“Raccontare raccontandosi.
È questo che forma la base delle prossime poesie inedite. I versi sono momenti, scatti fotografici a pellicola della memoria, ricordi che diventano parola. Incontri e prestazioni descritte talvolta con ironia, talaltra con la mancanza di chi è passato e non presente. Un Curriculum di esperienze.”
Daniele Campanari
Inediti da “Curriculum” – Daniele Campanari
1
la prima volta che entrò in casa non me ne accorsi
tanto quanto accade alla vista del telecomando
“che fai, non mi guardi?”
“no, non ti guardo”
“perché non mi guardi?”
“non ti vedo”
dissi guardandola negli occhi. non ti vedo, le dissi
ma la vedevo, certo che la vedevo
s’avvicinava con i piedini nudi
e le ciabatte sul mignolo
come se io fossi una carpa
e lei volesse agganciarmi al suo amo
2
trentuno dicembre 1999, il nuovo anno, venerdì
l’anno dei ragni nell’incavo dei gomiti, dei camerieri
l’anno della transizione, dell’avanguardia: l’anno duemila.
duemila volte per cento conti da saldare, conti in rosso, in viola
conti di famiglia, spari: bum!
la notte del Millennium bug, dicono. la notte backup.
“Scatta il piano d’emergenza”: uomini sotto i portici, donne al lavandino
le donne al lavandino cantano uno straccio bagnato al seno.
ventuno luglio 2001, due anni dopo, sabato
due anni dopo gli uomini sotto i portici
mio padre russa sul letto inclinato
mia madre al lavandino non canta: urla
mio fratello è morto.
“Battaglia a Genova”. Ripeto: “Battaglia a Genova”
mio fratello è morto.
dodici settembre 2001, stesso anno, mercoledì.
sono le 11, non ricordo, mi pare che siano le 11: stasera si gioca la Coppa.
mio padre inclinato sul divano del salotto
mia madre al lavandino chiede acqua calda, calda
“Aerei come bombe”. bum, bum, bum e bombe: bum.
mio fratello ha segnato: gol!
mio fratello è il pallone
mio fratello ha segnato con la mano: terrorista.
tredici novembre 2003, due anni dopo, giovedì.
due anni dopo, ancora. ancora, due anni dopo
“Il più grave attentato contro i militari”.
mio padre è il soldato e abbraccia una scopa
toglie la polvere insanguinata sul tavolo della cucina
mia madre ha lo scolapasta in testa e sussurra:
“Via da lì, via da lì”
mio fratello fa la guerra, ha sei anni
3
sono venuti fuori casa vostra
una banda armata di propositi
e nacchere della sopravvivenza.
sopravvivenza incendiaria
del sobborgo maniaco
un manipolo di insegnanti insigniti di coriandoli a tempo determinato,
determinato come mucche scadenza a corta conversazione.
sono venuti fuori casa vostra
nel quartiere per corrompervi
con l’ultima uscita preziosa: un pupazzo di rara brillantezza australiana
che è per dire “partite dalle Ande e siate economy strong”: che è dire uccidetevi nei sogni.
a dirvelo sono venuti fuori casa vostra
a dirvi che non c’è speranza, che si rifaranno vivi
che cambieranno le manovre delle pupille
che morire di giorno vale quanto non vedersi mai adulti
4
la nicotina è sulle divise
e non accenna un sorriso
– è infetta per quello che mi hanno detto –
eppure solo alcuni sanno se
morire è necessario.
è successo anche oggi: quel ciabattino rosa chiede trenta centesimi
e una sigaretta: dice che non è un appello a Cristo ma per lesionarsi.
dice che restituirà tutto
ma è un pazzo a chiudere
le mani a quella velocità
pensando di ingannarmi
5
siamo fatti così, per restare a dodici mattoni
e non toccarsi mai
perché il tatto è un non senso conosciuto.
ma è così, ci attacchiamo tutte le mattine
come se il pavimento fosse un limite di territorio.
guai a usarci!
sarebbe un guaio parlarsi di corpo
è consigliato preferire il pranzo e la cena
ordinare un pacco di biscotti per ricordarsi della gara dei carrelli:
sarebbe sorridersi anche se è sorriso nervoso.
a dodici mattoni c’è mio padre
un paradosso di bene e gioventù non definita,
c’è mio padre steso che sembra morto.
invece dorme, dorme e riposa i guanti anneriti
mio padre allungato coi piedi grattati.
mio padre steso dallo sputo catarroso
che qui porta il nome del timore.
6
è chiaro cosa pensiamo vedendolo dal parabrezza
col naso che sembra un flauto insicuro
– gli avevamo promesso di restare
ci sentiamo incompresi
già dal punto in cui il collo è piegato,
dobbiamo rassicurarlo sull’operazione:
quell’incisione lo sfiorerà.
– dovevamo dirgli di smettere di calciare
riconosciuto come un chiodino arrugginito
ci guardiamo cercando l’occhio che somigli
ma da quella bocca ci parla addosso
il peso di qualche grammo
finalmente rassegnato in una notizia
7
lo scoglio appena bianco, vedi, è un pescatore di pinne
e l’attrazione è il pescato di tutte le albe vicino a casa tua.
è qui che ti trovavi ogni martedì di scuola
e io che non pensavo di venire qui:
non avevo mai contato le meraviglie
ma sapevo del tuo faccino.
le cose, qui, le cose sono come l’immenso
le cose come questo mare
le cose elementari che mangiano questi pesci si chiamano organismi
è che non sapevo di vederli qui.
quaggiù, proprio sotto ai mignoli
c’è lo scoglio appena bianco:
ti chiedo se sei felice
e io non sono felice, non te lo dico
e le cose, qui, le cose sono come miopia
8
per voi non eravamo buoni in quella lista da depennare,
non eravamo il momento;
ma nella parola momento c’è il tempo impegnato
dalla lingua per scavalcare i denti e cos’altro.
quanto eravamo lenti, vero,
la mattina è il preascolto della lunga giornata
e per gli altri, questi in fila, come fate a tenere l’angolo in disuso.
cosa non va, allora, nel contrario dell’apparire come carne propria
le cose che fai e non dici, queste cose sono fasi
semmai infilzaci, infilaci il berretto semmai
se mai con le mani ci suonerai qualcosa
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Bibliografia
Daniele Campanari è nato a Latina nel 1988.
Ha pubblicato i libri di poesia “Giocatore di whisky Bevitore di poker” (Lettere Animate – 2012; prefazione di Davide Rondoni) e “In guerra non ci sono mai stato” (Lettere Animate – 2014; prefazione di Paolo Di Paolo e Nicola Bultrini). Alcuni suoi versi editi sono apparsi sul blog RaiNews diretto da Luigia Sorrentino. È speaker radiofonico, attore, doppiatore e giornalista.