Queste Poesie scelte di William Cliff, pseudonimo del poeta belgafrancofono André Imberechts, antologia curata da Fabrizio Bajec, è presentata con traduzione italiana a fronte per la collana Percorsi della poesia contemporanea ( Fermenti edizioni, con il contributo della Fondazione Piazzolla) .
Fabrizio Bajec, che è anche prefatore dell’opera, ci illumina sul lavoro di Cliff, nato nel 1940, ben noto in area francofona. Cliff ha iniziato il suo percorso con l’avallo di Queneau che ne individuò immediatamente le qualità, riconosciute anche dal poeta catalano Gabriel Ferrater di cui Cliff divenne amico e a cui dedicò una poesia ,Tramonto eccessivo, in occasione della morte. Linguaggio crudo, immagini ardite, metrica disinvolta, rime occasionali.
Nulla che apparentemente risulti luttuoso o funerario, o, peggio, sentimentale, ma, è la “giornata che muore” e i singhiozzi sono da “menopausa”. Appena un accenno alla morte dell’amico, e ai suoi “rigurgiti agonizzanti” mentre “lo sperma si asciuga fra le tue chiappe”.
Gli armonici più evidenti di Cliff sono i medievali, Baudelaire, gli americani della beat generation, come ci informa sempre puntualmente Bajec in prefazione, ma anche Cendrars il viaggiatore, e poi il cattolico Péguy. E molti, molti altri. Orecchiati o studiati, partecipi di quell’atmosfera di maledettismo che pervade e serpeggia in tutte le letterature.
DaHomo sum a Ecrasez-le, da America a Immense Existence, tutti editi da Gallimard, con gli altri, Marcher au charbon, En orient e FêteNationale, notiamo quello che è comune in tutte le opere di Cliff e cioè quel “bruissement de la langue”di cui parla Barthes un fruscio continuo e coerente cioè che si oppone al”bruit de la langue” quel rumore invece che è il risultato di una serie di colpi sgangherati di un motore che sta per arrestarsi, che dunque è guasto.
Il motore di Cliff funziona bene ed è ben oliato. Niente balbettii o vaneggiamenti pur nella sofferenza che traspare ovunque, mediata dalla consapevolezza e dalla coscienza tormentata. Cattolico, il poeta omosessuale non è pudìco. I suoi coming out sono frequenti ma sono giustificati dalla poesia.
Il Medioevo francese è presente ad esempio nella Ballata degli omosessuali p.19, che richiama chiaramente la Ballata degli Impiccati di Villon. In Cliff la iterazione del verso “voi marcirete in terra come noi”, un tragico refrain che ripete, anche sonoramente, l’immagine dell’ondeggiare al vento drammatico della morte di corpi ormai defunti. In Cliff gli omosessuali sono morti che camminano, avanzano” nella notte nera” quasi i ciechi di Brueghel, li immaginiamo in fila indiana, tenendosi per mano in un disperato sostenersi a vicenda. Gli omosessuali di Cliff non sono orgogliosi e contenti come quasi tutti quelli dei nostri giorni: soffrono per la loro condizione., fanno fatica a vivere, partecipano di un mondo di bruttezza. L’ innegabile involontarietà dell’agire malgré-lui fa di Cliff un moralista.
C’è Baudelaire, naturalmente, con il suo passeggiare nel corpo e nel sangue delle vecchie capitali, nello strazio della biografia, nel maledettismo del raccontare e del ricordare. Baudelaire citato”….nella luce atroce/di un giorno morente in cui Baudelaire ridacchia e si addor-/menta.)” p. 51 ma Baudelaire è presente nella descrizione dei viaggi in mare dove i pellicani appaiono come nella metafora baudelairiana dell’albatros. E ancora Baudelaire(”O Mort Vieux capitaine”), nei versi dedicati alla morte In Festa Nazionale (1992) p.135-139, Cliff : ”Oh morte oh morte ineluttabile”,”ogni giorno la morte ci insegue”.
Un’altra ballata chiude il volume antologico : si tratta questa volta di una ballata dedicata alle donne bellissime dello schermo. E’ strano questo tardivo omaggio alla bellezza femminile di un omosessuale: rimpianto per la donna che non si è saputo amare oppure, più probabilmente, ammirazione per la bellezza, dopo tanta sporcizia subìta e cercata, dopo tanti luoghi della realtà attraversata nella sua dolorosa bruttezza, questa Ballata delle donne del tempo presenteappare tuttavia come un rimpianto per una bellezza artificiale, quindi ancora più dolorosa in quanto irraggiungibile, quale quella della finzione cinematografica.
Infatti spesso chi non ama le donne, preferisce quelle irraggiungibili, create dall’arte, quelle che compaiono sullo schermo: solo in quel caso le donne sono per loro perfette, senza difetti, lontane quanto basta, coinvolgenti ma non impegnative, donne che non ci chiedono nulla e che non obbligano a nessuna reciprocità imbarazzante.
Le donne preferite da Cliff sono qui dunque attrici e ricordate in quanto attrici, non certo come possibili amanti, ma donne intoccabili che mantengono la loro algida distanza, anche nei momenti più passionali. Queste belle attrici si presentano danzando all’immaginazione erotica di Cliff.
C’è Vanessa Paradis, c’è Fanny Ardant (nella foto), c’è Gina Lollobrigida i cui seni sono entrati nel lessico gergale francese, e poi l’indimenticabile Marilyn Monroe, e Jean Seberg e Dalida “magiche donne dee del tempo”. Sembra ringraziarle, Cliff : “l’oro/dei sogni che ci donaste fuma/ ancora in noi come un tesoro/.
Questa poesia fa parte del volume Immensa Esistenza (2007) un titolo che contiene un’assonanza, quasi una rima perfetta, il che è raro in poesia, nel titolo. Ambiguità e gioco di parole anche in Marcher au charbon (andare a carbone) una raccoltache in francese ricorda Marché au charbon (Mercato del carbone) che è la strada di Bruxelles in cui nacque Cliff: la pronuncia è simile, come la scrittura.
Cliff ama quindi giocare con le parole e adopera la versificazione con disinvoltura, spezzando l’ultima parola del verso, a volte, e facendola continuare nel verso successivo seguendo la divisione in sillabe, in una sorta di enjambemen tnon del significato ma del significante.
Non disdegna le forme chiuse, i versi alessandrini, o il dizain, ma si ha l’impressione che il tutto sia non espressamente voluto.
Il che dà alla poesia di Cliff una casualità, un’istintiva razionalità, se si può fare quest’ossimoro, che le offrono l’improvvisa, anche se non improvvisata, aderenza con la sua realtà di vita.
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UNA POESIA DAL LIBRO
Porto Rico
la vétusté les rend amers
que faire pour guérir ce mal
qu’ils aillent voir bouger la mer
dans le ciel briller les étoiles
c’est dur de sentir la vieillesse
se répandre dans notre corps
atténuer toute allégresse
et compromettre nos trésors
j’ai vu des gens d’âge avancé
qui n’avaient pas cette amertume
et qui malgré tout leur péché
riaient en regardant l’écume
de la mer rouler sur la plage
et des enfants fins et subtils
fendre la vague qui s’écrase
en mettant leur peau en péril
à moins qu’ils n’aillent dans la nuit
regarder rouler les planètes
et ainsi diluer l’ennui
qui pourrait attaquer leur tête
Porto Rico
la vetustà li rende amari
che fare per guarirli dal male
che vedano il rullìo del mare
del cielo il luccichio stellare
è dura sentire la vecchiaia
diffondersi in tutto il corpo
attenuare ogni piccola gioia
e investire il nostro tesoro
ho visto gente in età avanzata
che non aveva quest’amarezza
e che malgrado il suo peccato
rideva tra la schiuma e la brezza
del mare mobile sulla spiaggia
e dei bambini magri e sottili
che fendevano l’onda infranta
e rischiavano la loro pelle
a meno che a notte fonda
non vadano a guardare gli astri
girare e diluire la noia
che minaccia le loro teste
William Cliff, “Poesie scelte”, traduzione di Fabrizio Bajec, Fermenti editrice/Fondazione Marino Piazzolla, collana « Percorsi della poesia contemporanea », 2015.
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William Cliff (Gembloux, 1940), poeta e prosatore belga di espressione francese. Oltre ai libri di viaggio, di memorie, e ad alcuni testi teatrali, ha al suo attivo una quindicina di raccolte poetiche, tra cui Homo sum (1973), America (1983), En Orient (1986), Journal d’un innocent (1996), Le Pain quotidien (2006), e Amour perdu (2015). Gli è stato attribuito quest’anno il prestigioso Prix Goncourt pour la poésie, per l’insieme delle sue opere.