A cura di Anna Ruchat
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Mariella Mehr – coniugando Celan, Nelly Sachs e Artaud in una prospettiva di riscatto (Notizie dall’esilio), di laica redenzione (La costellazione del lupo) o di lucido delirio (San Colombano e attesa) – rimane strettamente legata, soprattutto nella produzione piú recente, al cortocircuito verbale, alla «Wortbildung» (la parola tedesca composta che diventa trampolino di lancio per l’invenzione) cui segue la concatenazione sghemba dei versi, sempre inaspettata, provocatoria, materica e mai astratta o fine a sé stessa. Mariella Mehr arreda il suo universo linguistico come fosse un parco selvatico. Cosí la sua ricerca poetica approda a volte a una magia crudele («Uno sguardo modesto | pieno di magia rumorosa, piú terribile di qualunque ira»), altre volte a un meticoloso esercizio speleologico tra le «caverne dove, | vivono gli uomini di ghiaccio», altre a un’esplosione che tutto scuote nei «crepacci del tempo», altre ancora in formule alchemiche rivolte alla carne e alle sue pause di gelo («nell’amore | togliamoci | esausti il gelo | dai capelli») il tutto avvolto e travolto da una notte che inghiotte, restituisce e sottrae: s’insinua ovunque.
Dalla prefazione di Anna Ruchat
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Oft singt mir der Wolf im Blut
dann wird mir warm
in einer fremden Sprache.
Licht, sag ich dann, Wolfslicht,
sag ich, und das mir keiner komme,
das Haar zu schneiden.
Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l’anima mia si apre
in una lingua straniera.
Luce, dico allora, luce di lupo,
dico, e che non venga nessuno
a tagliarmi i capelli.
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Mariella Mehr è nata a Zurigo nel 1947. Di etnia Jenisch, ha subito persecuzioni in nome del programma eugenetico promosso dal governo svizzero nei confronti dei figli appartenenti a famiglie nomadi. Da bambina piccolissima fu sottratta alla madre e assegnata in periodi diversi a varie famiglie e a tre istituzioni educative. Lo stesso accadde quando fu lei a diciotto anni ad avere un figlio, che le fu tolto. La rabbia contro le istituzioni sviluppò in lei uno spirito ribelle che la condusse a subire quattro ricoveri in ospedali psichiatrici e quasi due anni di carcere femminile. Dal 1975, come giornalista, ha scritto molti articoli di denuncia. Negli ultimi vent’anni ha vissuto prevalentemente in Toscana. Ha pubblicato diversi romanzi e quattro libri di poesia. In traduzione italiana: il libro autobiografico Silviasilviosilvana (Guaraldi 1995), i romanzi Il marchio (Tufani 2001), La bambina (Effigie 2006) e Accusata (Effigie 2008), le raccolte poetiche Notizie dall’esilio (Effigie 2006), San Colombano e attesa (Effigie 2010) e Ognuno incatenato alla sua ora (Einaudi 2014).