Gabriele Gabbia

 

gabriele_gabbiaOpere Inedite
a cura di
Luigia Sorrentino

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Gabriele Gabbia è nato il 14 luglio 1981 a Brescia, dove vive e lavora.

È diplomato in discipline artistiche ed è iscritto alla facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Verona. Nel 2011 ha pubblicato  La terra franata dei nomi, con prefazione di Mauro Germani, nella collana «I germogli», diretta da Stelvio Di Spigno, Edizioni L’arcolaio di Gian Franco Fabbri.  

Ha in corso di pubblicazione una seconda raccolta di versi.

(Foto di Alessandro Ligato)

MANCATA FIGURA

 

            Ambedue poi – e la presenza e l’assenza – sono cause motrici.
                                                                                                Aristotele

I.

 

Si manifesta tardiva

l’assenza, rispetto alla

madre – presente – che

ne attesta l’arsura; «La

resa la incanaglisce».

 

II.

 

Di quel che non è

potuto essere

non può dire; può

dire dell’afflato

– del tormento –

del soprassalto

angusto l’andirivieni:

l’eloquenza indòmita

d’un calco.

 

III.

 

Dal suo tentativo, l’equilibrio

non perde l’abisso

cui è attratto; rattratto

eccede – aggetta –, si muove

alla luce dell’ombra, ove

precipuamente si centra – librato –.

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

«La resa la incanaglisce» è un lacerto ‘ghermito’ dal pamphlet Manuale di sopravvivenza (Dedalo, Bari, 1974 | Bollati Boringhieri, Torino, 2000), di Giorgio Cesarano, qui lievemente rielaborato ed inserito nel primo lembo del testo; il frammento originale era il seguente: «La resa lo incanaglisce?».

 

 

***

 

 

 

 

ESSI…

 

L’eternità aggressiva dei morti

in cui sfolgori; la luce su di essi,

a illuminare il nulla incandescente

posantesi sulle cose – sulle case

ove tutto non è più; le figure da

sempre verso questi occhi in cui

tutto è stato; la lacerazione del

percepito – sì –: l’incompiuto.

 

 

***

 

 

L’ARRESTO

                                    a S.

 

Due sguardi conniventi

– convergenti –, sul

vuoto accumulato,

e nessuna parola più

da pronunciare; solo

un rintocco languido,

lento, fino all’arresto: «Tu

sei libera».

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

«Tu sei libera» è un verso ‘carpito’ dalla poesia Adesso, di Milo De Angelis – edita all’interno della silloge Somiglianze (Guanda, 1976) –, qui misuratamente rivisto ed inserito nella chiusa del componimento; il lacerto originale era il seguente: «Tu sei libera!».

 

 

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