettore in altrettante esperienze ‘estetiche’ come in Colouring-in, suddivisa in movimenti che corrispondono ognuno ad un colore da esplorare: «Il verde/di colline o di foglia, profondo come stagni. Formalmente uno smeraldo,/o una foresta pluviale, luce di lattuga o un’improbabile Kermit./Verde di tavolo da biliardo». Infine, in Light breeze Beesley riprende il tema, essenziale in questa prospettiva estetica, dell’immagine fotografica, paragonando il fratello fotografo ad una “brezza leggera” capace di catturare, attraverso il suo occhio allenato, l’essenza delle cose: «Mio fratello è una brezza leggera/è un fotografo/la sua abilità si affina mentre/nascondendosi dentro le nostre conversazioni ad alta voce/i suoi occhi/catturano una stanza di notte».

nathan shepherdson[1]NATHAN SHEPHERDSON

 Nathan Shepherdson è nato a Brisbane e vive a Glass House Mountains in Queensland (Australia). Ha vinto numerosi premi di poesia: Josephine Ulrick Poetry Prize (due volte), Newcastle Poetry Prize, Arts Queensland Thomas Shapcott Poetry Prize, Arts Queensland Val Vallis Award, Mary Gilmore Award. E’ figlio del pittore Gordon Sheperdson. Ha pubblicato Sweeping the light back into the mirror (University of Queensland Press, 2006), What Marian Drew never told me about light (Small Change Press, 2008) e Apples with human skin (University of Queensland Press, 2009). Nel 2012 ha collaborato con l’artista Julie Barret realizzando l’edizione limitata Clouds in another’s blood (Light-trap press) e nel 2013 ha pubblicato The day the artists stood still (vol. 1) (Another Lost Shark Publication) in cui continua ad esplorare le relazioni tra poesia, linguaggio ed arti visive. Alcune traduzioni di sue poesie sono comparse nella rubrica “Officina poesia” di “Nuovi argomenti”.
(From:  Sweeping the light back into the mirror, University of Queensland Press, 2006)
 
N. 06
 
on the ferry to Thornton Street
the engines churn their liquid raga
the rails around the hull vibrate an alien song
as if tuning forks were lightly held against spinning ice
pitch cascading between the two sides of the brain
unfortunately i know where i am going
 
at the hospital
death can seem patient
walking the hall in his new slippers
 
        ****
 
sul traghetto per Thornton Street
vedo i motori schiumare in liquidi raga*
le ringhiere attorno allo scafo vibrare una canzone aliena
come  diapason  spinti leggermente contro ghiaccio rotante
l’altezza del suono che precipita tra i due emisferi cerebrali
sfortunatamente so dove sto andando
 
all’ospedale
la morte può sembrare paziente
mentre percorre i corridoi con le nuove ciabatte
 
* I raga, nella musica classica indiana, sono particolari strutture musicali basate su un certo numero di scale
 
N. 08
 
every word we ever said to each other
laid side by side on the white grass
each tied with a single strand of your black hair
 
                    *
ogni parola che ci siamo detti
distesa lato a lato sull’erba bianca
ognuna legata con un solo filo dei tuoi capelli neri
 
 
 
N. 09
i write the word ‘mute’
into the condensation on the window
breath across it again
and write your name
then lick the letters off the glass
pretending my tongue is a mop for souls
 
we have the evenness of our hands
to survey the unevenness of our lives
 
 
                    *
scrivo la parola ‘muta’
sul vetro appannato della finestra
ci respiro ancora attraverso
e scrivo il tuo nome
poi lecco via le lettere dal vetro
fingendo che la mia lingua sia uno straccio per anime
 
abbiamo la simmetria delle nostre mani
per sondare la disarmonia delle nostre vite
  
N. 23
 
I attach a parachute to my head
throw it off the cliff at Kangaroo Point
float it down on the dissipation of your last breath
 
                    *
 
 
mi attacco un paracadute sulla testa
lo getto giù dalla rupe di Kangaroo Point
lasciandolo fluttuare in volo sull’esalazione del tuo ultimo respiro
 
*** 
 
N. 32
in the plastic receptacles provided
I put cuttings from a flowering buckinghamia
the fragrance
an almondine mix of powdered bone and unborn honey
 
the ants will find the kiss i placed on the ground
 
              
***
 
negli appositi recipienti di plastica
metto le potature di una buckinghamia in fiore
l’aroma
un imprevisto profumo di mandorle, ossa in polvere e miele immaturo
 
le formiche troveranno il bacio che ho posto nel terreno
 
N. 50
 
your pet cockatiel is still alive
uncomplaining in her Caligari cage
she still sings at the sound of the front gate
a kind of doorbell with feathers
she waits for the morning sun in the laundry
and is covered by your old blouse at night
 
she only ever liked being patted by women
bobbing to offer the back of her head
she was cantankerous with men
would ward off their fingers with a nip
she is happy to let men pat her these days
whistles and summons my finger through the wire
her unflown wings the grey of unnoticed clouds

                     ****

la tua calopsitta è ancora viva
docile nella sua gabbia Caligari
canta ancora al suono del cancello
un campanello di penne attende
il sole mattutino nella lavanderia
di notte si veste con la tua vecchia blusa invernale
 
le piaceva farsi accarezzare solo da mani femminili
offriva in alto la nuca sollevata
era irascibile con gli uomini
scansava le loro dita con una beccata
oggi è lieta di lasciarsi accarezzare
fischietta e cerca il mio dito attraverso le sbarre
le sue ali incapaci di volare
sono il grigio di inavvertite nuvole
 
N. 65
 
he found his own head on the beach
partially colonised by oysters
he picked it up
pushed both eyelids back with both thumbs
and found his mother’s eyes
 
      ****
 
trovò la propria testa sulla spiaggia
colonizzata in parte dalle ostriche
la raccolse
spinse indietro le palpebre con entrambi i pollici
e trovò gli occhi di sua madre
 
 N. 70
 
when beauty speaks
i listen
listen to the prayers
that now carry your silence home
 
      ***
 
quando la bellezza parla
ascolto
ascolto le preghiere
riportare il tuo silenzio a casa
                 
N. 71
 
 
i wish i could draw your fingerprints from memory
exhume entire landscapes from an archive of touch
 
      ***
 
vorrei estrarre le tue impronte digitali dalla memoria
dissotterrare interi paesaggi da un archivio del toccare
 
 N. 72
 
memory is the god that pray to us
 
      ****
memoria è dio che prega per noi
 
 (from:  Apples with human skin, University of Queensland Press 2009)
 
 
Dreizehn
 
 
                                              Trakl’s voice, a voice like a second self
                                              Kokoschka
 
soaked with rain
drinking wine
you sat in the painter’s studio
a studio with black walls
the dark adding blood to colour
 
you watched in silence
watched the silence (        )
movement in the painter’s hand
air stained with pigment
portholes in his head
with a view to the Viennese Ocean
collapsed with broken bodies and love
 
you drew words in your mouth
invoking poetry as an additional witness
soaked with rain
drinking wine
movement in the poet’s hand
air stained with pigment
you name the picture – Die Windsbraut
 
 
 
 Tredici
 
                                              La voce di Trakl, una voce come un secondo sè
                                              Kokoschka
 
 
fradicio di pioggia
ubriaco di vino
sedevi nello studio del pittore
uno studio dalle pareti nere
il buio insanguinava il colore
 
hai guardato in silenzio
guardato il silenzio (        )
movimenti nella mano del pittore
l’aria macchiata di pigmenti
oblò nella sua testa
con una vista sull’Oceano viennese
franato di corpi spezzati e amore
 
hai disegnato parole nella tua bocca
invocando la poesia come testimonianza ulteriore
fradicio di pioggia
urbiaco di vino
movimenti nella mano del poeta
l’aria macchiata di pigmenti
nominavi il quadro – La Sposa del vento*
 
* Su Oskar Kokoschka, si veda My life, traduzione di D. Britt (London: Thames & Hudson, 1974). Kokoschka aveva uno studio con le pareti dipinte di nero. Trakl fece visita a Kokoschka nel suo studio mentre l’artista stava lavorando al suo dipinto Die Windsbraut (La Sposa del vento), che si riferisce alla rottura della sua relazione con Alma Malher. Sembra che, dopo aver guardato Kokoschka lavorare al dipinto per un po’ di tempo, Trakl compose/recitò la sua poesia Die Nacht (La notte), in risposta al dipinto. La poesia contiene il verso Die ergühende Windsbraut che dà appunto il titolo a questo importante dipinto.
 


david stavanger[1]
DAVID STAVANGER

 David Stavanger, meglio conosciuto con il nome del suo alter ego “Ghostboy”,  è un poeta e musicista di Brisbane particolarmente attivo in live performance, poetry slam e festival. Nel 2005 ha vinto la ‘Nimbin Performance Poetry World Cup’ confermandosi come uno dei più innovativi performance poet in Australia. E’ slam-master e coordinatore dell’Australian Poetry Slam della State Library del Queensland e ha partecipato con propri spettacoli a numerosi festival: Brisbane Writers Festival, Sydney Writers Festival, Brisbane Cabaret Festival, Tasmanian Poetry Festival, Woodford Folk Festival e il NightWords alla Sydney Opera House.  Il suo secondo libro And the Ringmaster said è stato pubblicato dalla Small Change Press, casa editrice indipendente del South-East Queensland del quale è stato co-fondatore nel 2006. Pubblicato su numerose riviste australiane ed internazionali, nel 2013 ha vinto il Thomas Shapcott Poetry Prize e nel 2014 ha pubblicato The special (University of Queensland Press).
 (From:  And the Ringmaster Said, Small Change Press, 2009)
 
Andy Comes Home
 
Oh what a beautiful death, go tell the others
your brother surprised to not find you
dead in a ditch, rolled in a gutter
bullet in the brain
              rumors spread across the four quarters of this city
you once called home
 
didn’t have your skull smashed in a brawl
or sprawl in front of a truck
coked up, beautifully in love
 
Oh what a beautiful death, go tell the others
not to die at your own hand or the hand of another
no frenzied lover stabbing you in the throath
throwing the toaster into a cracked bathtub
 
mouth full of tubes not paint thinner
no strippers or playing cards
slipped down your pants pocket
 
 
Oh what a beautiful death, go tell the others
your mother will get a body with the bag this year
she never saw you leaving behind a cent let alone
kids whose names you knew and a wife who
you never cheated on and a job that required you
to work and you even smiled when she rang
sent her cards on all the big occasions
 
Oh what a beautiful death, go tell the others
not to die alone or in a crowd
not to be buried in a cheap pine box or have
your funeral paid for by police as a joke:
you even had a eulogy where men in ties
cried as if you had change them in small ways,
where the dirt was gently placed on your torso like wrapping
a new-born and the local press there not to report the death of
some petty crim, some wild thing but to mourn a member of their
society and speak of your sobriety and lethal forehand and speed
around the squash court, you who shot a teenager when a child, you who
jumped fences when everyone else was building walls, you who listened to the
Ramones and drove from Cronulla to Loftus at twice the speed of light without a
seat belt and your eyes closed, you who threw bouncers off balconies and had
wet eyed women with angry fists at every turn, you who taught me how to steal
credit cards and when and where to use them, you who looked like Richard Gere
– always the gentleman and a gigolo, you who never knew your parents and you
who kept a crystal spoon and hose pipe under your pillow, you who never laid a hand
on me but many hands on those that tried to, you who no-one had seen in twenty years
since you disappeared after your last stretch for kidnapping your own son, you who
crashed parties using that crooked charm and no mercy, you who died in a hospital and
not on the run, you whose last words were surrendered silent and tender, you whose
remains pigeons will scatter to the four quarters of this city you once called home,
you who refused to lie six feet under, you who the sky will never forgive for stealing its
 
thunder
 
 
Andy torna a casa
 
 
Che morte grandiosa, corri a raccontarlo a tutti
la sorpresa di tuo fratello di non trovarti
morto sepolto in un fosso, rotolato in una cunetta
con un proiettile nel cervello
               la notizia si sparge per i quattro quartieri di questa citta’
che una volta hai chiamato casa
 
 
non avevi il cranio sfondato in una rissa
o spappolato in un frontale con un camion
fatto di coca, meravigliosamente innamorato
 
 
Che morte grandiosa, corri a raccontarlo a tutti
non morire per mano propria o per mano di un altro
niente amanti pazze pronte ad accoltellarti alla gola
gettando il tostapane in una vasca da bagno crepata
 
la bocca intubata,
niente strippers o giochi di carte  
per svuotarti le tasche
 
Che morte grandiosa, corri a raccontarlo a tutti
tua madre ricevera’ un corpo in una borsa quest’anno
lei non ti aveva mai visto risparmiare un centesimo
i tuoi ragazzi di cui conoscevi il nome, una moglie fedele
un buon posto di lavoro
e pure il tuo ennesimo sorriso quando lei telefonava
mandando cartoline per tutte le grandi occasioni
 
      Che morte grandiosa, corri a raccontarlo a tutti
non morire da solo o tra la folla
non essere sepolto in una bara economica di pino
o avere il tuo funerale pagato per scherzo dai poliziotti: hai anche
avuto un elogio funebre dove uomini in cravatta piangevano come se
tu li avessi cambiati in piccolo, dove la spazzatura ti fu piazzata delicatamente
sul torso come per avvolgere un neonato e la stampa locale era li’ non per riportare
   la fine di un crimine di poco conto o di un episodio selvaggio di cronaca, ma per piangere un membro della loro societa’ e parlare della tua sobrieta’e del tuo vantaggio letale e velocita’su e giu’ per il campo da squash, tu che hai sparato a un ragazzino quando eri ancora un bambino, tu che saltavi le staccionate quando gli altri costruivano muri, tu che ascoltavi i Ramones e guidavi da Cronulla a Loftus al doppio della velocita’ della luce senza la cintura e ad occhi chiusi, tu che hai gettato i buttafuori giu’ dai balconi e avevi ogni volta donne con occhi bagnati di pianto e i pugni alzati, tu che mi hai insegnato a rubare carte di credito e quando e dove usarle, tu che sembravi Richard Gere ─ sempre gentleman e gigolo’, tu che non hai mai conosciuto i tuoi genitori e tenevi un cucchiaio di cristallo e una pipetta sotto il cuscino, tu che non mi hai mai messo le mani addosso ma lo hai fatto con quelli che ci hanno provato su di te, tu che nessuno aveva piu’ visto per 20 anni da quando sei scomparso dopo il tuo ultimo tentativo di rapire tuo figlio, tu che facevi faville ai party con quel tuo fascino da truffatore senza pieta’, tu che sei morto in un ospedale e non in fuga, le cui ultime parole si arresero silenziosamente e dolcemente, e i cui resti saranno sparsi dai piccioni ai quattro angoli di questa citta’ che tu una volta hai chiamato casa, rifiutando di giacere sei piedi sotto terra, e a cui il cielo mai concedera’ perdono per avergli rubato
 
      
       il suo tuono
 
15 Birds
 
outside each emergency room         crows wait
a young lady walks by                     red dress crashing cars
the suburbs are no longer where the nests are built
the night parrots will never see the sun
wattle-throated pensioners board the first bus
peak hour our middle fingers raised / stabbing clouds in defiance
the wingspan of sky scrapers
below the avian families flock to the shops
birds of one feather / come together Friday night
do not feed the common myna or give money to thin men on corners
her nome de plume was Promise / breasts proudly pressed in her jacket of intent
on Saturday night the raptors strike
shirt tucked in / claws out                taxis record their flight plan
 
15 birds in every corner
the roosters ready their crow
 
       
         ***
 
      15 uccelli
 
          fuori da ogni pronto soccorso       i corvi attendono
          una signorina passa accanto          il suo vestito rosso si schianta con le auto
          nascono nidi al posto di quartieri in costruzione
          i pappagalli notturni non vedranno mai più il sole
          pensionati col doppio mento salgono sulla prima corriera
          nell’ora di punta le nostra dita medie alzate / per accoltellare le nuvole in segno di sfida
          l’apertura alare dei grattacieli
          e sotto stormi di pennuti si riuniscono nei negozi
          uccelli con una penna sola / si radunano venerdì sera
         
          non dar soldi a magrolini all’angolo, non dar cibo al merlo indiano
          il suo nome d’arte era Promise/ seni stretti con orgoglio da miss nella sua giacca d’intenzioni
          Sabato sera i predatori  pronti ad attaccare
          camicie nei calzoni / artigli fuori          i taxi registrano la loro rotta
 
          quindici uccelli in ogni angolo
          i galli si preparano a cantare
 
                              
      ***
 
(From: The special, University of Queensland Press, 2014)
 
 
cactus
 
my son tells me the stick is a bird
my son tells me this stick has wings
it takes flight
 
he didn’t drink peyote / take a trip to the Mexican sands
can’t smoke weed or read Castaneda
he just knew feathers when they were in his hands
 
my son tells me this stick is a bird
my son smiles and sets this bird free
it takes flight
 
we watch it soar to the ground / sweep into the afternoon
it is spring and all the mother’s hands are full
a raft of birds lie in wait beneath the swings
 
my head is clear and we are singing
 
 
***
 
cactus
 
mio figlio mi dice il bastone è un uccello
questo bastone è alato
spicca il volo
 
non ha bevuto peyote / non si è fatto un viaggio nelle sabbie messicane
non può fumare erba o leggere Castaneda
conosceva solo queste penne tra le sue mani
 
mio figlio mi dice questo bastone è un uccello
mio figlio ride e lo libera
spicca il volo
 
lo guardiamo librarsi in alto fino a terra / scivolare nel pomeriggio
è primavera e le mani delle madri sono colme
una zattera di uccelli attende sotto le altalene
la mia testa è limpida     come un canto
 
Fridge
 
floats down river
worries about mud lice
and loss of power
 
stops in no parking zones
 
will recall
a brief encounter
with a Gospel piano
 
enters the playground of roofs
 
yields nothing
to hungry dogs
or startled onlookers
 
no longer holds
blood orange
and old sausages
 
bumps into bridges
asks nothing of river bank
 
mourns broken seals
steals past ships
 
notes other white goods
on top of cars
at the bottom   
of swimming pools
 
touches overhead branches
 
cannot avoid direct sunlight
releases carbon slowly
into surging brown water
 
born to be full of beer
once dated an esky
 
hovers over houses
is alarmed by outboard motor
 
drifts past factories
plays dodgem with bus stops
 
glides through the drive through
carries no change
does not order
a fudge sundae
 
wishes for a raincoat
finds a broken umbrella
 
bears more than it’s own weight
ferries the last of the sea gulls
 
asks a drowned cat
how many lives?
 
***
 
Frigo
 
scivola giù per il fiume
teme i pidocchi del fango
e la mancanza di corrente
 
si ferma in divieto di sosta
 
ricorderà
un breve incontro
con un piano Gospel
 
entra nei cortili dei tetti
 
non cede nulla
a cani affamati
o sconcertati spettatori
 
non conserva più
arance rosse
o vecchie salsicce
 
sbatte contro i ponti
se ne sbatte dell’argine
 
si lamenta per le guarnizioni rotte
sguscia tra le navi
 
nota altri elettrodomestici
in cima alle macchine
sul fondo delle piscine
 
con la testa tocca i rami
 
non può evitare la luce diretta del sole
rilascia carbonio lentamente
nell’acqua marrone che ribolle
 
nato per essere pieno di birra
una volta ha dato appuntamento a una borsa termica
 
si libra sulle case
ha un motore fuori bordo come allarme
 
si trascina oltre le fabbriche
gioca agli autoscontri con le fermate del tram
plana sui drive-through
non ha spiccioli
non ordina
un gelato al caramello
 
vorrebbe un impermeabile
trova un ombrello a pezzi
 
porta più del suo stesso peso
trascina l’ultimo dei gabbiani
 
chiede a un gatto annegato:
quante vite ancora??
 
Samuel Wagan Watson[1]SAMUEL WAGAN WATSON
 
Discendente di antenati aborigeni, con origini tedesche e gaeliche, Samuel Wagan Watson è cresciuto in una famiglia di autori affermati, politici, imprenditori, accademici, artisti e narratori. È nato ‘illegalmente’ a Brisbane nel 1972, ed è sopravvissuto alla sua adolescenza sulla Sunshine Coast. Sue raccolte di poesia hanno ottenuto riconoscimenti prestigiosi e sono tradotte in 7 lingue, sono state soggetto di opere musicali, cinematografiche e televisive, di progetti di arti visive. Samuel ha ricevuto l’incarico di scrivere per un certo numero di agenzie ed enti governativi, dal Brisbane City Council fino alla Japanese Aeronautical Exploration Agency. Lavora attualmente come scrittore freelance su commissione e sta ultimando due libri che verranno pubblicati nel 2014.
 
(From: Smoke Encrypted Whispers, University of Queensland Press, 2004)
 
Magnesium girl
 
I was kissing the girl
with magnesium breath,
all over me
her burning hot magnesium
 
ahh to touch
 
the boundaries of delight
and pain
for you only hurt those you can love
when lust becomes a mercenary
for the weak hearted of humanity
 
the magnesium breath
inviting me to her bowl of splinters
nothing but the frozen tears of her last love
picked up in the rain
and our relationship,
a shrouded threesome,
death always being
that silent partner
 
oh that magnesium girl
with the strawberry hair
how my black flesh and rye once lingered
to be one with you
my magnesium
 
Ragazza al magnesio
 
Baciavo la ragazza
dal respiro di magnesio
tutto su di me
il suo caldo bruciante magnesio
 
ahh toccare
 
i confini del piacere
e del dolore
perché puoi ferire solo chi ami
quando il desiderio diventa un mercenario
per il debole cuore umano
 
il respiro di magnesio
che mi offriva il suo vaso di schegge
null’altro che le lacrime ghiacciate del suo ultimo amore
raccolto nella pioggia
e la nostra relazione,
avvolta in un terzetto,
con la morte sempre tra noi
come compagna silenziosa
 
oh quella ragazza di magnesio
coi capelli di fragola
come la mia carne nera di segale
a lungo si attardò
per unirsi a te
mia ragazza di magnesio
 
 
On the river
 
it was a drive through the sleeping industrial giants
and thirty minutes before a flight
along Brisbane’s vein of union disputes
to a secluted spot on the river’s edge
with its cold sea breezes and dead things,
we kissed
and said goodbye
discovering that we both had feelings for deserted factories
and abandoned mechanical bits
and for each other
thirty minutes before a flight
and two writers can’t find the words
to ease the tearing of departure
serenaded by a blow-torch on a rusting iron hulk upon the water
grey smoke billowing from the old power station
the landscape studded with electric fences and weeds
her and I at home amongst it all
we kissed
and said goodbye
 
Sul fiume
 
Una corsa tra i giganti industriali addormentati
trenta minuti prima di un volo
lungo la vena di Brisbane con le sue controversie sindacali
fino a un punto solitario sull’argine del fiume
con le sue fredde brezze marine e cose morte
ci siamo baciati
e ci siamo detti addio
scoprendo di avere entrambi una passione per le fabbriche deserte
per i pezzi meccanici abbandonati
e uno per l’altra
trenta minuti prima di un volo
due scrittori non riescono a trovare le parole
per alleviare lo strappo della partenza
una fiamma ossidrica su una ringhiera di ferro arrugginita sull’acqua
a farci da serenata
fumo grigio che si alzava dalla vecchia centrale elettrica
il paesaggio disseminato di recinti elettrici ed erbacce
lei e io a casa tra tutto
ci siamo baciati
e ci siamo detti addio
 
 Kangaroo Crossing
 
I know this stretch in my blood
 
this is where the Megaleia rufa song
cries louder that any car stereo
 
the dreaming that suddenly crawls onto the road
and take it
out of the living –
the ones who fantasised constantly on their own immortality
behind the wheel
 
but this stretch of road … this stretch
is where the extroverted angels turn their heads
as the flash that is stronger than steel
launches onto the highway
and brings those of the present
forward to their own judgment day
 
refraction of light
from split seconds
                             to eternity
 
 
 Attraversamento di canguro
 
 
Conosco questo tratto fin nelle vene
 
è dove la canzone Megaleia rufa
suona più forte di ogni autoradio
 
il sogno che improvvisamente striscia sulla strada
 
e la porta fuori
dalla vita –
quelli che fantasticarono sulla loro stessa immortalità
dietro al volante
 
ma questo tratto di strada… questo tratto
è dove gli angeli estroversi girano le teste
non appena il lampo più duro dell’acciaio
si proietta sul’autostrada
e porta i presenti
dritti al loro giorno del giudizio
 
rifrazione di luce
da secondi divisi
                            all’eternità
                            
 
 
Night Racing
 
night racing through the suburbs
of white stucco dreaming
the menacing glow of the city’s tainted body behind us
as the custodians of the estate domiciles
spy through the holes in their lace curtains
at the howl of our twin-cam war party
drowning out the dying heartbeat of this captured landscape
our small bodies shivering a techno pulse
 
hugging into corners
accelerating onto the straights
a growling junkyard dingo under the bonnet,
the beast made up from parts here and there
born for the walkabout rally
black feet pumping racing pedal to floor
breaking the silence of the settlers’ sacred sites
enveloped in shadows when not haunted by the silhouettes of
    urban myth
 
mind navigation into the bitumen labyrinth
these areas we treat with the same contempt as laid upon us
as middle-class Australia prepares for another evening
darkness and the dreaming of jaywalkers and nightstalkers
yes, it cradles us too
like the Earth Mother did the warriors of old
but we’re too scared to look behind us or in the rear-view mirror
to catch a wink from Voodoojack
                                                     and his perpetual black grin
 
 Corsa Notturna
 
corsa notturna per i sobborghi
di stucco bianco sognando
il minaccioso bagliore del corpo guasto della città dietro di noi
quando i custodi dei complessi edilizi
spiano dai buchi delle loro tende ricamate
all’ululare del nostro motore bicilindrico da assalto
 
che copre il battito morente di questo paesaggio catturato
i nostri piccoli corpi che fremono pulsazioni tecno
 
stringendosi nelle curve
accellerando sui rettilinei
un ringhioso dingo da sfasciacarrozze sotto il cofano
 
la bestia composta di pezzi presi qui e lì
nata per un percorso da rally
i piedi neri che spingono l’accelleratore a tavoletta
rompendo il silenzio dei luoghi sacri dei colonizzatori
avvolti dalle ombre quando non tormentati dalle sagome
   del mito urbano
 
la mente che naviga nel labirinto di bitume
trattiamo queste zone con lo stesso disprezzo riservato a noi
mentre l’Australia borghese si prepara per un’altra serata
l’oscurità e il sogno di pedoni improvvisi e cacciatori notturni
che ci tiene tra le braccia
come la Madre Terra fece con gli antichi guerrieri
ma siamo troppo spaventati per guardare indietro o nello specchietto
per catturare un’occhiata di Voodojack
                                                              e del suo eterno ghigno nero
 
 
Gas Tank Sonnets
 
1 hour out of Byron Bay
and no dreams for three days
when the snakes in the engine
hatched a mutiny
 
the radiator hose was the first to go
 
a roadside heart-attack,
meatball surgery with a swiss-army knife
and almost hijacked by hitchers
 
the days and days of service station pies
finally ripped through my spare tire
and cocktails of on-edge nerves did their work
 
while all the time
across the hills, the Pacific
looking good enough to eat
 
feelings of withdrawal
                                   leaving
                                               Byron Bay and the muse,
for the likes of Brisbane-town
and this want of becoming a writer
 
tongue dragging along the bitumen
regurgitating yesterday’s gravel,
the mind aflush
with gas tank sonnets
 
 
 
Sonetti del serbatoio di benzina
 
1 ora da Byron Bay
e senza sogni per tre giorni
finchè i serpenti nel motore
si ammutinarono
 
il tubo del radiatore fu il primo ad andare
 
un attacco di cuore sul ciglio della strada,
chirurgia d’emergenza con un cortellino svizzero
e quasi rapinato dagli autostoppisti
 
giorni e giorni di tortini alle stazioni di rifornimento
finalmente squarciarono la mia gomma di scorta
e cocktail di nervi a fior di pelle fecero la loro parte
 
mentre per tutto il tempo
attraverso le colline, il Pacifico
sembrava in grado di inghiottire
 
i miei sentimenti d’esilio
                    mentre lasciavo
                                               Byron Bay e la musa,
per la voglia di Brisbane città
e questo bisogno di diventare uno scrittore
 
la lingua che si trascinava sul bitume
rigurgitando la ghiaia di ieri,
la mia mente sciacquata
dai sonetti del serbatoio di benzina
 
 
The Thousand-yard Stare
 
for Loretta
 
 
I remember Lou-Lou in a blue sarong
and a tow-truck driver
                                  whose dirty jokes couldn’t go wrong,
‘cause at the beginning of the journey
                                                         there are no bad memories
                                                                      of roadside love
 
but now, I’ve got the thousand-yard stare
‘cause the breakdowns are just too frequent
                                           stuck out here
                                                   on a fractured highway of angst
 
there’s no more emergency phone calls,
the dial-tone has gone cold,
                                           dead as the bitumen
no longer can I pick from the tar
                                                    inklings of love
 
so now, I’ve got the thousand-yard stare
                                                 down the endless road in my head
that I have to walk back alone
                               retinas burning
                                      flanked by a red, rabbit jacked landscape
while the crows swoop and pick
                         I’m wanting to say sorry, for all those breakdowns
I was just going blind
                                  and now, on my own
                                                                   it’s hard,
finding it hard
                       finding my way home
 
 
Sguardo distante anni luce
 
a Loretta
 
 
Ricordo Lou-Lou in un blu sarong
e un autista di autorimorchi
                                  le cui barzellette sporche funzionavano sempre,
perché all’inizio del viaggio
                                                  non ci sono brutti ricordi
                                                                     d’amore da ciglio della strada
 
ma ora, ho lo sguardo distante anni luce
perché i guasti sono proprio troppo frequenti
                                           imprigionato qui fuori
                                                   su una autostrada d’angoscia in frantumi
 
niente più chiamate d’emergenza,
il segnale di linea libera fattosi ghiaccio
                                           morto come il bitume
non posso più raccogliere dal catrame
                                                    indizi d’amore
 
così ora ho lo sguardo distante anni luce
                                                 giù per la strada infinita della mia testa
 
che devo ripercorrere da solo
                               le retine in fiamme
                                                   costeggiate da un rosso paesaggio di lepri
mentre i corvi scendono in picchiata a raccogliere i resti
 
                         ho voglia di chiedere scusa, per tutti quei crolli
stavo proprio diventando cieco
                                  ed ora, da solo,
                                                                  è dura
 
trovarla, dura
                        trovare la via che mi riporti a casa
 
  

Jaya Savige[1]JAYA SAVIGE

 Jaya Savige è nato a Sydney ed è cresciuto a Bribie Island (Queensland, Australia). La sua prima raccolta di poesie, Latecomers (UQP 2005), ha vinto il Kenneth Slessor Prize (NSW Premiers Awards) e la sua seconda raccolta, Surface to Air (UQP 2011), è arrivata finalista per il The Age Poetry Book of the Year. Il suo ultimo libro di poesie è Maze Bright (Vagabond, 2014). Ha una borsa di studio come Gates Scholar al Christ’s College, Università di Cambridge e insegna al New College of the Humanities di Londra.
 
 
(From:  Latecomers, University of Queensland Press, 2005)
 
 
A Place for the Rain
 
here
even the rapids are slow
 
she crawls through the hollow log
and finds time there
 
time to handle the fabric of the mountain
time to stitch the moss into couture
 
there’s a place for the rain
behind her eyes –
 
lightning quickens
in the catchment of her lashes
 
our breaths commingle, forming a microclimate
no mosquito can fix upon
 
then, life flashes across our path
in a swift colourful spray
 
a dragonfly alights upon her hair
I find pause in the thought of her
 
 
Un posto per la pioggia
 
 
 
qui
anche le rapide sono lente
 
lei striscia dentro al tronco cavo
e trova il tempo lì
 
tempo per toccare il tessuto della montagna
tempo per cucire il muschio in alta moda
 
c’è un posto per la pioggia
dietro ai suoi occhi –
 
un fulmine si risveglia
nel bacino delle sue ciglia
 
i nostri respiri si mescolano, formando un microclima
nessuna zanzara può fermarsi sopra
 
poi la vita lampeggia sul nostro sentiero
in un rapido getto colorato
 
una libellula si posa sui suoi capelli
trovo una pausa nel suo pensiero
 
 
 
Agapanthus / Letter to Martin Johnston

 
 
i.m.  D.S.
 
I
 
an agapanthus petal    slams into a whirpool
                                    Eli / to attain cold peace but / Eli
the cross oxygen makes ice-cream sear cognisance / lama sabachthani*
hard into the sacrificial chicane or morphine corridor
                         where the incest of Hypnos & Thanatos
                              attends spines with scalding shovels.
 
agapanthus means ‘flower of love’
not this inert filigree of tactile silence
never thought I’d slow you down this much –
you were young in Sidney a bowl & I
the swollen oats a stone a heavy lump so there you lie
 
now in the smithy of the Pacific to test a new cocktail
the ‘H-Bomb’ (for horizon) / paracetamol plus scotch for dusk
& the stars rattle along to Bikini Atoll (radiant for fashion in France
posing as a cryptic clue) but    all the stars are falling here
alone in the close between the chapel & you
 
II
 
Magellan sarong of Venus wrapped twice around that
year we scaled: the fibreglass simulacrum
                                       of a Glasshouse Mountain
 
you crossed the passage on a ski
left me to fumble this frothy umbel of darkening seas
 
the beach a breakfast of wild honey & I’m stuck
at the stall of dawn, some lone golden fruit tumbling
in reverse, up from behind a broken island cart
 
squinting at the atrocity of this luminous cyclonic corona
lifting itself up on its taut right shoulder
 
                                       there is silence for a time
                                       after each wave crashes
 
a frail palliative shawl drapes her bluebottle waterfall
(some jellies you can throw as discs)
the moon has poured out all her vinegar &
 
the intercontinental ballistic missile of rhythm shatters
the catch: the frequency of myth
with each sharp breath / myth of sequent toil a set of stills
 
III
 
so I sit to write ‘still life with cigarette’ like a
near-sighted comedian with a far-out tragic joke
or an argument over religion without the safety of a text
but     I cannot fill the void between now & what comes next
 
then bump into tableaux vivants:
 
                                    random newspaper pentameter –
                      SERIAL RAPIST FAINTS AT GUILTY VERDICT
 
& we are back with Ovid (for psychoanalysis):
the Actheon press corrodes the swift mercedes
                          possesses Diana in a net of steel chassis
 
                                   Coemus!… Coemus!*
                           reflection the frieze of recognition
                  iste ego sum: sensi nec me mea fallit imago…
 
foetal mirror of mercury so poisonous
your pancreas burst for these truly dismal baptisms
 
so I ask can the somnolent planet of
metempsychosis divert our dark itinerary?
 
if not then skip to
              nautical prodigy sketching empty coastlines
        with recent model sextant for this whirpool of death
 
Athena, make haste to help me for I twitch like your son
an Odyssean sea cucumber thumb
become numb rusk of a deep-sea cowboy at high noon-tide –
 
                                     charting the distance from
                                     Persephone to Proserpina –
 
her dark eyes avenge her smudged mascara
the guard checks that the chapel doors are locked.
 
* ‘Eli, Eli, lama sabachthani’ è tradotto dall’aramaico (Matt. 24:46).
* ‘Coemus’…’Coemus’ è una citazione dalle Metamorfosi di Ovidio (III. 463). Narciso pronuncia la frase Iste ego sum: sensi, nec mea fallit imago quando riconosce il riflesso della sua immagine.
  
Agapanto / Lettera a Martin Johnston
 
i.m.  D.S.
 
 
 
I
 
un petalo di agapanto   sbatte in un vortice
                                     Eli / per raggiungere la fredda pace ma / Eli
l’ossigeno della croce fa una scottante conoscenza del gelato / lama sabachthani*
dura nella chicane sacrificale o corridoio della morfina
                     dove l’incesto di Hypnos & Thanatos
                         attende spine con pale roventi
 
agapanto significa ‘fiore dell’amore’
non quest’inerte filigrana di silenzio tattile
non ho mai pensato di rallentarti così tanto –
eri giovane in Sidney, una scodella ed io
fiocchi d’avena gonfi una pietra un grumo pesante così lì giaci
 
ora nella fucina del Pacifico per testare un nuovo cocktail
la ‘Bomba-H’ (per l’orizzonte) / paracetamolo più scotch wisky per il crepuscolo
& le stelle tremano insieme a Bikini Atoll (raggiante per la moda in Francia
in posa come un indizio criptico) ma   tutte le stelle sono in caduta qui
solo nelle vicinanze tra la cappella & te
 
II
 
Sarong di Magellano di Venere avvolto due volte intorno
quell’anno in cui scalammo: il simulacro in fibra di vetro
                                                         di una Glasshouse Mountain
 
attraversavi il passaggio su uno sci
mi lasciavi brancolare in questa schiumosa ombrella di mari oscurati
 
la spiaggia una colazione con miele selvatico & mi fermo
allo stallo dell’alba, alcuni solitari frutti d’oro che cadono
al contrario, da dietro un carretto in pezzi
 
strizzando gli occhi all’atrocità di questa luminosa corona ciclonica
che solleva se’ stessa sulla sua spalla destra tesa
 
                                      c’è silenzio per una volta
                                      dopo che ogni onda si spezza
 
un fragile palliativo scialle drappeggia la sua cascata di medusa bluebottle
(meduse che puoi tirare come dischi)
la luna ha riversato tutto il suo aceto &
 
il missile balistico intercontinentale del ritmo frantuma
la presa: la frequenza del mito
ad ogni brusco respiro / mito di fatica consecutiva una serie di immagini fisse
 
 
III
 
così mi siedo a scrivere ‘natura morta con sigaretta’ come un
miope comico in un incredibile tragico scherzo
o una discussione sulla religione senza la sicurezza di un testo
ma     non riesco a colmare il vuoto tra l’oggi  e ciò che viene dopo
poi m’imbatto in tableaux vivants:
 
                                    pentametro casuale di giornale –
                      STUPRATORE SERIALE SVIENE AL VERDETTO DI COLPEVOLEZZA
                      
 
& siamo tornati ad Ovidio (per la psicoanalisi):
Atteone preme corrode le veloci mercedes
                    possiede Diana in una rete di telaio d’acciaio
 
                                  Coemus!… Coemus!
                              riflessione il fregio di riconoscimento
                         iste ego sum: sensi nec me mea fallit imago…
 
specchio fetale di mercurio così velenoso
che il tuo pancreas scoppiò per questi battesimi veramente lugubri
 
così mi chiedo può il pianeta sonnolente della
metempsicosi deviare il nostro buio itinerario?
 
se no allora passare al
                   prodigio nautico abbozzare vuote linee costiere
                   con una recente sestante, modello per questo vortice di morte
 
Atena, affrettati ad aiutarmi perché io mi contorco come figlio tuo
un pollice di cetriolo di mare dell’Odissea
divento insensibile fetta biscottata di un cowboy d’altura all’alta marea di mezzogiorno –
   
                                    tracciando la distanza da
                                    Persefone a Proserpina –
 
i suoi occhi scuri vendicano il suo mascara sbavato
la guardia controlla che le porte della cappella siano chiuse a chiave.
 
A Place for the Rain II
 
afternoons
raincoating through waterfalls
 
vagaries of light    she accidentally
photographs a rainbow
 
her eyes bioluminescence
daytime constellations
 
her tongue, tentative bird
confides in our nest of lips
 
my skin exceeds awareness
but is more ecstatic
 
than the plastic bag
amid the strangler figs
 
I think of the symbiosis
between trapdoors and glowworms
 
either way I mistranslate
the aspect of her soul
 
 
Un posto per la pioggia II
 
pomeriggi
impermeabili attraverso cascate
 
capricci di luce      lei accidentalmente
fotografa un arcobaleno
 
i suoi occhi bioluminescenza
diurne costellazioni
 
la sua lingua, uccello provvisorio
confida nel nostro nido di labbra
 
la mia pelle eccede in consapevolezza
ma è più estatica
 
di un sacchetto di plastica
tra i ficus
 
Penso alla simbiosi
tra botole e lucciole
 
in ogni caso traduco impropriamente
l’aspetto della sua anima
 
 
Intercession
 
 
sitting on the back steps and it is
a basketball hoop without a net    appearing like a halo
above an empty garage    the taste of ashes or
any avalanche of all the one flavour mesmerising
the asphalt screen of a television set    using the hoop
as an aerial for us to wonder at these ashes in colour
so prayer remains the cheapest psychoanalysis
& the keys to this duplicity (the cars of two lovers
locked together in a multi-storied carpark) are an aria
in the opera of a thief’s pockets    about a woman
who scrapes hardened gum off footpaths & watches
feet burn on the tar in summer    waiting for a steamroller
to send her home early    over by the escalator
a melted button becomes her stubborn shrine
 
 
Intercessione
 
seduto sui gradini posteriori ed ecco
un canestro da basket senza rete apparire come un alone
sopra di un garage vuoto     il sapore di cenere o
qualsiasi valanga di tutto quell’affascinante aroma
lo schermo d’asfalto di un televisore fissato  usando il cerchio
come un’antenna per stupirci col colore di queste ceneri
così la preghiera rimane la più economica psicoanalisi
& la chiave di questa duplicità (le auto di due amanti
bloccate insieme in un parcheggio a più piani) è un’aria
nell’opera delle tasche di un ladro, su di una donna
che raschia chewing-gum indurito via dai marciapiedi e guarda
i piedi bruciare sul catrame in estate   in attesa di un rullo compressore
per mandarla a casa presto    sopra la scala mobile
un pulsante liquefatto diventa la sua ostinata reliquia
 
 
 

Luke Beesley[1]LUKE BEESLEY

 
Luke Beesley è un poeta, artista e musicista nato a Brisbane, e vive ora a Melbourne. Ha pubblicato: Lemon Shark (2006), Balance (2012) e New Works on Paper (2013). Ha tenuto la sua prima mostra personale di disegni, “Authors”, nel 2011, ed è cantante e cantautore del gruppo musicale New Archer.

 

 (From:  Lemon shark, Soi 3, 2006)
 
 
Lemon Shark
 
She told me about the desserts she matched
with her blouse and work attire. An ice cream.
Shirt. Collar and buttoned. A lover who ate and ate.
Yellows mainly and pink teas with floating berries.
 
I told her it would taste quite good
and to remove her clothes.
 
She didn’t of course, bur forgave the lines, emptying
the liquid of her cup onto a row of azaleas.
 
I took a spoon and offered it to her. Or spent the time
trying to place them round or offer her
the the strawberry mousse I made.
 
                                Once, on a hot day she said …
 
                  It was a story of a Lemon Shark
                  as if floated by and left. And she
                  swam alone with the heat and
                  memory of sun and colour lifting
                  coolness from the water.
 
 
Squalo Limone
 
Mi raccontò dei dessert che abbinava
alla sua camicetta e tenuta da lavoro. Un gelato.
Camicia. Collare, abbottonato. Un amante che mangiava e mangiava.
Perlopiù tisane rosa e gialle con bacche galleggianti.
 
Le dissi che avrebbe avuto un buon sapore
e le chiesi di togliersi i vestiti.
 
Non lo fece, naturalmente, ma perdonò i miei versi, svuotando
il liquido della sua tazza su una fila di azalee.
 
Presi un cucchiaio e glielo offrii. O passavo il tempo
cercando di metterglieli intorno oppure offrirle
la mousse di fragole che avevo fatto.
 
                                 Una volta, un giorno caldo mi disse …
 
                   Era una storia di uno Squalo Limone
                   di come scivolò via nella corrente e scomparve. E lei
                   nuotò da sola con il calore
                   e la memoria del sole mentre il colore alzava
                   il freddo dall’acqua.
  
 
 
Colouring-in
 
 
 
We spend time around coffee. Would you like another?
Already at the sink rinsing a cup twisting slightly to me
comfortably at the table.
 
        We begin to love these times. The table allowing the
comfort to gently settle, the airless crisp weather giving
us silence, distance. Far away traffic. Whistling in the
trees. Footfalls. The watermelon colour of the table and
its milky pink depth. Time with this colour while you’re
listening, making coffee over there, waiting for the kettle.
 
       These are the beginnings of love. And we keep the
talk floating, from afternoon to evening. The light falling
away unclipping from the day and just gone, suddenly,
while you’re talking about favourites. Cinema. Colours.
 
Riempitivo
 
 
Passiamo il tempo tra un caffè e l’altro. Ancora uno?
Già al lavandino, risciacquo una tazza ruotandola poco
verso di me, comodamente al tavolo.
 
        Incominciamo ad amare questi tempi. Il dolce comfort della tavola,
il tempo frizzante e senza vento che ci dona
silenzio, distanza. Il traffico lontano. Fischi tra gli alberi.
Passi. Il color anguria del tavolo,
il suo latteo e profondo rosa. Il tempo è di questo colore mentre
laggiù ascolti, fai il caffè, in attesa del bollitore.
 
    Sono questi gli inizi dell’amore. Lasciamo fluttuare i discorsi,
da pomeriggio a sera. La luce che viene meno
svincolandosi dal giorno e subito scomparendo, all’improvviso,
mentre mi parli delle tue passioni. Cinema. Colori.
 
 Red
 
Of heat and mouths and the quickening of hearts. Of
embarassment and lost breath.
 
      The first time we fucked in daylight the bed was
stripped. After bathing I remember walking from the
bathroom and the shock of your relaxed legs and eyes,
letting me see you. It was a kind of telling-of-a-long-time.
 
      Though before this we sat under the sun, both of us
too frightened to move – only knowing kissing. Afraid to
suggest a move to the shade. Suburnt cheeks and neck
where I later put some oils. And I saw your long back for
the first time. The time of red. A favourite.
 
Rosso
 
Di calore, di bocche, di accelerazione di cuori.
D’imbarazzo e di respiri perduti.
 
      La prima volta che abbiamo scopato alla luce del giorno
e il letto era sfasciato. Dopo esserci lavati ricordo di aver camminato
dal bagno, lo shock delle tue gambe ed occhi rilassati,
che mi lasciavano intravedere te. Era una specie di racconto di un tempo lontano.
 
       Anche se prima di questo ci siamo seduti al sole, entrambi
troppo spaventati per muoverci – conoscendo solo i baci.
Con la paura di suggerire una mossa nell’ombra. Guance e collo abbronzati,
dove ho poi messo un po’ d’olio. E ho visto la tua lunga schiena
per la prima volta. Il tempo del rosso. Tra i miei preferiti.
 
     
 
 
Blue
 
 I expected blue. We do, don’t we? Bits of shadow, the sea.
Under eyelids.
 
     When sun-colours and colours of blushes have
disappeared, when it’s a buoyant love and the deep
shades stretch a mile long from the bright red sun of this
beginning.
 
     She wore a blue dress the colour of a lily. It was early
on and we waited for fireworks by the river. We could
have kissed but instead jostled for a better view of the sky
– its coloured veins and lights.
 
Blu
 
 
Mi aspettavo il blu. Lo aspettiamo, o no? Frammenti di ombra, il mare.
Sotto le palpebre.
 
     Quando i colori del sole e i colori delle arrossature
sono scomparsi, quando l’amore è vivace e le ombre profonde
si allungano ad un miglio di distanza dal luminoso sole rosso
di questo inizio.
     Indossava un abito blu del colore di un giglio. Era presto
e aspettammo i fuochi d’artificio in riva al fiume.
Ci saremmo potuti baciare ma invece ci spingemmo
a vedere meglio il cielo
– le sue luci e venature colorate.
 
 
 
 
Green
 
This I didn’t expect. And wanted more. The green of
hills or leaf or deep like ponds. An emerald formally, or
a rainforest, lettuce-light or unlikely Kermit.Pool-table
green.
 
     To introduce you to the family and then just walk out
into the back garden and sit on the lawn, under the great
chalky pool of the Queensland sky. Rituals of acceptance.
Uninterrupted touches on the lawn. Your hand on my
arm. Showing me azaleas. A bee.
 
Verde
 
 
Non me l’aspettavo. E ne volevo ancora. Il verde
di colline o di foglia, profondo come stagni. Formalmente uno smeraldo,
o una foresta pluviale, luce di lattuga o un’improbabile Kermit.
Verde di tavolo da biliardo.
 
     Presentarti alla famiglia e poi camminare fuori
nel giardino e sedere sull’erba, sotto la grande
piscina di gesso del cielo del Queensland. Rituali di accettazione.
Ininiterrotti tocchi sull’erba. La tua mano sul mio
braccio. Che mi mostra le azalee. Un’ape
 
Yellow
 
The sun was always there. And moving never quite still or
just in moments. On a car. A table. A new shirt the cover
of a favourite book we loved.
 
     It is the colour of our time now, the one we try to
talk about and sometimes hit and others miss. It’s always
like this, yellow, coming in from that early red, half-
forgetting, always remembering.
 
Giallo
 
Il sole era sempre lì. Mai del tutto fermo o solo
in pochi istanti. Su una macchina. Sopra un tavolo. Su
una nuova camicia, sulla copertina
di un libro preferito che amiamo.
   
     E’ il colore del nostro tempo ora, quello di cui proviamo
a parlare e talvolta indoviniamo, altre volte manchiamo.
E’ sempre così, giallo, venuto da quel primo rosso,
per metà dimenticando, sempre ricordando.
 
 
As it Had to Be
 
To bring the mind to a letter, circling with a fragrance
colouring-in or shading the movements between rooms
 
the pupils adjust to the vertical ray of sunlight, a yellow shade,
a stroke to the middle of a page.
 
I notice your fingers smell of mandarin.
 
 
Come doveva essere
 
 
Riportare alla mente una lettera, circondata da un’aroma
riempire o sfumare i movimenti tra le camere
 
regolare le pupille al raggio verticale della luce solare, una tonalità di giallo,
un lampo nel mezzo di una pagina.
 
Mi accorgo che le tue dita odorano di mandarino.
 
 
Here
 
Pardon? Your reply taken away by a gust of blue breeze.
A napkin lifted from the table like a finch.
 
 
Qui
 
Scusa? La tua risposta portata via da una folata di vento blu.
 
 
A Light Breeze
 
My brother is a light breeze
 
he is a photographer
his skill perfected while
hiding within our loud conversations
his eyes
capturing a room nightly
while the rest of the family know him
as the quiet of a table
 
I understand people who prefer not to speak
their brilliant and complex intuition
graciously assuming it on all of us
 
But returning to the family home this week
sitting silently together
both of us knowing great conversations with each other
talking to the dog
 
Sometimes I do wish we could speak
we have memories of great laughter
before our minds reached sixteen
and embarassed us
 
     My brother usually works in his room
     but the other day I was writing at the kitchen table
     where he brought his slides and negatives
     and set up just near me
 
     Both of us working away
     into the exquisite Brisbane spring
 

Una brezza leggera
 
 
Mio fratello è una brezza leggera
 
è un fotografo
la sua abilità si affina mentre
nascondendosi nelle nostre conversazioni ad alta voce
i suoi occhi
catturano una stanza di notte
mentre il resto della famiglia lo conosce
come il più tranquillo della tavola
 
Capisco le persone che preferiscono  non parlare
la loro intuizione geniale e complessa
assunta con grazia su tutti noi
 
Ritornando a casa questa settimana
seduti insieme in silenzio
entrambi conoscendo le nostre magnifiche conversazioni
parlando al cane
 
A volte vorrei potessimo parlare
abbiamo ricordi di grandi risate
prima che le nostre menti raggiungessero i sedici anni
e ci mettessero in imbarazzo
 
    Mio fratello di solito lavora nella sua stanza
    ma l’altro giorno stavo scrivendo al tavolo da pranzo
    dove aveva portato le sue diapositive e negativi
    mettendosi proprio accanto a me
 
     Entrambi lavorando  lontani
     nella stupenda primavera di Brisbane
    
 Traduzione di Massimiliano Mandorlo
 
POESIA, l’articolo è stato
pubblicato su:
 
L’articolo e le traduzioni di Massimiliano Mandorlo sono uscite su Poesia-mensile internazionale di cultura poetica, Anno XXVII, a Settembre del 2014, N. 296, pp. 45-65.
IL SITO DI POESIA  DI CROCETTI
 

2 pensieri su “Cinque poeti australiani del Queensland

  1. Innovativo modo di esprimersi…alcune molto belle, altre un pò troppo “forti” .. comprendo però che arrivano da esperienze travolgenti vissute dai Poeti…Perchè non vi sono Poetesse?

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