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Questi miei versi cercano vita nello spazio intermedio che corre, da sempre, tra terra e cielo.
Hanno origine da una certezza, la mia terra appunto, quella campagna che ho vissuto fin da bambina, che mi ha ispirato la prima poesia ( o meglio, il primo, seppur sentito, “tentativo poetico”) e che continua a vibrarmi dentro con una quasi ancestrale nostalgia.
Questa stessa terra che ancora oggi abito, che amo, costringe ora il mio occhio adulto a una via di fuga verso il cielo, a indagare l’Oltre con uno sguardo laico, al mistero della vita.
Una sorta di mistica terrena che provo a trattenere sul foglio, grazie agli infiniti legami visivi, emotivi e forse anche filosofici che la poesia mi offre.
Barbara Bracci
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E l’autunno ti viene dentro,
improvvisamente.
Ti fa su e giù in gola,
ti sconquassa le vene.
Nessuno ci crede.
Ma questa sarà la stagione
delle api e delle femmine.
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Le onde mi corrono incontro,
ma si rompono prima.
Come un desiderio che sa
qual è l’attimo buono
per spezzare il gioco,
e rovesciare l’acqua in fuoco.
*
Nello sconfinamento,
si tenta l’arrampicata.
L’esistere, infine:
disegno di graffi nell’aria.
*
C’è un angolo remoto in te,
in pelliccia d’estate
e pelle nuda d’inverno.
Millimetro immenso, impenetrabile.
Raggiano acque. Vengono scintille.
Nessuno fa centro.
*
I doni della luce alla terra no,
non sono uguali.
Poi alzi gli occhi e vedi
che non risparmia nessuno…
l’insostenibile infinito contropeso azzurro.
*
Perché è nera la notte?
Perché è una cancellatura enorme…
una somma – di voci –
senza risultato, senza soluzione.
*
Mossi dallo stesso vento
si tirano occhiate celestiali.
Ma nuvola e punta d’albero
non si conosceranno mai.
*
Tinte chiare,
monti di grafite,
qualche tratto nascosto,
da decifrare in controluce.
Di quel che gomma-luna non cancella della notte.
*
Temporale.
Il cielo aveva poco tempo per amare.
Resta l’opaco delle cose fatte in fretta,
un lenzuolo stropicciato di nuvole…
la terra, che fuma la sua sigaretta.
*
Tra chi va e chi viene,
tra chi nasce e chi muore,
c’è qualcosa che non si muove,
nonostante il nome:
il Grande Carro.
Dal mio balcone, a destra, lassù.
Sopra il melo che c’è ancora
e la vite che non c’è più.
*
Campo di grano, cielo intatto.
Cerco il mare e la sabbia,
in questo capovolgimento di gialli e di blu.
Amore, amore in fuga…
la nostra bomboniera è una nuvola.
*
Piove.
La stretta del cielo
fa di ognuno un riflettore.
Liquido occhio
oltre lo scarto cosmico
Noi siamo il periscopio
E fondale si spalanca.
Piove, così si scopre,
che siamo fatti d’acqua.
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Barbara Bracci è nata nelle campagne umbre, un giorno, a primavera. Ha pubblicato le raccolte Libra e Avena (quest’ultima scritta insieme a Costanza Lindi). Ha dedicato la sua tesi di laurea magistrale a uno studio sperimentale intitolato: “Poesia e marketing in Italia: problemi e prospettive“. Da tre anni è coordinatrice artistica degli eventi di poesia organizzati in Umbria dall’associazione “Casapoesia” e fa parte del “Gruppo Letterario Women@Work”. Ha collaborato a progetti poetico-letterari come il sito “Vir-Us”, “La Biblioteca d’Oro”, “Collettivo Idra”, “Il Biblioteradio”. Ha curato, per il portale Umbriatouring, la rubrica “I luoghi della poesia”. Il suo blog personale, il Poesiabar, è un caffè virtuale dove si parla di poesia.