Soltanto un poeta poteva compiere oggi l’azzardo di una lode del mondo, basata sull’immaginazione e sulla sensibilità. Tornando alla forma già sperimentata del poemetto, Franco Marcoaldi sviluppa un flusso verbale dal ritmo incalzante che orchestra i temi della vita quotidiana e dello spirito in un rimando continuo dall’universo naturale al mondo storico, dall’autobiografia alla letteratura in una libera e viva scorribanda nei territori del pensiero analogico. All’apparenza Il mondo sia lodato è una preghiera laica di intonazione francescana sulla bellezza e la meraviglia del creato. In realtà Marcoaldi loda il mondo nonostante gli infiniti turbamenti in cui incorre chi lo abita, e proprio quel nonostante è l’anima nascosta del libro. Nel suo procedere, il poemetto attraversa l’amarezza delle cose umane nella loro vicissitudine di violenza, malattia, depressione, morte, ma incontra anche il demone erotico, e con esso il sogno, la fantasia, e i libri e le figure del passato che illuminano il presente. Se l’invocazione di lode resiste come un mantra è per lo sforzo generoso di una pietas consapevole e di un’attenzione costante alle pieghe infinite e alle corrispondenze sotterranee dell’esistenza. Cosí il poemetto che loda il mondo si fa mondo, e convoca in coro altre voci, altri poeti, altri pensatori, in una ridda di rimandi e citazioni che immancabilmente si accordano nell’antifona ricorrente: «Mondo, ti devo lodare». Espressione ultima ed estrema di umiltà e gratitudine nei confronti della vita.
ESTRATTO
Mondo, ti devo ladare
per la tua stregonesca magia
intrecciata all’incoscienza
dell’uomo – millenni
di storia hanno accumulato
un enorme sapere senza
che l’anima sia progredita
di un passo
e se un sasso
sarà sempre un sasso,
noi siamo sempre gli stessi
oppure individualmente diversi:
creature umorali
disperse in galassie infinite,
superbi prometei che sovvertono
le proprie e le altrui,
preziosissime vite –
esausti disillusi che vagano
queruli e annoiati, psicotici,
accecati dal disordine mentale,
poveri diavoli smarriti,
impostori travestiti da bramini,
fanatici infuriati.
Ma persiste sepolto un bagliore
e a quello m’appello,
Mondo, e ti torno a lodare
per il segreto che ancora
ti avvolge, per il pullulare
di polvere e polline
dentro un cono di luce
come onda di un campo.
E’ in quel tremolio,
in quella danza continua
che flette e che torce,
è nell’indeterminato vibrare
di forze in tensione,
è nel cacofonico coro
di un esteso presente
alieno a un’idea condivisa
di tempo e di spazio – è qui
che si addensa il reale,
potenza, energia, uno sciame
di grani che il caso
per accidente combina,
fuoriuscita dal seme celeste
di una gigantesca medusa
che si espande, dilata,
implode, s’incurva
perché la realtà
non è come ci appare
perché vista da fuori,
un fuori lontano, remoto
spaziale, risplende
e commuove la tua
bellezza globale.
« Earthrise, earthrise »,
mormorava rapito l’astronauta
orbitante nell’oscurità
dello spazio, affacciato
su un osso di calce lunare.
E vedeva la luce del mondo
– un blu universale –
e scattava le foto
che al fluttuante pianeta terrestre
avrebbe eretto
un cosmico altare.
Ringrazio quel desolato
balcone lunare e quella
impensata, siderea distanza:
troppi miracoli finiscono
persi quando ci avvitiamo
in inani manie, ridicole brame,
paranoie convulsioni pazzie.
Sospesi su ponteggi vacillanti,
ci sosteniamo con le nostre
fissazioni. Pur di distogliere
lo sguardo dall’incombente
abisso, ci rifugiamo
in raggelanti automatismi,
in penosissime ossessioni.
Sappiamo di portarci appresso
un fardello di nequizie, ma
l’ignavia, le coazioni, le pigrizie
sono monete opache e note,
ben più rassicuranti delle luci
abbacinanti e sconosciute
di un mondo che non offre garanzie.
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Franco Marcoaldi è nato a Guidonia nel 1955 e vive e lavora a Roma. Giornalista, collabora alla Repubblica. Ha pubblicato i libri di poesia: “A mosca cieca” (Einaudi 1992, premio Viareggio), “Celibi al limbo” (Einaudi 1995), “Amore non Amore” (Bompiani 1997), “L’isola celeste” (Einaudi, 2000), “Animali in versi” (Einaudi, 2006), “Il tempo ormai breve” (Einaudi, 2008), “Baldo – I cani ci guardano”, (Einaudi, 2011),”La trappola” (Einaudi, 2012), “Mondo, ti devo lodare”, (Einaudi, 2015).
È inoltre autore di Voci rubate (Einaudi 1993), Benjaminowo: padre e figlio (Bompiani, 2004), Viaggio al centro della provincia (Einaudi, 2009), Sconcerto (Bompiani, 2010).