Cristina Annino: “Ed ho un bell’udito cronico per la vita”
Nota di Adria Bernardi
L’udito cronico, il titolo del volume, Chronic Hearing: Selected Poems 1977–2012, è preso, non da una delle raccolte pubblicate negli anni recenti, l’antologia, Magnificat, oppure, Chanson Turca, con le loro invocazioni del corale, che potrebbero forse offrire una tela più ampia, o, forse, potrebbero suggerire un gesto verso il richiamo universale per introdurre le sue opere; il volume prende il titolo, invece, dalla seconda raccolta di poesie, L’udito cronico, pubblicato, trent’anni fa, un volume curato da Water Siti e il terzo volume di una collana pubblicato da Einaudi intitolati, Nuovi Poeti Italiani. L’io poetico della poesia dallo stesso titolo dice:
. . . Io
inseguo pensieri su cui
casco, è vero, in rime toniche.
Anche a me succede; ma in genere,
è un fatto, sto in piedi.
Ed ho
un bell’udito cronico
per la vita, . . .
. . . I
chase after thoughts on which
I fall, it’s true, in tonic rhymes.
I do the same as well: but in general,
it is a fact, I do remain standing.
And I have
excellent chronic hearing
for life, . . . (2–8)
È proprio quest’idea che rimaneva più consistente e tranquillamente insistente mettevo insieme la raccolta e durante i mesi di vita con queste poesie: non è possibile non sentire; non è possibile per questa poetessa esistere nello stato di non-sentire. (E anche la consapevolezza che quest’idea è diventata gradualmente e inconsciamente una pietra miliare della mia comprensione di queste poesie. (Mentre lo sto scrivendo i corvi stanno gracchiando in un modo piuttosto rumoroso.) Cristina Annino ha composto un corpo di opere, il quale include tredici volumi, scritto durante un corso di quarant’anni: undici volumi di poesia, un romanzo, e due volumi di poesie scritte in spagnolo. Per Cristina Annino, il mondo viene conosciuto attraverso ogni senso; la capacità intellettuale viene convocata, e mandata via; l’acutezza emozionale psicologica è spinta ai limiti per conoscere il mondo senza emozionalismo. Il linguaggio di questa poesia è complesso: “Fra le voci più persuasive del teatro attuale della poesia”, scrive Donato Di Stasi nella sua recensione di Magnificat, “Cristina Annino lavora ferocemente e pazientemente con i segni dell’esistenza e della realtà; opera di taglio con contrazioni, cesure, anacoluti, rigenera le frasi idiomatiche, rende unici persino i pleonasmi. . .” Il territorio traversato da queste poesie è difficile: “Non ho incontrato nessuno così poco indulgente nei confronti di sé come Cristina Annino, per nulla intimorita dall’instabilità, dalla transitorietà, dal proteismo della propria coscienza, trattati come un insieme di proprietà funzionali da riversare in un progetto poetico il meno metafisico e consolatorio possibile,” scrive Di Stasi nello stesso saggio.
Eppure, per tutta la complessità delle poesie, mi sembra che sia il suono stesso che, in fine, le dà la definizione, che ci dà la forma e il significato. Per tutti i difficilissimi territori traversati, per tutti i movimenti e gli spostamenti di linguaggio strabilianti, per tutte le immagini visuali straordinarie delle poesie, ritorno sempre a questo: È la sorte di questa poetessa sentire troppo bene, in maniera troppo percettiva, con troppa acutezza – di sentire amplificato quello che gli altri sentono ai decibel più bassi, ai livelli più accettabili, e che lei sente ciò che, forse, per gli altri, non è nemmeno udibile – che rimanga la sua sorte di sentire un suono, un sibilo, ad esempio, come una specie di forma, con una dimensione acustica – un corridoio, ad esempio, con il suo misurabile livello di intensità, e di associarlo con la sua causa – gatto, ad esempio:
Koko accende polmoni a spiovere con
le orecchie. Quel suo fischio — non lo
nego — , le vibrazioni
smilze, le acca, l’esclamativo, spartiranno
onde nel corridoio. (1–5)
Koko revs lungs into rain-stopping
with ears. That hiss of his—I don’t
ignore it—, the scant
vibrations, the hs, the exclamation, will
separate waves in the hallway. (1–5)
“Oltre Mosè” (Beyond Moses)
da Chanson Turca (Turkish Chanson)
La poetessa Cristina Annino è anche pittrice, e c’è un equivalente visivo alla poesia intitolata, “L’udito cronico,” come per tante altre delle poesie. Il quadro, “L’udito cronico” porta il sottotitolo, “l’universo è questa foglia che mi tocca la testa.” Completato nel 2006, dieci anni dopo la pubblicazione del volume, le dimensioni del quadro (vernice su compensato) sono 63 x 70 cm. Nell’angolo a destra in fondo del quadro si vede l’immagine d’una donna, che ne raffigura viso e tronco. Fatta eccezione per qualche macchiolina rossa, il corpo della donna è dipinto interamente in nero. La sua posa è stazionaria e immobile; sta ascoltando e sta fissando qualcosa in lontananza. Gli occhi sono dipinti come due punti neri; una delle palpebre rimane più in basso, come in preoccupata, in pena o pensierosa; lo descriverei come se fosse in risposta a qualcosa che ha percepito. La bocca è nera, formata come la lettera u capovolta. Il lato della testa toccato dalla foglia è interamente avvolto in essa. La foglia è attaccata al punto dove si trova l’orecchio e appare di essere attaccare per mezzo di un vuoto, o da un’aspirazione, e sembra spandersi esternamente da questo punto, dalla foglia, verso la testa, poi, giù, e su, verso il cervello. La foglia somiglia una benda nel senso ch’è bianca e attaccata ad un lato della testa. È attaccata come il ricevitore era attaccato una volta alla testa di un ascoltatore attento, con il suo capo curvato e l’apparecchiatura per l’ascolto formata come se fosse una parte della faccia. Questa foglia è un ricevitore alla fine di un lungo fiume; forse il tronco di un elefante; forse un braccio, e lei ascolta. Questo ricevitore è come una porzione di un paio degli auricolari, auricolari di qualità; perché non è l’ascolto disinvolto, il mondo non è la musica di sottofondo che si può accendere o spengere al suo comando.
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ESTRATTI
Cristina Annino
traduzione da Adria Bernardi
Cristina Annino Chronic Hearing: Selected Poems 1977–2012
Translated by Adria Bernardi
New York: Chelsea Editions 2014
Moriranno le passioni nostre
Moriranno le passioni, nostre
criniere, passando
per strada coi colli
pesanti di lana, agili
gambe in avanti, dietro, di
lato. Le
guarderemo stupefacenti — almeno
come la vedo io — in questa
serata che sembra
mammina d’Europa. Tristi
e tonali, accese. Mai
vissuto un
tempo più madre di questo
ricordo di loro, care, nate
eterne, scolo del
mondo magari ma forse
vere, il
meglio di noi chissà, gregarie
comunque nella volata.
Our Passions Are Going to Die
Our passions will die, our
manes, travelling
through the streets, necks
thick with wool, nimble
front ahead, behind,
sideways. We’ll
look at them stupefied—at least
that’s how I see it—on this
evening that feels like
little mamma of Europe. Sad
and tonal. Lit. Never
lived a
time more mother to this
memory of them, so dear, eternally
born, weep hole of the
world but maybe even
real, the
best of us who knows, gregarious
in any event in the flight.
1
Il Panda
Senza pace, con pena e senza girarmi
mai, pestando
mica pepe o caffè ma gardenie, io amo
la mamma e i topi; li metto insieme chissà
perché. O ancora perché voler bene a quel
modo spezzato così in due, collo in giù,
polvere senza cerniere, bottone, qualcosa.
Sempre
senza girarmi. I Perché chiarendo la vita ai
tramvai, alle piante. Lei, pura,
mi dà
questa riserva di bambù. Nient’altro.
Poi via. Io
su, ché l’ho addosso oramai e non posso
schivarla, pestarla nemmeno, mettendo con
cura ogni piede tra l’erba.
1
The Panda
Without let up, with pain and without ever turning
around, tromping
no pepper or coffee but gardenias, I love
Mom and mice; who knows why I put them
together. Or again why love breaking into two
that way, neck hanging down,
dust without clasp, button, something.
Always
without turning around. The Whys becoming clear to the
trams, to the plants. She, innocent,
gives me
this sanctuary of bamboo. Nothing else.
Then gone. Here
I go, it’s all on me now and I can’t
escape it, tromp on it either, placing each
foot with great deliberation in the grass.
Una gran cosa
Ora dico quella Cosa faceva spettacolo. Era
una mosca bendata piena di
di fuoco elastico. Strizzava eppure lo
stomaco dalla paura che finisse
pestata, tant’era
magra. Con lei beata ho tenuto duro
il pacchetto — vita lavoro età — un gioco
insomma
con le mani per aria al buio, per
quello scopo.
Ripeto, un piccolo pezzo
di Cosa umana. La saluto
d’accapo! Aveva negli occhi
qualcosa fuori
dalla speranza e la lingua un
andare sacro. Mi sarei meritato il
miracolo, penso, d’averla insieme, o
portarmi dietro quel filo d’Arianna.
Lei taceva
per l’ampiezza d’un toro. Era zitta e
respirando nel coro di tutte le voci in
terra. Per questo, avrei
potuto ascoltarla, perché corale, e d’un
tale silenzio fonico che ci vedevo il
nulla decrepito o le amare
piante carnivore. Anche
solo camminare insieme faceva strepito.
A Big Thing
I’m saying now that Thing turned into a spectacle. It was
a blindfolded fly full of
elastic fire. The gut though was spinning
with fear she’d end up
smashed, because she was
skinny. With blessed her I gripped the stack
tight—life work age—a game
in other words
with hands in the air in the dark, for
that objective.
I repeat, a small piece
of human Thing. I greet her
da capo! She had something outside
hope in her eyes
and the tongue a
sacred going. I’d have deserved the
miracle, I think, having it together, or
taking me behind that thread of Ariadne.
Because of the size of a bull
she was silent.
She was quiet and breathing in
the chorus of all the voices on
earth. Because of this, I would have been
able to listen to her, because choral, and of such
a phonic silence that I saw the
decrepit nothing or the bitter
carnivorous plants there. Even just walking
together made a din.
Cristina Annino Chronic Hearing: Selected Poems 1977–2012 Translated by Adria Bernardi (New York: Chelsea Editions, 2014). [www.chelseaeditionsbooks.org]
Tutti i dIritti riservati
“Moriranno le passioni nostre.” Da Magnificat: Poesia 1969–2009. Novi Ligure, Alessandria: Puntoacapo Editrice; 2009.
“Il Panda,” da Ottetto per madre.” Da Casa d’Aquila. Bari, Levante Editori, 2008.
“Una gran cosa.” Da Chanson Turca. Faloppio, Como; Lietocolle; 2012.
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Cristina Annino Chronic Hearing: Selected Poems 1977–2012 Translated by Adria Bernardi (New York: Chelsea Editions, 2014).
www.chelseaeditionsbooks.org
Tutti i diritti riservati
Magnificat: Poesia 1969–2009. (Novi Ligure, Alessandria: Puntoacapo Editrice, 2009).Chanson Turca. (Faloppio, Como: Lietocolle, 2012).
“Ed ho un bell’udito cronico per la vita,” L’udito cronico. (Torino: Giulio Einaudi Editore, 1984).
“Oltre Mosè,” Chanson Turca, (Faloppio, Como: Lietocolle, 2012).
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Cristina Annino [anninocristina.it] è autrice di dodicidi volumi di poesia e un romanzo, scritti durante un period di quarant’anni, comminciando nel 1969 con la pubblicazione di Non me lo dire, non posso crederci. La raccolta di poesa, Madrid, è stato assegnata il 1988 Premio di Poesia Pozzale Luigi Russo; il volume, Magnificat: Poesia 1969–2009, ha vinto il Premio Lorenzo Montano nel 2010. Chanson Turca, il volume più recente, è pubblicato nel 2012. Una pittrice e anche poetessa, viva ora a Milano dopo aver vissuta a Roma per molti anni.
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Adria Bernardi. Nel 2007, [adriabernardi.com] le è stato assegnato il premio Raiziss/de Palchi Translation Award. Le sue traduzioni includono Chernobylove–Il giorno dopo il vento, poesia di Francesca Pellegrino; Siren’s Song, prosa e poesia di Rinaldo Caddeo; Small Talk, la traduzione di poesie di Raffaello Baldini scritte in dialetto romagnolo; Adventures in Africa, romanzo-reportage di Gianni Celati; ed Abandoned Places, poesia dello sceneggiatore Tonino Guerra. È autrice di due romanzi e di una raccolta di racconti; una raccolta dei saggi personali, Dead Meander, è stata pubblicata recentamente.