Working class poet. War poet. Angry poet.
Poeta operaio. Poeta di guerra. Poeta arrabbiato.
Sono alcune delle molte definizioni che la critica ha riservato a Tony Harrison in questi ultimi decenni.
Il maggiore poeta inglese vivente, figlio della classe operaia e nutrito di cultura classica, raccoglie le sue poesie inedite più recenti in un libro provocatorio, confermando la tensione civile che lo contraddistingue, anche quando mescola i miti della classicità e le crisi in medio oriente: «sul mar nero… se le mie pietre radenti potessero continuare a saltare / arriverebbero in Georgia, sul Caspio, in Afghanistan…»
Il Festival Internazionale di Poesia Civile città di Vercelli ha consegnato a Tony Harrison il premio alla Carriera il 12 novembre scorso. Il grande poeta inglese è stato accolto dal presidente dell’associazione culturale “Il Ponte “(organizzatrice del festival) Luigi Di Meglio, dal sindaco di Vercelli Maura Forte e dal rettore dell’Università del Piemonte Orientale Avogadro, Cesare Emanuel. Harrison è stato presentato criticamente dal suo traduttore italiano, Giovanni Greco, e dall’editore Roberto Cicala.
UN BRANO DAL LIBRO
DIARY
I’ve always been aware one day I’ll die
But I feeling my real mortality begin
When this year, for the first Time, I’ve filled in
The “in case of emergency please notify”.
DIARIO
Sono sempre stato cosciente che un giorno morirò
ma seno la mia vera mortalità iniziare
quest’anno quando, per la prima volta, ho compilato
“in caso di emergenza si prega di avvisare”:
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Tony Harrison, Afrodite del Mar Nero e altre nuove poesie. Traduzione e cura di Giovanni Greco, Interlinea, pp. 96, euro 12, collana “Lyra”, 45
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L’AUTORE
Tony Harrison è nato a Leeds, città industriale dello Yorkshire occidentale, nel 1937. Diplomatosi in linguistica con una tesi di dottorato sulle traduzioni in versi dell’Eneide, intraprese l’insegnamento dell’inglese dapprima presso l’Università di Zaria, in Nigeria e successivamente a Praga dove maturò il suo interesse per il teatro e la traduzione/riscrittura dei classici. Rientrato in Inghilterra nel 1967, Harrison decise di dedicarsi a tempo pieno alla poesia (per lungo tempo sul suo passaporto alla voce profession era scritto poet). Ottenne quasi subito una Northern Arts Literary Fellowship presso l’Università di Newcastle, città dove risiede tuttora. Nel 1969 con una borsa di studio Unesco andò a Cuba, in Brasile, Senegal e Gambia; nel 1971 fu in Mozambico, nel 1975 a Leningrado.
Harrison oltre che poeta è stato autore teatrale: ha collaborato con il National Theatre di Londra scrivendo numerosi testi tra i quali: The Misantrope (1973), Phaedra Britannica (1975), The Oresteia (1981, vincitore dello European Prize for Translation), The Trackers of Oxyrhynchus, andati in scena per la prima volta nello stadio di Delfi nel 1988 e replicati nel 1989 al Royal National Theatre con grande successo (andati in scena per la prima volta in Italia in forma di mise en espace al Teatro del Lido di Ostia per la traduzione e la regia di G. Greco, nel 2005). Seguono Square Round (1992), Poetry or Bust (1993), The Kaisers of Karnuntum (1995, andato in scena per la prima volta nell’anfiteatro romano di Carnuntum, nei pressi di Vienna).
All’intensa attività teatrale ha affiancato quella di autore televisivo, realizzando numerose opere per i principali canali inglesi, la BBC e Channel Four, alcune delle quali in collaborazione con il regista Peter Symes. I suoi “poemi-film” fra cui The Blasphemers’ Banquet (1989, dedicato a Salman Rushdie, oggetto di una fatwa degli Ayatollah iraniani) e Black Daisies for the Bride (vincitore del Premio Italia 1994 per il documentario), The Gaze of the Gorgon (1992) insieme ai suoi “libretti” per il Metropolitan Opera di New York, sono per lui un tutt’uno con la sua attività poetica. Poetica è stata anche la sua attività di corrispondente dal fronte durante il periodo della guerra in Bosnia al principio degli anni novanta: i suoi reportage in versi apparvero sulla prima pagina del “Guardian” durante alcune fasi della guerra (ad esempio The Cycles of Donji Vakuf).
Autore di numerose raccolte, più volte ristampate, è uno dei poeti di lingua inglese più letti nel mondo. Il suo inconfondibile stile che mescola alto e basso, metrica e dialetto, impegno civile e tenerezza intimistica, si affermò con The Loiners (1970, vincitore del Geoffrey Faber Memorial Prize). La registrazione video della sua lettura del poemetto V., sulla profanazione della tomba dei genitori da parte dei tifosi del Leeds United, trasmessa da Channel Four (1987), suscitò grandi polemiche per la durezza e la crudezza del linguaggio. Con The Laureate’s Block (2000) rifiutò polemicamente il titolo e il cospicuo appannaggio di poeta laureato della Corona e rivendicò i suoi sentimenti repubblicani, dopo che a seguito della morte di Ted Hughes si era ventilata l’ipotesi d’investirlo del titolo.
In Italia sono stati pubblicati da Einaudi i volumi V. e altre poesie (1990), In coda per Caronte (2003), curati e tradotti da Massimo Bacigalupo, Vuoti (2008) e I segugi di Ossirinco (2014), curati e tradotti da Giovanni Greco.
Sembra che gli italiani amino di piu’ le cose che non capiscono, che cerchino lo straordinario altrove. Vorrebbero cambiare tutto, cambiarsi, cambiare lingua. Da dove viene questo male? Un male che distrugge a morte uomini e civilta’.
Cara Luigia,
volevo ringraziarti molto da parte di Harrison e da parte del sottoscritto.
A presto sentirci
Giovanni Greco