Quando a mia madre chiesero perché
lei rispose che fu colpa del vento
e che cadde giù sulla terra
strappata dal volo di un angelo
ora attende con impazienza
quelle ali
per risalire in paradiso
Giuseppe Vetromile
da “Congiunzioni e Rimarginature” di Giuseppe Vetromile Scuderi Editrice, 2015
Mia madre alla terra e al cielo
Ora che è tutto placato il delirio del vivere
in sordità pregressa
mi sono fatto suo orecchio per sentire il fiato
svelare ogni mistero
ma come proveniente da una lontana sibilla
la parola è ancora anchilosata
e ambigua sulle sue labbra inconcludenti
Mi dicono gocce di mare e di porte
sprangate sull’infinito
di cieli aperti ad apparizioni angeliche
che da novant’anni e passa nutrono
il suo sogno silenzioso
Ho rimarginato mia madre al pavimento di mattonelle screziate
vedendola così caracollare come una vecchia fata
distratta e dimentica della magia del vento
che le adunava i lembi del corpo
in un sol velo di innocente
o ingenua femminilità
ed ora lei è tutta di nuvola fosca
come l’età dell’etagère stile impero
ritta sul suo legno tarlato
resiste alla rabbia del tempo
un po’ grigia nell’angolo di luce
accanto alla stufa che si prolunga
al suo manto di lana grezza in seno
Il suo passato è un baratro di voci inudibili
nel fosso di memoria non recupera che
lampi di vocaboli sparpagliati
Mia madre al tempo e al sogno
Ho riattaccato la storia di mia madre ad un orlo di cielo
come lei voleva che fosse
il premio per i santi che penano su questa terra
elemosinando qualche sillaba di suono
alla porta del paradiso
Lei ha implorato mille volte l’eco
che le riportasse indietro il rumore del mondo
e il dolce ronfare del mare
l’apocalisse e la baraonda dei diavoli
quando agitano il cosmo in un setaccio deformato
per filtrarne solo i chicchi maligni
una sinfonia di Beethoven
o un valzer di Strauss
o il grido del gabbiano che sorvola le onde
Non ha mai dato ascolto alle conchiglie del mare
mia madre
e i suoi sogni sono mute ombre del pensiero stagnante
Mia madre al qui e al dopo
Sono l’ultima fanciulla di Ottaviano e prendo il sole
tra le braccia grezze scivolando sull’ala del vento
come una farfalla rudimentale
io l’antica stazza di prorompente ma fugace
beltà
io il sorriso la carne lo scoglio di piazza vittoria
e santa lucia che mi tiene in barca
io la possente persistente contro tutte le mode del tempo
sono rimasta l’unica fanciulla che guarda in alto
sulle pareti mio padre e mia madre severi e torvi
sono un altro mondo mai vissuto
ma raccontato a segni e a smorfie di volti
i miei raccapriccianti amati
i miei dolorosi fratelli
sono rimasta
e qui vorrei abbandonarmi sul terrazzo sgretolato
all’ultimo sole d’agosto
senza più il frastuono del mare
né l’ala del vento che mi accarezza
questa pelle d’elefante
io sento ora l’armonia degli angeli
verranno a prendermi di notte
mentre tremo ancora sulle labbra
la parola di Dio che non so
che non sento
che non vedo
ma respiro come l’aria
necessariamente
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Giuseppe Vetromile, napoletano, nato nel 1949, svolge la sua attività letteraria a Sant’Anastasia (Napoli), città in cui risiede dal 1980. Ha pubblicato 19 di libri di poesie, sempre bene accolti da pubblico e critica. La sua ultima pubblicazione è “Percorsi alternativi”, Marcus Edizioni, Napoli, del 2013. Ha pubblicato anche la raccolta di racconti “Il signor Attilio Cindramo e altri perdenti” con le Edizioni Kairos di Napoli nel 2010.
Ha curato le antologie: Attraverso la città, Ed. Scuderi, Avellino, 2011; Percezioni dell’invisibile, L’Arca Felice Edizioni, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi, Ed. Scuderi, 2014. E’ il fondatore e il responsabile del Circolo Letterario Anastasiano.