A cura di
Luigia Sorrentino
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CINQUE POESIE
Dei due, e sogni e morti
In disseccata simmetria
Nuotano i corpi in acque libere.
Di due finali, intorno
Ti nuotano gli amanti e i morti.
Dell’uno, il cadavere di lei
Bagna il cuscino, tronco e fianchi
Si sono spogliati appena,
Coperti ancora dal peso di lui
Sorpreso, in omicidio e amplesso.
Che gioia colpevole
Finirlo lì, dove tu sola hai fine.
Nell’altro, dei due la voglia immensa
Strozzata in auto sotto acque chiuse.
E tu lanciasti noi a raggiungerli
Nel vuoto, in acqua e dentro l’auto
Sommersi. Lì lontano dal mondo
Dormi in pace, la pienezza dell’amore
Ti sarà fedele, come loro, fino alla morte.
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La tentazione di esistere
Tavola saggistica
Per concrezione e accumulo
Fino a imbrunire l’infiammata doratura
Dei tramonti,
Summa caotica dell’anima impolitica.
Un motivo ascendente resta,
Appoggiatura armonica
Come gola soffocata un istante
Dal vento di salsedine
Lungo spiagge dal nome sonoro e prolungato.
Da Dürer discende in fine dunque
la genealogia, e quel mare
Controrivoluzionario per culto della sofferenza
E per melanconia.
Inversione e inveramento
Di tutti i comandamenti del passato,
Di tutta la paura della vita.
*
Armata o scuola di balletto,
Un esercizio estremo di postura,
Dalle cavalcature da camera
Al bianco scalone dell’estate ’81,
L’azzurro rinascimentale e acrilico
Delle piscine e dei cieli Pentax
Non contenevano già pronti e torniti di sole
Non i tori minoici ma un’escalation divertita e affine,
Assoggettata al chiaroscuro
Di un amplesso con Cadillac nera,
O con un finto aggressore (sul balcone) da riviera.
Persino il sospetto che di quella monta
Il movimento sia piegato ad altri fini,
Si perda in autopalpazione, in lucentezza
Delle vene di sudore, di quell’animale
Che contiene in sé i grandi marmi,
E la linea dei ponti romani.
Indimenticabile, tutto l’incarnato
Posa davanti a un cadavere annerito,
Di esumazione recente, una cosa,
Così simile alle cose accatastate nei campi di sterminio.
*
Guardateli al mattino
Si riscaldano tutti in strada,
A tutti lo stesso strazio
Di ritornare a sera.
Li diresti fatti come te
Anche allora, fatti
Come noi, squallore e stupro
Da ubriaco ad un incrocio.
Un ventre enorme che non sa
La tela lercia a ritrarlo sfatta
Più di lui, più di tutto quest’inferno.
Una miseria di sperma
Sotto quel grasso, sola prominenza,
Sola condensa di tutto l’universo.
*
14 maggio 1977
Eri dall’altra parte della strada,
Congegno ottico parziale,
In negativo l’omicida.
Ginocchia flesse, compatto e proteso
A mano armata,
Iconostasi di piombo.
Quella la tua foto ai margini
Della barricata, dopo lo scontro.
Lo confesso, riderei di te,
Ma ti è stato concesso l’irriducibile del tempo,
L’aplomb della storia
Trentasei anni dopo
Sul balcone
Di un settimo piano.
Sei caduto giù con tua moglie
Per fissare addobbi di Natale.
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Emanuele Canzaniello è nato a Napoli nel 1984 dove si laurea a Napoli in filologia moderna e si occupa di letteratura francese; Baudelaire, Stendhal, Flaubert e la cultura antimoderna. Nel maggio 2013 conclude un dottorato all’Università di Bari sull’estetica del romanzo totalitario tra Francia e Italia. Ha tradotto alcuni lavori di Harald Weinrich. Nel 2013 è stato finalista al Premio internazionale di poesia Mario Luzi.
Sue recensioni cinematografiche e articoli sono apparsi in “Le Parole e le Cose” e altre riviste. Un suo saggio sul caso e la letteratura è apparso nel volume Delle coincidenze, ad est dell’equatore, 2012.
I versi proposti qui sono estratti dal primo libro di poesia che sta prendendo forma ultima con titolo provvisorio – Per l’odio che vi porto. Accanto alla poesia trova spazio non secondario un libro di prosa di prossima uscita, Dizionario dei film inesistenti o elogio cinematografico del suicidio, una raccolta di finte recensioni ad altrettanti film mai esistiti.